Moria di pesci nello stagno in ebollizione, è disastro ambientale
Canali ostruiti a S’Acqua urchi, è necessaria una bonifica della laguna
Cabras L’acqua è diventata calda come in una bacinella esposta al sole per giorni e giorni. Il risultato sono le decine di quintali di pesci morti. È il bilancio del disastro ambientale che ha coinvolto lo stagnetto di S’acqua urchi. Salvatore Pinna, titolare della cooperativa che lo gestisce da una quarantina di anni racconta la situazione: «Purtroppo il canale che collega lo stagno al canale scolmatore è ostruito e non garantisce l’afflusso corretto di acqua e ossigeno che dovrebbe dare ai pesci. Con i fondali bassi e le elevate temperature di questi giorni lo stagno si è trasformato così in una vasca di acqua bollente e questo ha causato la morte di numerose specie che avevamo lì da molti mesi, se non da anni: abbiamo perso orate, spigole, muggini e anguille. I pesci solitamente arrivano nello stagno da piccoli avannotti e poi li facciamo crescere anche per l’ittiturismo».
Quindi rivolge al Comune, proprietario dell’intera area in cui sorgono la laguna Acqua urchi e l’ittiturismo omonimo, un appello: «Ho visto i mezzi meccanici che stanno ripulendo i canali dello stagno di Cabras. In futuro si potrebbe prevedere di inserire anche un intervento di bonifica per il canale che collega lo scolmatore alla laguna Acqua Urchi, in modo da scongiurare il ripetersi di certe situazioni».
Il danno è enorme e Salvatore Pinna descrive la situazione: «La bonifica del canale di collegamento con lo scolmatore rappresenta senza dubbio la priorità maggiore, ma si potrebbe anche pensare a programmare un dragaggio di S’acqua urchi, in modo da aumentare la profondità del suo fondale, che oggi varia da un metro a venti centimetri. Questo scongiurerebbe il ripetersi delle morie e permetterebbe di consegnare alle future generazioni una struttura che può dare frutti e offrire lavoro». In passato la cooperativa si era fatta carico di piccoli interventi di bonifica, ma oggi i costi sono troppo elevati. A disastro ormai avvenuto, il secondo dopo quello più ridotto verificatosi nel 2024, chi lavora nel piccolo stagno si rimbocca le maniche: «Per adesso l’ittiturismo resterà chiuso – dice Salvatore Pinna –. L’urgenza primaria sarà lo smaltimento dei pesci morti, che dovrebbe esser fatto dalle istituzioni secondo le norme igieniche previste dalla legge». E col caldo che non accenna a diminuire la situazione è sempre più critica