La Nuova Sardegna

Così è l'homo berlusconensis, la tragicomica antropologia del Paese governato dal Cavaliere

Andrea Camilleri
Silvio Berlusconi in una vignetta di Peter Brookes su Times
Silvio Berlusconi in una vignetta di Peter Brookes su Times

Dal volume di MicroMega «Berlusconismo e fascismo», arrivato in edicola in questi giorni, pubblichiamo un ampio stralcio del pezzo firmato da Andrea Camilleri: «Homo berlusconensis»

02 febbraio 2011
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Io sono una vittima di giudici comunisti come i signori Caselli e Violante, dichiarò Totò Riina imputato di una quarantina di omicidi e di diverse stragi.

Berlusconi è riuscito a convincere anche coloro che sono stati sempre tiepidi nei suoi riguardi d'essere oggetto di un'inaudita persecuzione giudiziaria da parte di una magistratura che egli usa definire con epiteti poco lusinghieri, addirittura offensivi. Secondo lui non c'è un magistrato, sia che operi in un semplice tribunale sia che appartenga alla Corte Costituzionale, che non sia politicizzato (le famose toghe rosse) e a lui avverso.

I fatti stanno diversamente, non solo non c'è persecuzione, ma talvolta anzi la giustizia è stata di manica larga con lui, ad esempio spostando le date di sentenze per non influire in modo sfavorevole su eventi politici.

Ora, com'è noto, l'Italia è il paese europeo dove si promuovono più cause civili e penali che altrove. In ogni processo, c'è chi viene assolto e chi viene condannato. Ebbene, non c'è un condannato, uno solo, che non si proclami innocente e vittima di un'ingiustizia e che non consideri un persecutore il magistrato che l'ha condannato.

Attenzione però: anche chi ha subito una multa per sosta vietata o per aver fatto defecare il suo cane in un giardinetto riservato ai bambini si considera una vittima, un perseguitato. Questo è un altro larghissimo tipo di homo berlusconensis per affinità elettiva.

Nelle quotidiane parole dell'Idolo contro la giustizia e i magistrati egli trova benefico nutrimento e il rancore che nutre gli si trasforma, dentro, in odio puro. Se l'Idolo riuscisse a fare la tanto da lui sospirata riforma della giustizia, limitando al massimo l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, questo non basterebbe all'homo berlusconensis (e, per dirla tutta, non solo a lui, ma a tanti altri anche di parte avversa).

La vera riforma della giustizia per l'homo berlusconensis sarebbe dimissionare, esiliare, in carcerare buona parte dei magistrati. E non è detto che non sia la stessa di quella che in cuor suo sogna l'Idolo.

«Quia nominor leo» è un'altra estesa categoria alla quale appartengono coloro che praticano quella che potremmo chiamare la prepotenza aprioristica. Non una prepotenza suscitata da una particolare situazione transitoria, ma una prepotenza quotidiana, un sistema di vita.

Nella famosa favola il leone tiranneggia l'agnello solo perché si chiama leone. Non ha altra motivazione. Alla stessa stregua, l'homo berlusconensis ha sempre davanti a sé l'esempio che gli viene dall'alto, vale a dire la mancanza di rispetto delle regole e il raggiungimento di certi risultati con la sopraffazione, la prepotenza, la prevaricazione. A questo esempio l'homo berlusconensis si adegua con entusiasmo. «Quia nominor berlusconensis».

Così il costruttore edile non osserverà le regole di sicurezza e gli incidenti sul lavoro aumenteranno, cresceranno gli incidenti stradali perché molti automobilisti si sentiranno autorizzati a non rispettare il codice della strada... Paradossi?

Una variante molto praticata è quella della prepotenza mutante. Un tempo, i borseggiatori, colti sul fatto, si facevano cogliere da finte crisi epilettiche. Così come i ladruncoli, sorpresi con le mani nel sacco, si tagliavano con la mezza lametta che tenevano nascosta in bocca e cominciavano a sputare sangue. Da borseggiatori o ladruncoli che erano, cercavano di trasformarsi in povere vittime.

L'Idolo è abilissimo, quando non gli va in porto un'operazione prevaricatrice (vedi il bavaglio alla pubblicazione delle intercettazioni) oppure una qualche mirabolante promessa (vedi lo sgombero dei rifiuti a Napoli in tre giorni) a trasformarsi in semipiagnucolante vittima vuoi delle circostanze, vuoi della crisi globale, vuoi d'ipotetici complotti, vuoi d'alleati infedeli. Mai una volta che riconosca un suo errore. Uno come lui è sempre circonfuso dalla luce della verità.

L'homo berlusconensis che alla guida di una Ferrari lanciata a trecento orari travolge e uccide un vecchietto, e se ne scappa senza prestar soccorso, dirà immancabilmente, quando verrà preso, di esserne stato vittima, perché il vecchietto camminava in modo troppo esitante. E troverà un tribunale che gli darà ragione.

L'impresario edile sosterrà, per difendersi dall'accusa d'aver fatto morire degli operai nel suo cantiere, d'essere vittima delle troppe leggi sulla sicurezza nel lavoro. E troverà un ministro che gli darà ragione.

Un boss mafioso d'altri tempi usava dire che due cose erano certe nella vita, le tasse e la morte. Oggi come oggi, penso che si limiterebbe ad affermare che di certo c'è solo la morte. L'ampiezza raggiunta dall'evasione fiscale in Italia negli ultimi anni è assolutamente sconosciuta e addirittura impensabile negli altri paesi europei. Berlusconi a parole dice di volerla combattere, ma ben sapendo che la maggior parte dei grandi evasori fa parte del fenomeno dell'homo berlusconensis, in concreto l'aiuta.

Vedi ad esempio la trovata dello scudo fiscale, il rientro dei capitali illecitamente esportati col pagamento di una percentuale assolutamente ridicola. O le transazioni di favore, per cui l'evasore di tre miliardi di euro se la cava con una multa di tre milioni.

Recentemente Berlusconi ha avvertito gli italiani che la caduta del suo governo comporterebbe un altro governo, diverso dal suo, che farebbe rispettare il pagamento delle tasse. «Questo sì che è un pericolo serio!», ha esclamato atterrito l'homo berlusconensis. E allora alcuni deputati-zelig, con l'approvazione dei loro elettori, hanno salvato il governo evitando la sciagura.

Chi paga le tasse fino all'ultimo centesimo è considerato dall'homo berlusconensis come un fesso o un reietto. Nel rovesciamento totale dei valori avvenuto nel nostro paese, chi paga le tasse è un individuo di cui non ci si può fidare. Gli uomini onesti sono da evitare come la peste.
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