Motociclista travolto e ucciso, clamorosa svolta nelle indagini: individuata l’auto pirata
Sospetti degli inquirenti su una Giulietta: avrebbe centrato la vittima e poi avrebbe proseguito la propria marcia
San Vero Milis La macchina che ha travolto e ucciso Piero Ghiaccio, il 54enne maresciallo della guardia di finanza in pensione ed ex vice sindaco di Scano Montiferro, non è più un’auto fantasma. Gli inquirenti, dopo aver incrociato le telecamere di videosorveglianza di numerosi paesi della zona, hanno individuato una Giulietta Alfa Romeo sospetta. Sarebbe il veicolo che la notte tra l’8 e il 9 giugno scorsi avrebbe centrato la vittima lungo la strada provinciale 10, quella che collega la marina di San Vero Milis con la statale 292, in un tratto la cui pericolosità viene accentuata dall’erba molto alta in entrambi i lati della carreggiata, che, soprattutto di notte, rende difficoltosa la lettura della segnaletica a quanti la percorrono nelle due direzioni. Piero Ghiaccio, vicesindaco di Scano di Montiferro, stava percorrendo a piedi il tratto di strada al bivio con la Statale 292, mentre spingeva la sua moto, una Harley Davidson, rimasta in panne a causa della mancanza di carburante. Secondo le ricostruzioni fatte sin qui, all’altezza della deviazione che conduce al crossodromo di Riola Sardo sarebbe stato sfiorato da una prima auto proveniente da Putzu Idu e subito dopo sarebbe stato colpito in pieno da un’altra, proveniente dalla stessa direzione, che lo aveva scaraventato nella cunetta. Proprio questa sarebbe la macchina che avrebbe proseguito la sua corsa senza fermarsi a prestargli soccorso. Un terzo veicolo, invece, sopraggiunto pochi istanti dopo i primi due mezzi, avrebbe investito la moto che nel frattempo era finita sull’asfalto rimasta sull’asfalto, passandogli sopra, per poi fermarsi pochi metri più avanti.
Da quel momento è iniziata una ricerca serrata dell’auto che aveva colpito Piero Ghiaccio. Nel frattempo erano stati fatti gli accertamenti sulle altre due macchine coinvolte ed era emerso che in entrambe non c’erano tracce biologiche che potessero ricondurre a un loro urto con il motociclista. Tutto quindi, comprese i resti della carrozzeria dell’auto persi nell’urto e le testimonianze dei due automobilisti comunque indagati perché si potessero effettuare le verifiche per stabilire la verità, portava in direzione di una macchina che non si fosse fermata per prestare soccorso. Il motivo di quel gesto resta misterioso e forse potrà dare spiegazioni chi era realmente alla guida della macchina quella notte. Ora, con questo importante elemento sul modello dell’auto, il lavoro degli inquirenti appare vicino al punto di svolta che porterà a dare un nome all’automobilista che rischia l’incriminazione per omicidio stradale e omissione di soccorso. Reato pesantissimo che può portare al carcere.