La Nuova Sardegna

Oristano

Lavori a Capu d’Aspu, gli indagati sono sei

di Enrico Carta
Lavori a Capu d’Aspu, gli indagati sono sei

Bosa, secondo la procura le altezze batimetriche certificate sarebbero fasulle L’inchiesta coinvolge anche la commissione di collaudo e un tecnico comunale

19 novembre 2013
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BOSA. Sei indagati e un fiume di intercettazioni. Non si sa dove porteranno, perché sono state depositate nei giorni scorsi dopo alcuni mesi di inchiesta. Ma non è assolutamente detto che da queste dipenda il destino dell’indagine sui lavori alla foce del Temo che a fine estate finirono nel mirino della procura della Repubblica. È proprio negli uffici del palazzo di giustizia che nelle ultime settimane sono stati compiuti gli atti più importanti del procedimento. Oltre al deposito delle intercettazioni, il pubblico ministero Armando Mammone ha infatti rinunciato all’incidente probatorio.

Ma questi sono solo gli ultimi passi, in realtà la questione è molto più complessa e inizia coi lavori a Capu d’Aspu, dove dev’essere modificato il fondale e dev’essere abbattuta la secca. Fa tutto parte del grande progetto che dovrebbe mettere in sicurezza non solo il tratto alla foce del Temo, ma un po’ tutto il fiume la cui acqua ha difficoltà a defluire in mare proprio per la conformazione di quel tratto di fondale. Viene costruito anche un molo frangiflutti di 550 metri, ma ciò su cui la procura punta i riflettori sono i fondali. I sommozzatori della Marina fanno un’ispezione e rilevano delle differenze rispetto a quanto certificato dalla commissione di collaudo.

È in questo momento che scattano i sigilli all’intera area. La procura teme che vengano modificate le opere e che quindi l’inchiesta vada compromessa. Contemporaneamente scattano anche gli avvisi di garanzia che coinvolgono l’amministratore della Sigma, l’impresa che stava svolgendo i lavori, e il direttore degli stessi lavori. Sono Salvatore Bisanti, 65 anni di Napoli (difeso dall’avvocato Speranza Benenati), e Paolo Gaviano, 61 anni di Cagliari (difeso dagli avvocati Walter e Franco Pani). Non sono i soli perché l’inchiesta inevitabilmente coinvolge anche il Comune e infatti il terzo nome a finire sul registro degli indagati è quello del geometra Luciano Baldino, 65 anni (difeso dall’avvocato Guido Manca Bitti), in qualità di responsabile del procedimento pubblico.

L’inchiesta non salva i tre tecnici che erano stati chiamati a far parte della commissione di collaudo. Sono gli ingegneri oristanesi Antonello Garau e Piero Dau, entrambi di 51 anni, e il sedilese Antonio Manca, 60 anni – sono tutti difesi dagli avvocati Gianfranco Siuni e Roberto Dau –. Per la procura l’intreccio sarebbe stato costruito nel momento in cui fu certificata la conformità dei lavori al progetto. La commissione di collaudo disse che la profondità dei fondali di Capu d’Aspu era stata portata a quattro metri, secondo quanto previsto. Arrivarono però delle lamentele da pescatori e diportisti che segnalarono alla Capitaneria delle anomalie. È in quel momento che l’inchiesta parte: l’ipotesi di reato è quella di falso, proprio perché le certificazioni non corrisponderebbero a quanto poi rilevato dalla Capitaneria. C’è però una domanda che da subito aleggia attorno all’inchiesta: le difformità batimetriche sono causate da un lavoro eseguito male o parzialmente oppure, trattandosi di un fondale marino soggetto a continui mutamenti, sono frutto di cambiamenti naturali? È la risposta che l’inchiesta dovrà dare e non è detto che bastino tutte le carte raccolte sinora per avere certezze.

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