La Nuova Sardegna

A Badu 'e carros nacquero i primi rapporti tra boss e banditi sardi

Piero Mannironi
Il carcere di Badu  'e carros
Il carcere di Badu 'e carros

Negli anni Settanta e Ottanta, con la presenza nel carcere nuorese di Badu 'e carros di numerosi boss della mafia e della camorra, furono sottovalutati gli effetti dell'incontro tra culture criminali. Con l'arrivo di Iovine, il boss della camorra arrestato nei giorni scorsi, si corrono gli stessi rischi di allora

24 novembre 2010
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NUORO. Nel "ventre della bestia", come lo scrittore assassino Jack Abbott definiva il carcere, si compongono e si scompongono geografie esistenziali, maturano conflitti e solidarietà, ma soprattutto, nello spazio angusto e claustrofobico del carcere, si incontrano e dialogano universi umani lontani, costretti a una contaminazione reciproca nella convivenza forzata.

E la risultante può essere imprevedibile. Perché la chimica dei sentimenti, delle esperienze e delle emozioni in carcere ubbidisce a regole considerate spesso impossibili nel mondo esterno. Nel labirinto delle celle e dei corridoi di una galera si indeboliscono infatti ineluttabilmente le appartenenze, le culture e le origini. Si possono così creare mutazioni che contraddicono l'origine stessa dei detenuti in un ambiente nel quale prevalgono soprattutto le logiche della sopravvivenza e della convenienza.

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Insomma, quasi una catechesi criminale dalle conseguenze imprevedibili nelle sue possibili successive evoluzioni. E questo clima, che in termini sociologici può essere definito "processo di inquinamento culturale", si riflette fatalmente nell'ambiente esterno, seminando spore maligne capaci di accelerare cambiamenti sociali e corrompere memorie tenaci e quelle prassi diventate consuetudini.

Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta in Sardegna tutto questo era soprattutto una confusa intuizione. L'opposizione al carcere speciale di Badu e carros, nel quale erano costretti a convivere i leader dell'eversione brigatista e neofascista, il gotha della malavita organizzata e la tradizionale criminalità barbaricina, non era politica e tanto meno ideologica.

Maturava un timore trasversale che passava per la magistratura, la Chiesa, la società civile e tutti i partiti. Perfino negli ambienti più sensibili delle forze dell'ordine era forte la paura che quell'incandescente groviglio di esperienze violente tracimasse dalle mura grigie di Badu e carros con effetti devastanti nella vita comunitaria. In quegli anni si confrontavano da una parte il cinico pragmatismo della ragion di Stato per combattere l'emergenza e, dall'altra, i giustificati timori di possibili cataclismi sociali.

Perfino i brigatisti rossi, che pure nella detenzione si imponevano una sorta di rigore morale, erano costretti a fare i conti con quell'ambiente rovente e spaventosamente crudele. Esemplare, in questo senso, l'omicidio di Giorgio Soldati, raccontato da Patrizio Peci nel suo libro "Io, l'infame". Soldati, detto Tommy, era un militante di Prima Linea pentitosi subito dopo l'arresto, ma che successivamente ritrattò. I Br l'avevano perdonato, ma ai detenuti comuni non andava che le regole criminali venissero stravolte: chi tradisce non è un uomo e deve essere eliminato come esempio.

Così, come scrisse Luigi Pagano nel suo libro "Le mie prigioni", «le Br non potevano permettersi con i loro compagni di pena cedimenti sentimentali e assicurarono che l'esecuzione ci sarebbe stata, ma nel loro stile. L'ex Prima linea fu convinto a rientrare in sezione dall'isolamento e nei suoi confronti fu imbastito un rapido processo e gli fu annunciata la condanna a morte. Divorato, forse, dai sensi di colpa del tradimento verso i suoi ideali passati e i compagni del movimento, Soldati non oppose resistenza e si lasciò uccidere, sgozzare come un cane».

L'omicidio si consumò a Cuneo il 10 dicembre 1981, ma i protagonisti di questa storia sono gli stessi che abiteranno in quegli anni a Badu e carros. Perché Cuneo e Badu e carros facevano parte dello stesso circuito delle carceri speciali volute da Dalla Chiesa chiamato dai Br con amara ironia "il circuito dei camosci". Ma quelli erano anche gli anni della "cutolizzazione" delle prigioni.

La Nuova camorra organizzata imponeva infatti un clima terribile di sangue e di terrore. Francis Turatello, per esempio, venne scannato e sventrato nel cortile di Badu e carros perché era un ostacolo alla spartizione della piazza di Milano tra i camorristi di Raffaele Cutolo e i catanesi di Angelo Epaminonda, detto il "Tebano".

Nuoro, la remota Nuoro, era diventata palcoscenico cruento di guerre totali di annientamento in corso tra gruppi della criminalità organizzata. I segnali della contaminazione erano appena percepiti nel Nuorese. Paradossalmente temuti e allo stesso tempo incredibilmente sottovalutati.

Come non trovare, per esempio, un collegamento, un filo tra Badu e carros e la nascita del Mas, il famigerato Movimento armato sardo? Si trattava di malavita comune che utilizzava linguaggi e modelli del terrorismo rosso; omicidi e campagne di odio che nascondevano volgari interessi malavitosi, ma che sembrava cercassero quasi una legittimazione politica, e perfino ideologica, della propria violenza. Affermavano confusamente la necessità di una tempesta rivoluzionaria che doveva stravolgere l'immobile e iniquo mondo degli ovili.
Ma i segnali arrivavano anche dai contatti sempre più frequenti tra banditi sardi e uomini d'onore. In alcuni rapporti di polizia degli anni '70, infatti, sono registrati alcuni controlli stradali in Barbagia dai quali risulta che personaggi emergenti della malavita mamoiadina erano stati sorpresi insieme ad alcuni boss della mafia agrigentina.

E come interpretare, poi, l'evoluzione di quella che sarà chiamata la seconda faida di Mamoiada nella quale diventò sempre più frequente il ricorso a tecniche mafiose come le bombe telecomandate o l'uso di quantità sempre maggiori di esplosivo negli attentati. Ma anche agguati in stile palermitano e l'ammodernamento degli arsenali con l'introduzione di armi potenti ed efficienti come i kalashnikov al posto dei vecchi Sten inglesi. Era il segno esteriore, forse ancora superficiale, che Badu e carros era stato capace di creare una sintesi tra sapienze criminali fino ad allora lontanissime.

In alcune inchieste su delitti eccellenti commessi a Nuoro affiorarono perfino indizi concreti che i sicari fossero arrivati da oltremare. In un caso si parlò di un gelido killer arrivato a Nuoro da San Giorgio Vesuviano. E poi, come interpretare fenomeni storici come la latitanza in Sicilia e in Calabria di alcuni personaggi appartenenti all'aristocrazia criminale barbaricina?

C'era poi un livello più segreto e nascosto di rapporti. Quello che era nato tra ambienti nuoresi e i cosiddetti supporti logistici ai boss. A Badu e carros, per esempio, scontava l'ergastolo Luciano Liggio. Cioè il boss corleonese che aveva cominciato la sua irresistibile ascesa, insieme ai suoi fedeli uomini d'onore Totò Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella. Liggio, il "viddano" crudele, aveva cominciato la guerra di conquista dentro Cosa Nostra, attaccando il vertice dell'organizzazione rappresentato dalle famiglie palermitane dei Bontade, degli Inzerillo e dei Badalamenti.

Ebbene, Liggio aveva bisogno di supporti esterni per avere garantito il proprio tenore di vita in carcere, adeguato al suo alto lignaggio di boss carismatico della più potente organizzazione criminale. Si scoprì così una struttura d'appoggio, una rete silenziosa e discreta, nascosta dietro alcuni esercizi commerciali di Nuoro. Una realtà, per la verità, mai del tutto chiarita.

C'è poi il capitolo dello sdoganamento della droga in Sardegna. Business che la criminalità locale guardava con diffidenza e sospetto perché culturalmente non accettata. Secondo la Commissione parlamentare Antimafia, il salto di qualità della malavita barbaricina e ogliastrina si sviluppò negli anni Novanta proprio grazie a «rapporti creatisi a Badu e carros tra camorristi e banditi sardi»: da Napoli arrivavano l'eroina e la cocaina che poi venivano immesse nel mercato locale grazie alle prime strutturazioni della malavita sarda.

Certo, non tutta l'evoluzione della criminalità sarda degli ultimi trent'anni può essere ricondotta a incontri, accordi e complicità nati e maturati in carcere. Ma sicuramente Badu e carros ha rappresentato un potente magnete, un luogo strategicamente significativo per la nascita di nuove solidarietà e l'inizio di una violenza nuova.

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