La Nuova Sardegna

Verdini indagato per l’eolico in Sardegna

Andrea Salaris
Verdini indagato per l’eolico in Sardegna

Dopo il coinvolgimento nell’inchiesta sugli appalti per le Grandi opere, nuovi guai per Denis Verdini, coordinatore del Pdl. Ora è indagato a Roma per l’eolico in Sardegna. Corruzione il reato ipotizzato. Lui ha ribadito la "totale estraneità a ogni ipotesi di comportamenti penalmente o anche moralmente rilevanti". Cappellacci: "Sull’eolico le posizioni della giunta sono chiarissime. No deciso alle pale offshore"

06 maggio 2010
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ROMA. Nuovo inciampo per Denis Verdini. Il coordinatore del Pdl, già coinvolto nell’affare degli appalti della Protezione civile a Firenze, è indagato in un’altra inchiesta su un grande intreccio riguardante eolico e carceri in Sardegna. La stessa che vede coinvolto Flavio Carboni. Stavolta ad accusare è la Procura di Roma, ma l’ipotesi di reato è la stessa: corruzione. Gli accertamenti, affidati al procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, riguardano un presunto comitato d’affari che si sarebbe occupato dell’aggiudicazione di appalti anche in Lombardia e Campania.

La vicenda ha provocato un secondo terremoto politico. Oltre a Verdini e Carboni, indagate 4 persone che avrebbero cercato e ottenuto appoggi da politici per favorire imprenditori interessati alla realizzazione di parchi eolici (in Sardegna e in altre regioni), alla costruzione di carceri e ad appalti di diverso genere. Come già emerso, sono il costruttore Arcangelo Martino, un ex assessore provinciale di Cagliari, Pinello Cossu, il direttore generale dell’Arpas, Ignazio Farris, e un magistrato tributario, Pasquale Lombardi.

Nelle scorse settimane a Cagliari gli inquirenti hanno sequestrato in Regione pratiche di progetti sull’eolico presentati da privati dal 2009 in poi, tra cui quella per parchi nel centrosud dell’isola.
Il personaggio chiave dell’inchiesta, partita nel 2008 sulla base di un’informativa della Direzione distrettuale antimafia, è proprio Carboni. Alcuni nomi di primo piano dell’imprenditoria nazionale si sarebbero rivolti a lui al fine di ottenere appoggi politici per aggiudicarsi appalti in cambio di tangenti.

I magistrati sospettano che Verdini sia uno dei terminali politici di questo intreccio. Parte dei soldi pagati dagli imprenditori coinvolti sarebbero infatti transitati per il Credito Cooperativo Fiorentino, la banca di cui Verdini è presidente, per finire in società che, secondo gli inquirenti, venivano utilizzate per pagare tangenti ad amministratori pubblici.
Per questo motivo lunedì, a Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, la sede della banca, già perquisita lo scorso 20 febbraio, è stata nuovamente visitata dai carabinieri del Comando provinciale della capitale che hanno raccolto documenti e altro materiale contabile. Smentita, però, una perquisizione da parte dei dirigenti e dei legali dell’istituto.
«Sono estraneo alle accuse, non mi dimetto», si è difeso Verdini.

Che non è l’unico politico coinvolto nell’inchiesta. Nelle intercettazioni spuntano i nomi di deputati, senatori e politici sardi che tuttavia non risultano al momento sotto indagine. Tra loro, il senatore Marcello Dell’Utri e il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino. Indiscrezioni che nel Pdl suscitano reazioni difformi. «C’è qualcosa di poco chiaro e di allarmante in questa nuova ondata di inchieste a carico di esponenti del nostro movimento politico», denuncia il coordinatore Sandro Bondi. Dalla maggioranza di governo tanti gli attestati di solidarietà di Verdini.

Mentre alcuni esponenti del Pdl parlano apertamente di stranezze nelle inchieste che colpiscono il loro partito. «Clima generale assai inquietante», secondo Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl. E il portavoce Daniele Capezzone: «Anche rispetto alla vicenda di Denis Verdini vedremo chi è garantista e chi non lo è, chi brandirà l’arma giustizialista e chi ricorderà che nella nostra Costituzione è scolpito il principio della presunzione di innocenza». Duro invece il leader dell’Idv Di Pietro: «Nulla di nuovo sotto il sole: la maggioranza ha la cultura dell’illegalità e dell’improcessabilità come strumento di governo».
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