La Nuova Sardegna

Il sardo? Una lingua normale, a Fonni si decide il futuro della limba

Paolo Pillonca
Il dipinto di Giuseppe Biasi "Corteo nuziale, la sposa"
Il dipinto di Giuseppe Biasi "Corteo nuziale, la sposa"

«La nostra idea forte è quella di riportare la lingua sarda nelle case»: non ha dubbi Giuseppe Corongiu, il giovane direttore del Servizio linguistico della Regione. Il dato era conosciuto da qualche anno, ma il problema rimane grave. Il rischio è sempre drammatico: la perdita della lingua degli antenati. L'imperativo urgente nel gergo dei linguisti viene definito «trasmissione generazionale»

08 dicembre 2010
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FONNI. La conferenza annuale della Regione sulla limba che si apre domani e si chiuderà sabato a Fonni - titolo, «Una lingua normale» - avrà come argomento principe proprio questo. «Siamo coscienti del pericolo della scomparsa del sardo ma anche ben attrezzati per scongiurarlo», assicura Corongiu. «Intanto nella giornata conclusiva di sabato avremo in collegamento da Edimburgo la professoressa Antonella Sorace, ordinaria di linguistica in quella università e già nostra ospite a Cagliari. Spiegherà ai genitori interessati come si fa a introdurre la lingua nelle famiglie».

Personalmente, Corongiu il problema l'ha già risolto: suo figlio Jaime, quattro anni, è un bambino perfettamente trilingue: italiano, sardo, inglese. Come molti altri bambini che vivono nelle città, di cui nessuno parla. Il figlio di Gianni Loy, ordinario di Diritto del lavoro all'università di Cagliari, parla tre lingue come Jaime: italiano, sardo e spagnolo (la lingua della madre). Molti nonni, inoltre, a Cagliari e in altre città, sono i maestri di limba dei nipotini fin dalla prima infanzia. Ma non divulgano la notizia: preferiscono il fare al dire, una tantum.

«Sarà un momento di riflessione per rinvigorire la nostra identità di popolo con una lingua normale», osserva il neo assessore regionale alla Cultura Sergio Milia. «Questa bella lingua ha trecento diversità locali, una grande ricchezza. Ci interrogheremo su quello che siamo stati, in Italia e in Europa. La nostra conferenza cade nell'anno che celebra il primo secolo e mezzo dell'Unità d'Italia, viviamo il tempo del federalismo: due ottimi collegamenti per esaltare le nostre peculiarità primarie».

Milia fa un discorso articolato, pienamente inserito nella contemporaneità, ricco di collegamenti. Il nuovo assessore, del resto, era stato molto chiaro fin dall'inizio del suo mandato: «Non esiste che l'assessorato investa soltanto l'uno per cento delle sue risorse sulla lingua», aveva detto e ribadito il giorno della presentazione del correttore ortografico. Sulle iniziative del Servizio Linguistico oggi Sergio Milia è altrettanto esplicito: «Giuseppe Corongiu sta facendo un ottimo lavoro», riconosce.

In effetti, da quando guida il settore, il giovane intellettuale di Laconi - laureato in lettere e giornalista professionista, competenze che calzano a pennello - può vantare una lunga serie di realizzazioni: l'atlante linguistico, il correttore ortografico, l'atlante toponomastico, la cartellonistica, l'avvio delle traduzioni in sardo delle grandi opere della letteratura mondiale, delle trasmissioni radiofoniche e televisive in limba e delle opere riservate all'infanzia. A questo ha affiancato un'attività pubblicistica delle più intense: Guvernare cun sa limba (2005), Pro una limba ufitziale (2006), Una limba comuna cun milli limbagios (2008), Sa diversidade de sas limbas in Italia, Sardigna, Europa (2010).

Senza contare i riconoscimenti all'estero: il più importante gli viene del prestigioso Institut d'ètuds catalans, che pubblicherà il testo di una conferenza tenuta a Barcellona nel 2006. Ma di limba sarda comuna non vuole parlare. Ci sono problemi più urgenti. Su questo la Regione darà vita a un'iniziativa a parte: c'è qualcosa da aggiustare, diciamo pure così. Piuttosto gli interessa un appello ai politici senza distinzione di schieramento: «Abbiate fiducia nella lingua sarda: l'Europa ha dimostrato che le lingue minoritarie sono una risorsa».

La conferenza di Fonni sarà aperta dal sindaco Tonino Coinu. Un altro Coinu, Stefano, capo di gabinetto di Milia, introdurrà i lavori. Nel pomeriggio (16,30) di domani, tavola rotonda sull'attualità della politica linguistica: interverranno Maria Antonietta Piga, Manuela Mereu, Giampaolo Bazzoni, Antoni Maria Pala, Giacomo Mannoni e Giuliana Portas. Concluderà i lavori Marco Viola. Alle 18,30 dibattito sulla letteratura in lingua sarda: protagonisti Michele Carta, Francesco Casula, Frantziscu Cheratzu, Gianfranco Pintore, Anna Cristina Serra e Giulio Solinas.

La mattinata di venerdì avrà questo tema: l'insegnamento del sardo a scuola, dai sogni alla realtà? Interverranno Alessandra Burelli, Antonietta Marra, Rosalba Perini, Michele Pinna, Ignazio Putzu, Carlo Schirru, Tiziana Senesi, Enrico Tocco. Nel pomeriggio si parlerà di normative e progetti operativi per le lingue minoritarie in Europa: interventi di Bojan Brezigar, Guglielmo Cevolin, Giuseppe Corongiu, Joan Elies, Alessandro Mongili, Adell Pitarch, Anna Maria Pla e Sabrina Rasom. Saranno sette le altre minoranze linguistiche coinvolte nel confronto: sloveni, ladini, catalani, albanesi di Calabria, friulani, trentini e franco provenzali. Per la prima volta sarà presente un rappresentante del governo di Roma: Tiziana Senesi.

La conferenza è un evento che si declina nella dimensione del divenire e non può trattare dell'universo mondo. Rimane, tra gli altri, il nodo irrisolto delle università. Quanti sono i docenti di linguistica che parlano la lingua sarda? Mosche bianche, quasi nessuno. Incredibile? Ma vero. Una situazione del genere non esiste da nessuna parte, nel panorama delle minoranze linguistiche europee. Il pubblico delle conferenze e dei convegni ha più volte denunciato l'anomalia, ma la Regione ha continuato ad elargire fondi copiosi agli atenei (qui Pericle non c'entra), soldoni che in molti casi o non sono stati spesi o sono stati utilizzati impropriamente senza che su questo sia mai stata fatta un'indagine seria. C'è perfino chi ha fatto contratti all'amica del cuore per insegnare quello che non sa neppure lui. Dice un proverbio sardo: si est àinu jaòrriat (se è asino raglierà).
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