La Nuova Sardegna

Il fascino delle ceramiche Richard-Ginoridisegnate dall'architetto Gio Ponti

Marco Vitali
Una ceramica di Gio Ponti
Una ceramica di Gio Ponti

Ottanta ceramiche, tra porcellane, maioliche e terraglie, disegnate dall'architetto milanese Gio Ponti, tra il 1922 e il 1930 per la manifattura Richard-Ginori. Potranno essere ammirate nella mostra intitolata "Gio Ponti: un protagonista del déco tra classicismo e modernità", inaugurata al Teatro Civico di Castello, a Cagliari

04 luglio 2010
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CAGLIARI. «Gio Ponti: un protagonista del déco tra classicismo e modernità». Questo il titolo della mostra appena inaugurata al Teatro Civico di Castello che permette di ammirare circa ottanta ceramiche tra porcellane, maioliche e terraglie disegnate da Gio Ponti per la manifattura Richard-Ginori dal 1922 al 1930. Tra le altre cose anche il grande vaso con coperchio «Fabrizia» presentato all'Esposizione Internazionale di Parigi del 1925, dove Ponti vinse la medaglia d'oro proprio con le ceramiche Richard-Ginori.

Per questa mostra sono stati selezionati vari pezzi: vasi, coppe, piastrelle decorative, grandi piatti da parata, una piccola selezione del servizio «Atlantide» e piccole sculture, realizzate con la collaborazione degli scultori Italo Griselli, Geminiano Cibau e Salvatore Saponaro. Inoltre, sarà visibile una piccola parte del centrotavola per le Ambasciate italiane all'estero disegnate con l'architetto Tomaso Buzzi.

Ponti è una delle una delle figure centrali del gusto déco e non soltanto in Italia. Nei pezzi disegnati per la manifattura Richard Ginori, di cui ricopre a partire dal 1923 il ruolo di direttore artistico, le forme non sono mai banali e i decori mostrano scene e figure nelle quali la citazione archeologia, l'eleganza neoclassica, l'ispirazione palladiana è sempre unita alla levità e all'ironia.

Nella raffinata produzione di ceramiche realizzata per la manifattura Richard-Ginori si declina una possibile iconografia del Dèco. Sfilano le donne tornite sospese su architetture classiche, avvolte da sbuffi di nuvole, animali in corsa, clown e pierrot, barche che veleggiano su mari agitati da sinuose onde. Tutto è ricondotto ad una dimensione di teatralità: ogni oggetto appare come una messa in scena in miniatura che suggerisce una modernità sospesa, come sospesi sono i personaggi di questa commedia.

Forte il ricorso alla citazione archeologica. Da una parte c'è una classicità lontana che copre l'aspetto tipologico dell'oggetto, dall'altra c'è una classicità che copre invece l'aspetto materico e decorativo dell'oggetto, quella veneta cinquecentesca legata a Palladio e alla cultura del bianco, del neutro glaciale della pietra di Verona e degli stucchi lucidi riflettenti con polvere di marmo.

L'impegno di Ponti nella diffusione del gusto déco appare ancora più emblematico se si considera il fatto che egli si rivolgeva ad una committenza borghese intellettuale e moderna e che sotto la sigla "Domus Nova" si impegnò per una produzione di mobili per un grande magazzino come La Rinascente. Come egli stesso scriveva, l'industria è la "maniera" del ventesimo secolo, è il nuovo metodo di creare, il senso della sua modernità".

Nel 1928 Ponti fonda "Domus": nelle pagine della rivista pubblica esempi di architettura e di arredo in linea con la sua poetica, e nello stesso tempo illustra le esperienze di maggiore novità che si stanno sperimentando in Italia e all'estero. Nel primo numero della rivista, nell'editoriale, Ponti presenta la casa italiana: «È di fuori e di dentro senza complicazioni, accoglie suppellettili e belle opere d'arte e vuole ordine e spazio fra di esse e non folla o miscuglio».

Il rapporto di Giò Ponti con la manifattura Richard - Ginori sgombra il campo da tutti i luoghi comuni sulle priorità nella formazione di un architetto secondo le quali l'architettura si configurerebbe come arte maggiore e il design come arte minore di risulta.

La mostra sarà visitabile fino al 10 ottobre, tutti i giorni dalle 10 alle 13 e nel pomeriggio dalle 17 alle 20.
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