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Oristano, l’ex cavaliere della Sartiglia ora punta all’Everest

Oristano, l’ex cavaliere della Sartiglia ora punta all’Everest

Max Caria, diventato scalatore, cerca finanziatori per l’impresa

07 gennaio 2014
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ORISTANO. «Provo le stesse cose della mattina che mi sono svegliato e sono andato alla vestizione per diventare Su Componidori. L’angoscia e la paura di cadere da cavallo, gli occhi della città puntati su di me, le aspettative di una buona Sartiglia. È come se fosse il destino ad avermi chiamato, ognuno di noi è chiamato a fare determinate cose».

È alla ricerca di sponsor, Massimiliano Caria, il sartigliante che da qualche anno è passato dal cavallo ai picchetti e si appresta a scalare le vette più alte del mondo. Dopo il Monte Bianco (personale sogno nel cassetto), il Cervino, i 5200 in Kenia, i 6mila metri sudamericani e l’ultimo a luglio dell’anno scorso, il Piklenin alto ben 7184 metri, ad agosto prossimo partirà per gli oltre 8 mila metri del Cho Oyu, e dopo affronterà la regina della montagne, L’Everest. Per la spedizione in due tappe servono circa 50 mila euro. «L’idea di scalare il monte Everest nasce dalla passione per l’alpinismo e la montagna in generale, che ho sempre avuto e che mi ha trasmesso mio padre sin da piccolo, con il quale ho fatto la mia prima attraversata della Sardegna – racconta Max Caria –. Per arrivarci era necessario prima affrontare altre scalate, che hanno rappresentato degli step necessari».

La preparazione è molto dura, sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista mentale. «Ma sono sacrifici che affronto volentieri perché sto facendo qualcosa che mi piace – afferma l’atleta –. Fino a oggi ho fatto da me, essendo da sempre un atleta a livello agonistico ho le conoscenze di base. Per la missione sull’Everest però sarò seguito dall’Istituto di Fisiologia dell’Università di Cagliari e da un loro nutrizionista, nonché a Oristano dal personal trainer Aldo Montisci».

Il corpo, tuttavia, fa solo il 50 per cento di quello che serve per affrontare un impegno del genere, bisogna essere sempre presenti a se stessi. «Durante la scalata, quando arrivi in vetta, persino nei passaggi da un campo all’altro, la tentazione di mollare è sempre dietro l’angolo. Anche prima di partire, in realtà, fino a che non si chiude il portellone dell’aereo pensi sempre che potresti tornare indietro. Io poi ho una moglie e un figlio piccolo, lasciarli è a tratti straziante» racconta Max Caria. Che trova la forza in un pensiero più grande. «È un’impresa che non è solo tua personale, ma può dare lustro a tutta l’Isola – continua –. Non voglio fare un paragone blasfemo, ma anche Campanelli con la sua trasvolata ha fatto la storia della Sardegna. Persone come noi si accollano un onere enorme, che va al di là delle vite personali e che in parte viene ripagato dagli onori che ne seguono».

La felicità è una scelta che richiede sacrificio, ha scritto nel suo sito internet. «Un atleta che vince da all’esterno un’immagine patinata quasi, tutta rose e fiori. Ma non è solo così, la sua vita è scritta dai sacrifici. E lo sport ha intrinseco un fatto di aggregazione pazzesco, può far sentire vicino un intero popolo. Per questo, spero che gli oristanesi mi sostengano».

Per dar forza alla campagna di Progetto Everest, ora Max Caria fonderà un’associazione sportiva. In programma ci sono tante iniziative, comprese le scalate delle vette sarde, che serviranno per raccogliere fondi. «So che è un momento da dopoguerra e per ora ho raccolto solo un po’ di denaro da parte dei privati, ma spero che anche le istituzioni vogliano raccogliere il mio appello, che non è personalistico ma riguarda un’impresa che potrebbe fare la storia di Oristano».

Caterina Cossu

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