La Nuova Sardegna

Cagliari-Sassari, un treno chiamato incubo

Cagliari-Sassari, un treno chiamato incubo

Si parte alle 6,40 e si arriva, causa i soliti ritardi, alle 10,50 circa. Ma non basta: poco prima di Chilivani, il controllore informa che da lì in poi, in direzione Sassari, la ferrovia è bloccata e si deve proseguire in pullman

03 marzo 2010
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CAGLIARI. Il primo problema è la macchinetta per i biglietti. Nella stazione di Cagliari, alle 6,15 lo sportello è ancora chiuso: apre dalle 6,50 e il treno parte alle 6,40. Ma la fortuna vuole che ci sia un viaggiatore più esperto e senza l’agitazione di chi teme di perdere il treno. E dà indicazioni sul totem: guida veloce, località, numero. Cagliari-Sassari: 15 euro e 75 centesimi. Chi sta per avventurarsi ad attraversare l’isola in treno, però, non ha cambio. «Ma dà il resto?» - «Solo sino a 19 euro».

Meglio non star lì a verificare e si va di corsa al bar della stazione, con le serrande già alzate. Poi di nuovo alla macchinetta, ma «non dimentichi di obliterarlo, altrimenti la multano», informa una ragazza. Chi scrive, durante la passata legislatura regionale aveva anche percorso il tratto Cagliari-Sassari sui trenini «Talgo» spagnoli che l’allora presidente Renato Soru voleva importare in Sardegna. Poi vi sono state una serie di vicende che hanno bloccato prima, e rallentato poi, l’avvio dei trasporti veloci. Ora si parla di altre attese (un anno e mezzo?) prima di varare i «Caf», altri treni, sempre spagnoli.

E l’immagine del mezzo a rotaie tutto profumato di nuovo, con tanto di presa elettica per il computer, del viaggio di prova di quattro anni fa, torna alla mente quando si sale sul trenino, che alle 6,40, parte sempre dal binario sei della stazione di Cagliari, diretto a Sassari. Tessuti lisi, in buon stile anni Settanta. L’orario di arrivo è previsto per le 10,14. Ma di minuito in minuto l’approdo finale arriverà più tardi, alle 10,50 circa. Oltre quattro ore, quasi disumano. Poco prima di Chilivani, il controllore informerà che da lì in poi, in direzione Sassari, la ferrovia è bloccata (per i danni a seguito del deragliamento del treno). E che si proseguirà in pullman. Nel trenino, seduto in poltrona, se non hai nessuno davanti, puoi stare quasi comodo e accavallare le gambe. Per fortuna i viaggiatori sono, in genere, pochi.

Per lo più insegnanti e altri (pochi) lavoratori pendolari, ma vicino a Oristano saliranno anche studenti delle scuole superiori: per loro è un metrò. Binario sei, inizia il viaggio. Obbligo tassativo: i giornali e un libro. Un conoscente, poco uso ai treni sardi, domanda se passa il «signore con le bibite». E il ricordo torna agli anni Cinquanta del secolo scorso, nei viaggi in treno con la famiglia, da Cagliari a Bortigali. Ma oggi i venditori non ci sono più, allora salivano nelle stazioni, il tempo della fermata. Poi più niente e se ora scendi in cerca di un bar, rischi di perdere il treno. Ma le immagini del passato camminano da sole. E quando il treno sarà vicino ad Abbasanta diretto a Macomer, dove le pendenze di cinquant’anni fa si sentono ancora, si ha un senso di trepidazione: nelle scampagnate dell’infanzia si era vicino alla meta, al paese della mamma e della nonna.

Oggi, invece, si è ancora lontanissimi, oltre un’ora per arrivare a Chilivani. Più di due per raggiungere Sassari. A fianco, nel trenino, una signora col velo sui 40 anni, conversa con una giovane donna accompagnata da un grande trolley e jeans tutti tagliuzzati. Voci che raccontano di terre lontane e, ogni tanto, tra un rigo e l’altro del libro, si percepiscono storie di disoccupazione, emigrazione e - come un senso di acqua fresca - voglia di vivere. Alla fine del viaggio le due signore si saluteranno affettuosamente, come se il viaggio-avventua le avesse ulteriormente legate. Ma l’idea falsa di un percorso veloce, di due o massimo tre ore, si è radicata nei non frequentatori delle stazioni. Dopo l’illusione di un salto nel futuro, tutto è tornato al passo degli anni Cinquanta.

«Io viaggio tutti i giorni da Cagliari a Oristano e, quanche volta vado a Sassari, ma non mi sono mai abituato», racconta un signore, impiegato pubblico, su cui è caduto l’orecchio. E così si scopre che in Sardegna vi sono anche dei capi stazione che non sanno che, spesso, al rientro da Sassari, a Oristano, si cambia locomotore. La vettura in cui si viaggia non è una vecchia vaporiera, tipo quelle dell’Ottocento, ma non è certo l’ultimo modello. Servizi: solo una toilette che assomiglia molto a quella di cinquant’anni fa, quando i bisogni fisiologici concimavano le rotaie.

E i nuovi treni, quelli con confort di ogni tipo, di cui ha parlato Trenitalia? Oggetti del desiderio. Per chi viaggia su rotaie, in Sardegna, i confort restano misteri da fantascienza. E i nuovi sistemi di elettrificazione di cui si parlava negli anni Ottanta? Più insondabili dei buchi neri. «Il sentiero del Bosco» di Adalbert Stifter (Adelphi) accompagna il viaggio: è una delicata storia d’amore ambientata in una località montana della prima metà dell’Ottocento. Involontariamente l’atmosfera giusta per il livello del treno (e non cadere in depressione). Ma a Chilivani si cambia: non treno, ma - come accennato - pullman. Sono le 9 e 40 minuti.

«Solo» quindici minuti di ritardo, il resto (del ritardo) sarà recuperato dal bus. Alle porte di Ploaghe, quando il paese si vede in lontananza, il pullman si ferma. Chi pensa che debba fare benzina, sbaglia: è la nuova stazione. Un signore di mezza età racconta: «Due settimane fa, arrivavo da Cagliari, di sera, avevo un appuntamento per le 21 con alcuni amici di Campomela, che sarebbero venuti a prendermi alla stazione di Ploaghe. Ma mi han lasciato al rifornitore in mezzo alla campagna, da solo e al freddo. Fortuna che avevo un telefonino...».
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