La Nuova Sardegna

Oristano

La reggia giudicale resta lontana

di Enrico Carta
La reggia giudicale resta lontana

Ancora remota la possibilità di acquisizione al patrimonio comunale del palazzo che fu degli Arborea

19 maggio 2018
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ORISTANO. La reggia dimezzata? Il vecchio palazzo di piazza Manno, residenza storica dei giudici di Arborea, sembra prendere altre strade rispetto a quelle sperate da buona parte dell’opinione pubblica e delle forze politiche. Di sicuro, per il momento non prende la strada desiderata dalla città. Potrebbe invece trasformarsi in una sorta di condominio dove coabitano il Demanio statale con i suoi uffici e il Comune che da anni sta provando a recuperarla e inserirla nel proprio patrimonio architettonico. La divisione in due – in che modo non è ancora chiaro, ma nemmeno è stato chiarito se sarà questa la fine prossima del palazzo – non è certo ciò che in tanti sognano.

Ad ogni modo, due giorni fa, in quell’edificio che fu poi trasformato nel carcere funzionante sino a pochi anni fa e che Oristano ha ospitato per tre secoli, c’è stato un sopralluogo al quale hanno partecipato anche gli assessori comunali alla Cultura e all’Urbanistica, Massimiliano Sanna e Federica Pinna. Assieme a loro c’erano alcuni responsabili del Demanio, attuale proprietario della struttura che ancora non ha deciso che farne. Dalla passeggiata tra le stanze della vecchia reggia sembra che non siano arrivate notizie del tutto positive per il Comune al quale è stato proposto un accordo al ribasso rispetto alle pretese dell’ultimo decennio e rispetto al lavoro politico portato avanti.

Nel conto vanno messe le mediazioni intraprese dalla precedente giunta comunale, quelle dell’attuale e quelle dell’ex parlamentare Caterina Pes. E non va certo messa in secondo piano la mozione presentata dall’ex consigliere comunale, Marco Piras, con la quale nel 2016 si chiedeva l’impegno dell’amministrazione affinché la reggia giudicale tornasse in possesso dell’amministrazione. Il Consiglio votò compatto a favore e a dire sì furono anche l’attuale sindaco Andrea Lutzu e l’attuale assessore Massimiliano Sanna, il quale comunque ribadisce: «Nulla è ancora deciso, il Demanio deve ancora valutare se ci siano le condizioni per un trasferimento di uffici pubblici».

Che non sarebbe stato semplice riprendersi per intero la residenza degli Arborea era a tutti chiaro, visto che lo stesso Demanio ha su di essa ben altre mire e ipotizza un futuro fatto di uffici in cui sistemare dipendenti, scrivanie e computer. Il Comune, proprio votando la mozione e avviando numerose interlocuzioni con i vertici nazionali del Demanio, aveva altre idee: storia, cultura, identità, turismo. Per questo aveva manifestato l’intenzione di acquisire il bene affinché entrasse a far parte del proprio patrimonio architettonico di alto valore culturale. Del resto quello era il palazzo dei signori di Oristano, il luogo in cui si consolidò quel potere “principesco” medievale sotto il cui vessillo la Sardegna arrivò a un passo dall’unificazione e dall’indipendenza.

Prima che diventasse carcere sotto i Savoia, fu la residenza del marchese d’Oristano, interfaccia del potere della monarchia spagnola che aveva esteso il suo dominio sull’isola. Poi arrivarono le sbarre e i detenuti sino all’addio di qualche anno fa con il trasferimento dei carcerati verso Massama. È stato in quel momento che Oristano ha pensato che ci fosse spazio per riprendersi il suo palazzo, ritenendo che da esso si dovesse partire per ricostruire il passato medievale. È pur vero che di originale al suo interno, dopo le trasformazioni, è rimasto poco, ma almeno il valore simbolico non è mai stato messo in discussione.

Anzi, proprio negli ultimi anni, è nata anche l’associazione “Oristano nascosta” che, dopo la riscoperta delle gallerie sotterranee che percorrono alcune direttrici e che probabilmente partono proprio dalla residenza degli Arborea, aveva iniziato la sua opera di pressione nei confronti del Comune affinché l’impegno a far venire alla luce la città di seicento anni fa, non fosse solo uno slogan. Ora però la prospettiva di un accordo monco, l’incertezza che ancora regna, la questione economica sempre sul tavolo e la paura di avere una reggia dimezzata cambiano l’orizzonte.

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