La Nuova Sardegna

Assalto a mano armata alle Poste

Assalto a mano armata alle Poste

Sassari, due rapinatori fermati all’ultimo istante dai carabinieri. Sono stati bloccati mercoledì pomeriggio davanti a un ingresso secondario mentre stavano per infilarsi i passamontagna. In cella anche un terzo uomo accusato di favoreggiamento

19 giugno 2009
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SASSARI. Sparatoria evitata solo grazie all’esperienza e al sangue freddo dei carabinieri che li hanno bloccati senza esplodere un colpo. Erano in due su un motorino, armati, davanti alle Poste centrali di via Brigata Sassari. Per gli investigatori stavano per mettere a segno una rapina, ora sono in carcere insieme a una terza persona accusata di favoreggiamento. Oggi saranno interrogati in carcere e dovranno spiegare quali erano le loro intenzioni.

La storia del nuovo tentativo di rapina all’ufficio postale di via Brigata Sassari, comincia quasi per caso nel primo pomeriggio di mercoledì. Una pattuglia del nucleo operativo dei carabinieri è impegnata, da qualche ora, in un servizio antidroga. Tiene d’occhio una casa nel centro storico, in via Munizione Vecchia (dietro le Poste centrali), una sede strategica che - secondo i militari - poco più tardi verrà vista sotto una luce diversa, come possibile base operativa per una fuga, dopo il colpo, che doveva essere solo di pochi metri. Nella vecchia casa c’è Pier Paolo Morgan Marras, 31 anni di Sassari, qualche precedente per droga. A un certo punto arrivano due giovani in motorino, sono Gian Luca Fadda, 34 anni, e Mirko Ferru, 21, entrambi sassaresi. L’idea è che siano due acquirenti occasionali, invece escono con due passamontagna in mano, uno si infila la pistola nei pantaloni. I carabinieri in borghese che osservano i movimenti intuiscono che sta per accadere qualcosa di grave, li seguono. I due passano davanti alle poste centrali di via Brigata Sassari, si fermano e osservano. Fanno un altro giro, ancora una sosta in piazza Rosario (dove c’è uno degli ingressi per gli uffici postali). Uno (quello con la pistola) srotola il passamontagna, sta per infilarlo quando parte l’ordine di bloccarli.

Succede tutto rapidamente, questione di secondi: i militari del nucleo operativo agiscono pistole in pugno, sanno di avere di fronte un giovane sicuramente armato, forse inesperto ma - per questo - altrettanto pericoloso per il tipo di reazione che può avere. Non si spara, ma sono momenti interminabili, di altissima tensione. Gian Luca Fadda e Mirko Ferru vengono immobilizzati, fatti salire su un’auto e accompagnati nella caserma di via Rockefeller. L’operazione prosegue, si torna al punto di partenza, la casa di via Munizione Vecchia: l’irruzione è improvvisa, Pier Paolo Morgan Marras viene fermato, l’abitazione del centro storico perquisita da cima a fondo. Saltano fuori un paio di dosi di eroina, materiale per il confezionamento delle dosi, un bilancino. E un’altra pistola, simile a quella sequestrata ai due presunti rapinatori: sono armi modificate, ma lo può scoprire solo un esperto, a guardarle così infatti sembrano armi vere. Sparano e producono una bella fiammata, bastano per generare paura. E dovevano servire - secondo gli inquirenti - «a dei balordi per tentare il grande colpo». L’operazione si conclude dopo ore, quando vengono completate le perquisizioni e le verifiche disposte dal sostituto procuratore di turno Paolo Piras. Si ragiona su quel che poteva accadere, sull’esistenza di un possibile piano, sulla eventuale distinzione dei ruoli dei tre fermati. Ai due sulla moto, Gian Luca Fadda e Mirko Ferru, viene contestata la tentata rapina, a Pier Paolo Morgan Marras il favoreggiamento, oltre alla detenzione di droga. Finiscono in carcere e sono difesi dagli avvocati Ettore Licheri, Paolo Spano e Gabriela Pinna Nossai, oggi alle 10 saranno interrogati dal gip Massimo Zaniboni.

Dal comando provinciale dei carabinieri non trapela niente. Silenzio sull’intera vicenda su disposizione della Procura che ha chiesto il massimo riserbo per non pregiudicare i risultati di una serie di attività disposte a completamento dell’operazione. Già questa mattina, dopo gli interrogatori di garanzia, si dovrebbe avere qualche elemento in più.

Gli investigatori, però, sembrano convinti che l’obiettivo dei presunti rapinatori fossero prole Poste centrali. In quella zona, infatti, ci sono diverse attività commerciali ma a quell’ora - poco prima delle 15 - erano tutte chiuse. Cosa ci facevano dunque i due giovani sul motorino con passamontagna pronti all’uso e pistola infilata nei pantaloni? La prima domanda alla quale i fermati dovranno rispondere è certamente questa. L’altra valutazione riguarda la possibile base operativa. La casa occupata da Pier Paolo Morgan Marras è lì a poche decine di metri: se davvero l’obiettivo di Gian Luca Fadda e Mirko Ferru era quello di assaltare l’ufficio postale di via Brigata Sassari, a loro sarebbe bastato girare l’angolo, fare una breve corsa a piedi e trovare rifugio sicuro nell’abitazione di via Munizione Vecchia. Non è una certezza ma un dubbio che resta in piedi, anche perchè pare che - anche in altre occasioni - gli investigatori abbiano ipotizzato che i banditi avessero una base operativa poco distante dall’obiettivo scelto. Una tecnica non nuova, che consente di attendere che le acque si calmino per allontanarsi senza il rischio di essere intercettati dalle forze dell’ordine.

Negli ultimi sette anni ci sono almeno altri due episodi che vedono al centro dell’attenzione dei banditi le Poste centrali. Da segnalare, in particolare, quelli del 2002. A gennaio, in una notte di trambusto (parecchie auto erano state date alle fiamme in un’altra zona della città), i ladri riuscirono a entrare negli uffici e a portare via 60mila euro (allora si sospettò l’aiuto di una «talpa»). Il 25 ottobre, invece, tre banditi con il volto coperto da passamontagna, entrarono alle 18.30, armati di pistole (proprio da piazza Rosario), vestiti da operai. Immobilizzarono gli imbianchini (quelli veri) e minacciarono una impiegata. Il colpo fallì perchè la cassaforte era a tempo e l’attesa sarebbe stata lunga. I rapinatori se ne andarono a mani vuote.
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