La Nuova Sardegna

COMMENTI & OPINIONILa proposta di Veltroni: "La patrimoniale, passo nella direzione giusta"

Franco Grassini

Anche per The Economist c’è un problema di redistribuzione della ricchezza

26 gennaio 2011
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Veltroni, tra le proposte concrete per un rilancio e del principale partito di opposizione e del Paese, ha specificato quella di un’imposta patrimoniale,da pagare in tre anni, al fine di ridurre il debito pubblico all’80% del reddito nazionale (GNP). Detta imposta dovrebbe essere pagata solo dal 10% più ricco della popolazione. L’altra misura per ridurre ulteriormente il rapporto tra il debito pubblico ed il GNP suggerita da Veltroni è quella di far crescere la spesa pubblica l’1% in meno di quello che aumenta in termini nominali lo stesso GNP.

Cerchiamo di comprendere la validità e la realizzabilità della prima proposta che è quella più innovativa e di maggior rilievo. Ridurre di circa un terzo in un triennio il debito pubblico, attualmente intorno al 120% del GNP, consentirebbe di lanciare ai mercati finanziari un messaggio tranquillizzante in momento in cui gli stessi sono particolarmente tesi.

E’ di pochi giorni addietro un articolo sul Financial Times di Peter Orszag, che sino dicembre era stato a capo dell’ufficio del bilancio di Obama, nel quale sostiene che di fatto la vittoria repubblicana nelle ultime votazioni ed il loro controllo del Congresso rende estremamente improbabile quell’aumento delle tasse indispensabile, a suo avviso, per ridurre il deficit dei conti federali e, quindi, l’eccessivo indebitamento. Un personaggio di tale livello ha concluso i suoi ragionamenti, riferendosi al periodo successivo al 2011, con questa frase: «Spero che per riportare la sostenibilità del bilancio a livello federale non sia alla fine necessaria una crisi finanziaria, ma temo che lo sarà».

Tutti speriamo tale crisi non sia necessaria, ma una semplice e probabile turbolenza per i titoli pubblici americani avrebbe conseguenze drammatiche per quelli italiani se non si fossero dati segnali precisi di una voglia di rientro. Un ulteriore pregio di una riduzione del nostro debito pubblico starebbe nei minori interessi da pagare in una fase in cui è molto probabile gli stessi tendano a salire.

Per quanto riguarda la praticabilità di una imposta patrimoniale, la Banca d’Italia ha recentissimamente stimato che la ricchezza degli italiani era nel 2009 di circa 8.588 miliardi di euro, ma di questi più della metà era costituito da abitazioni. La ricchezza finanziaria, 3565 miliardi, che include anche i conti correnti e le banconote di cui anche i poveri hanno piccole disponibilità, è quella su cui sarebbe più agevole riscuotere, ma è così distribuita che sarebbe ingiusto punirla.

Torniamo, quindi, alla ricchezza complessiva. Qui la Banca d’Italia ci dice che,sempre nel 2009,il 44,7% era detenuto dal 10% più ricco. Volendo ridurre il debito pubblico, come ha detto Veltroni, grosso modo questi benestanti dovrebbero rinunciare tra un quinto ed un quarto della loro ricchezza in un triennio. Non è certamente poco e potrebbero nascere problemi per rendere liquida la ricchezza. Con ogni probabilità i tempi e le quantità dovrebbero essere rivisti. Ma la direzione è quella giusta.

Anche una rivista moderatamente pro-capitalista come The Economist riconosce, nel suo ultimo numero, che quello della distribuzione della ricchezza è un problema reale. Nel caso italiano l’enorme debito pubblico è un freno allo sviluppo e, quindi, agli spazi che la meritocrazia può avere. Sarebbe veramente ora che i temi posti da Veltroni divenissero oggetto del dibattito politico.
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