La Nuova Sardegna

Oristano

Vaccini a Oristano: «Non avevo liste, chiamai un parente»

di Enrico Carta
Vaccini a Oristano: «Non avevo liste, chiamai un parente»

Parla uno degli indagati nell'inchiesta "Saltalafila": «Avanzavano dosi alla fine delle somministrazioni. Non c’erano direttive né elenchi di riserva»

17 aprile 2021
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ORISTANO. «È vero, ho vaccinato un parente stretto. All’inizio della campagna di somministrazione non avevamo neanche le liste delle persone che dovevamo vaccinare, era rimasta qualche fiala in eccesso e allora ho chiamato chi sapevo che in un attimo sarebbe arrivato al Poliambulatorio. Tra l’altro, pur essendo un parente, era una persona che rientrava nelle categorie prioritarie a cui si poteva somministrare la dose». Parla uno degli indagati nell’inchiesta “Saltalafila”. È un medico, ma sceglie l’anonimato perché ancora è presto per comparire con nome e cognome pubblicamente: «È normale, non ho ancora potuto spiegare a chi indaga la mia posizione. Volete sapere cosa facevo tutto il giorno? L’iniezione e depennare dalle liste sia le persone vaccinate che quelle che non si presentavano. Mi sembra assurda questa situazione, anche perché tra le categorie considerate a rischio ci sono anche i familiari conviventi di chi svolge la professione sanitaria. Siamo stati per un anno i più esposti, abbiamo lavorato senza sosta e nei primi mesi anche senza misure di protezione adeguate e ora ci ritroviamo in mezzo a un’indagine. Non riesco proprio a capire cosa mai possa aver fatto».

Lo sfogo arriva nei giorni successivi alla consegna degli avvisi di garanzia a quindici dei sedici indagati per abuso d’ufficio e peculato, accusati di aver agevolato parenti e amici somministrando loro dosi che invece sarebbero spettate ad altre persone. Il medico ripercorre quei giorni, i primissimi delle vaccinazioni, prima ancora che il caso scoppiasse nel momento in cui saltarono fuori gli infiltrati negli elenchi delle farmacie: «Il primo giorno abbiamo vaccinato i medici del poliambulatorio di via Pira, il secondo è toccato a quelli degli altri poliambulatori dell’Assl, il terzo giorno i medici in pensione su richiesta dell’Ordine dei medici che il quarto giorno ci ha mandato gli elenchi di altre categorie legate alle professioni sanitarie, tra cui il personale degli stessi studi medici. In quella fase non c’erano liste da seguire e direttive particolari. Se qualcuno non si presentava, non avevamo un elenco di riserva da cui attingere».

Poi sono arrivati i giorni degli ultraottantenni e la situazione, secondo il racconto, si è ulteriormente ingarbugliata. «Quando il Comune ci ha mandato gli elenchi dei primi 180, molte persone non si sono presentate. Ho provato a contattarne tantissime al telefono e c’era chi non rispondeva, chi non era raggiungibile, chi ci diceva che in quel momento non poteva arrivare e che magari sarebbe venuto l’indomani. A quel punto, a fine serata, ho chiamato il parente».

Gli orari, rispetto a quanto sostenuto dal procuratore Ezio Domenico Basso e dal sostituto Andrea Chelo che coordina l’indagine dei Nas guidati dalla maggiore Nadia Gioviale, non corrispondono. «Non possiamo accedere al poliambulatorio all’ora che ci pare – prosegue –. Non è casa nostra e l’ingresso è alle 8 e prima non siamo lì. Quasi mai tra l’altro si inizia subito a vaccinare. A volte arrivano le scorte in ritardo e comunque ci sono tempi di preparazione. È impossibile che al poliambulatorio qualcuno di quelli che chiamate infiltrati possa essere stato vaccinato prima dell’orario stabilito».

E poi è arrivato il turno delle vaccinazioni nei paesi o alle associazioni di volontariato. «Gli elenchi arrivavano dai sindaci o dai responsabili delle associazioni. Come potevamo sapere se ci fossero persone che non avevano diritto al vaccino? Erano in lista e noi andavamo avanti con l’iniezione e poi depennavamo. Tutto questo è assurdo dopo che per mesi siamo stati i più esposti al rischio», conclude.

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