La Nuova Sardegna

Oristano

Operaio dissanguato, due anni e mezzo al datore di lavoro

di Enrico Carta

Cabras, la sentenza: morì mentre riparava una motopompa Una sbarra in ferro si azionò e gli recise la carotide

17 giugno 2015
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CABRAS. La morte arrivò in un pomeriggio di maggio del 2011. Ma non fu una disgrazia, perché la tragedia ha anche un altro nome: omicidio colposo. Per questo è stato condannato a due anni e mezzo l’imprenditore agricolo Costantino Cubadda, proprietario del terreno a ridosso della spiaggia di Mari Ermi in cui stava lavorando l’operaio oristanese Ettore Loi. A 41 anni la sua vita fu spezzata da una sbarra di metallo di una vecchia motopompa che gli recise la carotide provocandogli, in pochi minuti, il dissanguamento. Stava infatti cercando di far ripartire lo strumento, quando la sbarra di ferro si azionò andando a colpirlo proprio al collo.

Fu la fine, arrivata nel giro di pochi minuti. L’ambulanza fu del tutto inutile e agli ispettori della Asl toccò esclusivamente dare avvio agli accertamenti che hanno poi portato sul banco degli imputati Costantino Cubadda. L’ultima coda del processo è stata la deposizione del medico legale Franco Deidda, seguita dalla produzione di buste paga effettuata dall’avvocato di parte civile Cristina Puddu, poi il pubblico ministero Armando Mammone ha dato vita alla sua requisitoria nella quale ha duramente criticato il comportamento processuale di Costantino Cubadda. La scelta del dibattimento sarebbe stata dettata solamente dal ritardare il più possibile il pagamento del risarcimento danni alla vedova e alle due figlie di Ettore Loi. E sulla tragica morte dell’operaio ha detto: «Questa non è riconducibile a una disgrazia o alla cattiva sorte, questa è una disgrazia cercata», perché Ettore Loi stava svolgendo un tipo di lavoro che avrebbe meritato maggiori condizioni di sicurezza. È per questo che ha sollecitato una pena di tre anni, ritenendo di non dover concedere le attenuanti. Dose rincarata dall’avvocato di parte civile Cristina Puddu che ha rimarcato come in tutti questi anni da parte di Costantino Cubadda non sia arrivato un solo gesto di vicinanza verso la moglie e le figlie della vittima.

L’avvocato difensore Carlo Pau ha però messo di fronte al giudice un’altra versione dei fatti. Sulla dinamica dell’incidente non c’era alcuna certezza. Tutto era figlio delle parole dello stesso Costantino Cubadda e del suo racconto fatto però in condizioni psicologiche ovviamente precarie visto quello che era appena accaduto.

Il giudice monocratico Francesco Mameli non ha però accolto le tesi difensive e la condanna è stata di due anni e mezzo. E il risarcimento? È arrivato anche quello e ben più alto della provvisionale da 50mila euro richiesta dalla parte civile. Per il giudice non c’è bisogno di un’ulteriore causa: quella morte dev’essere risarcita con 250mila euro per ciascuno, ovvero 750mila euro totali. La sentenza di primo grado va in archivio, ma l’appello è scontato.

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