La Nuova Sardegna

La campanella suona per la pattuglia dei sardi

Augusto Ditel
La campanella suona per la pattuglia dei sardi

Alla Camera tra matricole e habitué: abito scuro e la voglia di non essere peones

30 aprile 2008
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ROMA. Per chi suona la campanella? Anzi, a che ora suona questo diavolo di campanella? Alle otto e mezzo del mattino, se lo chiedono un po’ spauriti, con la lacrimuccia che scappa, i neofiti della Camera, i deputati col foglio rosa, quelli che un tempo si chiamavano i peones, tutti agghindati col grembiulino lucido lucido. In aula alle 10: l’ordine arriva via cellulare a Settimo Nizzi che, il grembiule gessato, se l’è fatto cucire addosso da un sarto di Cagliari, Mereu. Non farà tardi, l’ex sindaco di Olbia doppiamente raggiante per la sentenza del Consiglio di Stato che lo conferma alla guida del Cines.

Nizzi è in piazza Montecitorio da presto, ha dormito poco, non si è neanche lavato le mani: la sera prima, alla festa del Pdl, l’anfitrione silvio Berlusconi gliene ha stretto una, mormorandogli all’orecchio (destro): «Benvenuto». Alle nove, la pazienza di Settimeddu comincia a vacillare: lo si capisce da un’altra telefonata al gruppo di Forza Italia. «Varrucciu, Varrucciu Anna Maria, prenda nota», dice, dopo la presentazione un po’ impacciata («Mi scusi, sono... il dottor, anzi l’onorevole Nizzi, mi conferma il posto per mia moglie?».

Ok, confermato. La signora, biondissima come sempre, atterra all’ingresso della Camera con gli amici del cuore: Franco Casu e signora (Barbara). Nizzi con moglie. Siro Marrocu con moglie. E la signora dell’ex capogruppo diessino non dimostra alcun dispiacere per aver perduto la nomination a sindaco di Villacidro, il regno di Siro. «Emozionato io? No». Non gli credono. Uno si fa avanti: «Marrocu è un politico consumato». E lui, con l’occhio furbo: «Sono ancora da consumare: per me - pronostica - ancora dieci anni di politica».

Proposito bellicoso per uno dei pochi che qui può essere catalogato come soriano. Al solo sentire l’aggettivo, Paolo Fadda sembra impallidire. Toh, ecco il veterano. Mauro Pili si materializza alle nove e mezzo: inguainato in un completo nero antracite a tre bottoni, è senza moglie al seguito. Sente la dichiarazione di guerra di Marrocu: «Siro, così farai giusto in tempo a votare per Berlusconi Capo dello Stato». Touché. A proposito di soriani, ne arrivano due in coppia: Caterina Pes e Guido Melis. La Pes è di un’eleganza straordinaria: tailleur pantalone color ghiaccio, scollatura sobria massì anche un po’ intrigante, scarpe abbinate splendidamente. Fa freddo, la Pes è troppo leggerina.

Il professore invece si copre con un Husky color verdepisello che, al confronto, i leghisti di Oppiena - tutti stipati nella parte bassa della piazza, con sventolìo di bandiere da palio - impallidiscono. Caterina & Guido faranno coppia fissa per tutto il giorno. In aula, dove ognuno si sceglie i posti che vuole come nei voli low cost, si siederanno l’uno accanto all’altra per depositare nell’urna una scheda immacolata, come tutti quelli del Pd: Fini può attendere. «Emozionato io?», risponde Guido Melis. «Sono troppo vecchio per esserlo». Piccola bugia, ma gliela perdoniamo. «No - prosegue - l’unica cosa è che dovrò, o dovremo, cambiare postazione in aula: stare al confine con i leghisti, le loro cravatte verdi con pochette, le loro urla, i loro epìteti, la loro agitazione, non è esaltante».

«Mi sento addosso una grande responsabilità - confessa Caterina Pes, felice per aver già trovato casa dalle parti di fontana di Trevi («grazie a un’amica») - e il mio impegno sarà ancora maggiore, ora che il centrosinistra ha perso pure Roma». Già, Roma. Da un vicoletto sbuca Gianni Alemanno, con un paio di Hogan che gli fanno aumentare l’altezza di 6 centimetri (Silvio docet). E’ assediato da cento tv e cento taccuini, compresi quelli delle «Iene». Alemanno è qui per Fini, poi giovedì si dimetterà per indossare la fascia tricolore della Capitale. Uno di quelli che lo accoglie con un sorriso grande così è Bruno Murgia, deputato nuorese e camerata di Gianni. «E’ forte, sono troppo contento per lui e per noi». Poi, la butta sul faceto: «Ieri sera ho chiesto al Cavaliere di sostenermi per fare il governatore della Sardegna. E lui: mettiti in fila, siamo già a 14 candidati». Risatine.

E’ il turno di Carmelino Porcu, un altro dei veterani: cinque legislature. Porcu è supercoccolato soprattutto da quello che lui chiama «il mio maestro». Cioè Giorgio Oppi, in abito blunotte e finalmente la camicia un po’ abbottonata. Oppi rievoca «gli anni epici del consiglio regionale, i viaggi in Argentina e Brasile con “Carmelinho”, così lo presentavo a tutti, spacciandolo per un pittore famosissimo in Italia». E Porcu se la ride: «Eh sì, quello era un bel consiglio regionale». Eccolo, si è lui, lo si riconosce dal colore dei capelli (!) e dalla superscorta che lo protegge da un’armata di operatori tv e cronisti affamati: Silvio Berlusconi tace. Sorride, ma tace. Ha passato la notte a limare l’elenco dei ministri, a ottimizzare (leggi: tagliare) il numero di sottosegretari.

Sono le 10, la campanella sta suonando e il maestro (Castagnetti, presidente dell’assemblea) vuole spaccare il secondo. Paolo Fadda è uno scolaro diligente e varca la soglia di un palazzo che conosce già: si gira indietro, forse cerca Emanuele Sanna con il quale faceva coppia fissa, ma Sanna è a Samugheo. In Transatlantico, vediamo Federico Palomba. «Penso alla Sardegna, al 2009, all’allargamento della maggioranza». E, coerentemente, parlotta con Oppi, che fa di conto come pochi, e calcola i voti che ogni schieramento potrà ottenere alle regionali.

Amalia Schirru non sembra allegrissima: soffre per la sconfitta del Pd e promette, anche lei, un impegno supplementare. Piero Testoni nega di essere in corsa per un posto di sottosegretario e rilancia la vertenza del Nord-Ovest della Sardegna. In Transatlantico, Peppino Cossiga scruta ogni movimento e forse si sente addosso la nomination nel governo. Chiude la passerella Mauro Pili, ancora lui. Si sente anche lui un po’ sottosgretario (anche se nega di essere uno dei due papabili della Sardegna), elargisce sorrisi ma si vede lontano un miglio che non vede l’ora di essere l’anti-Soru, nel 2009. Sempreché glielo consenta Salvatore Cicu, uno che non lo ha mai amato. Anzi, i due quasi non si salutano.
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