La Nuova Sardegna

La protesta mette la Sardegna in ginocchio

Giovanni Bua

Annunciato lo stop totale sino a venerdì. Gravi contraccolpi anche per la pastorizia

12 dicembre 2007
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OLBIA. Blocco totale. Fino a venerdì. Con i porti di Olbia, Golfo Aranci, Porto Torres, Cagliari e Oristano presidiati da centinaia di camion e autotreni, le cementerie di Oristano, Sassari e Siniscola picchettate. E la protesta non cessa nemmeno la notte, le merci in entrata e in uscita dalla Sardegna sono letteralmente paralizzate. A farne le spese sono i prodotti deperibili, latte soprattutto, ma anche pomodori, agrumi e i richiestissimi agnelli natalizi, che non possono lasciare l'isola. E per il settore agropastorale, che già vive una gravissima crisi, il colpo potrebbe essere fatale.
 Scongiurata invece l'emergenza carburante, che viaggia in gran parte su un autoparco mezzi di grosse ditte di distribuzione che non sono interessate allo sciopero, e che dunque non dovrebbe mancare.
 Questo il bollettino della seconda giornata di sciopero nazionale degli autotrasportatori. Che in Sardegna ha avuto punte di adesione vicine al 100%. Con oltre quattrocento mezzi che da ieri mattina presto hanno iniziato a radunarsi nello svincolo di Muros, dove sono rimasti fino a sera, e altre centinaia in tutti i porti dell'isola. Con i tre scali dell'olbiese (Isola Bianca, Cocciani e Golfo Aranci) presidiati ventiquattro ore su ventiquattro e vero epicentro della protesta. Il passaggio è stato consentito solo a pochissimi mezzi con medicinali, bestiame vivo e rifiuti speciali.

 «La nostra è una categoria difficile - sottolinea Marco Mele, del direttivo nazionale della Fita Cna - e il fatto che l'unione tra tutti sia così forte è il chiaro segno che la situazione è ormai insostenibile. Ci rendiamo conto che i disagi che stiamo creando sono grandi. Ma sappiamo anche che il settore del trasporto merci è strategico per tutta l'economia, nazionale e isolana, e che la battaglia che portiamo avanti è, oltre a essere strategica, sacrosanta».
 Molti i problemi sul tavolo, sia nazionale che locale. Soprattutto in una regione dove 6400 imprese attive, con oltre 22 mila addetti, movimentano oltre il 90% delle merci. Alle richieste dell'abbattimento dei costi di impresa (a cominciare da quelli del gasolio), di regole più severe per chi voglia esercitare il mestiere e dell'introduzione di una tariffa minima, si aggiungono infatti tutta una serie di nodi squisitamente sardi.

 «In Sardegna - spiega Mele - abbiamo la velocità commerciale più bassa d'Italia, e di conseguenza il consumo di carburante superiore. Questo a causa di una rete stradale assolutamente inadeguata. Interessata da lavori di cui non si vede mai la fine. E che è necessariamente il punto di partenza di ogni possibile sviluppo. A questo si aggiunge la necessità di una vera continuità territoriale delle merci, sia a livello di costi che a livello di certezza dell'imbarco. E l'obbligo di costruire e attuare nel settore trasporto l'accordo Stato-Regione, per il quale la nostra Regione è, come spesso accade, ultima. La situazione è drammatica, tutto quello che chiediamo è contenuto nel protocollo di intesa che la categoria ha firmato a febbraio e che da allora è rimasto inattuato. Ora le promesse non bastano più. Non abbiamo intenzione di fermarci».
 Toni duri per una protesta che ha però fatto molta attenzione a mantenere un profilo «amichevole». Il traffico dei passeggeri e delle auto è stato ostacolato il meno possibile, e la minacciata «passeggiata» a passo d'uomo lungo la 131 è stata rinviata a data da destinarsi.

 «Manteniamo attivi solo i presidi nei porti e nei cementifici - spiega Antonio Mellino, presidente di Confartigianato trasporti Sardegna - ci rendiamo infatti conto che i disagi per tutti sono grandi. E non intendiamo crearne di non necessari. Detto questo siamo assolutamente convinti della bontà delle nostre ragioni. E siamo andati a Roma per trattare e chiudere questa vicenda. Ma come sempre il Governo guarda ai piccoli ma dà sempre ragione ai grandi. Il nostro è un comparto debole dal punto di vista contrattuale e soffre di una deregolamentazione in atto, con norme che non sono applicabili. E a causa di queste ultime assistiamo a una moria di imprese che non ha precedenti».
 «Molte imprese non chiudono perché altrimenti non saprebbero come fare fronte ai debiti - spiega Massimo Bonacossa, segretario provinciale della Cna Gallura - ma si limitano solo a soppravvivere. Noi non chiediamo la luna, ma solo legalità, trasparenza e sicurezza. Non dimentichiamoci infatti che l'abusivismo, e i prezzi stracciati che le aziende cercano di imporre agli autotrasportatori, hanno un costo. Che purtroppo spesso si paga con delle vite umane».
 «Questo Governo, alla faccia della sinistra radicale che dovrebbe tutelare i lavoratori più deboli, pensa invece solo ai grandi interessi - attacca il coordinatore regionale di Forza Italia Piergiorgio Massidda - la verità è che l'Italia e la Sardegna sono bloccate da Prodi e Soru, non certo dagli autotrasportatori».
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