La Nuova Sardegna

"A Quirra è tutto a posto", due chimici indagati per falso

Valeria Gianoglio
Un allevatore accanto a un bersaglio a Quirra
Un allevatore accanto a un bersaglio a Quirra

I due tecnici della Sgs avrebbero affermato il falso in una relazione sull’inquinamento del poligono. La Procura: "Collusi con le autorità della Difesa"

21 aprile 2011
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PERDASDEFOGU. Due nuovi indagati, l'ipotesi di reato di «falso ideologico in atto pubblico», e un sospetto di fondo piuttosto pesante: essere «collusi con le autorità dell'amministrazione della Difesa». Essere, in sostanza, controllori tutt'altro che obiettivi, perché legati da forti interessi con i controllati. E per questo - è sempre l'ipotesi d'accusa - avrebbero affermato il falso in una relazione che doveva scavare sull'inquinamento antropico del poligono di Perdasdefogu.

E che alla fine, un paio di mesi fa, aveva concluso con un «nel poligono è tutto a posto, non ci sono uranio né altre sostanze pericolose». Ieri mattina, l'inchiesta su Quirra, come una bomba, varca di nuovo il Tirreno e si abbatte sulla società Sgs presieduta da Sergio Marchionne, che è anche amministratore delegato della Fiat. Che a sua volta, ricorda la Procura, fa parte di un consorzio di imprese che da anni «effettua sperimentazioni di armamenti pesanti».

L'inchiesta della procura di Lanusei scava negli uffici della Sgs a Torino, e nelle case di due suoi dipendenti piemontesi. Sono circa le 10 di ieri quando gli uomini della squadra mobile nuorese, guidati da Fabrizio Mustaro, si presentano alle loro porte. In mano hanno un decreto di perquisizione e sequestro firmato dal procuratore di Lanusei, Domenico Fiordalisi. Lo consegnano ai due nuovi indagati dell'inchiesta, prima di entrare nei loro appartamenti e controllare carte e computer. Sono due chimici industriali della società Sgs, un uomo e una donna. Una abita in provincia di Torino, l'altro in un paesino del Vercellese.

L'indagine contestata. Sono loro, qualche tempo fa, a ricevere un incarico preciso. Funziona così: il ministero della Difesa decide di capire quale sia effettivamente la situazione ambientale nel poligono di Quirra. Affida l'incarico alla Namsa, un'agenzia Nato specializzata anche in questo genere di indagini. Questa, a sua volta, spezzetta il monitoraggio ambientale in diversi lotti e uno di questi lo affida alla Sgs, che ha come presidente del consiglio di amministrazione Sergio Marchionne. La società affida il "pacchetto" a due suoi esperti. Sono due chimici industriali con un ricco curriculum alle spalle. I due cominciano le loro analisi: in base all'incarico che hanno ricevuto devono concentrarsi sul suolo del poligono e sulla presenza di elementi chimici. La ricerca funziona in questo modo: un anno e mezzo fa i due esperti della Sgs piantano nel terreno del poligono diversi "campioni bianchi", puri perché prelevati da terreni vergini. Ci sono anche campioni di licheni e di cozze. Dopo un anno li recuperano e li analizzano per vedere se hanno assorbito sostanze pericolose.

Lo scorso primo febbraio, alla base di Perdasdefogu, alla presenza dei vertici del poligono e del sottosegretario alla Difesa, Giuseppe Cossiga, la Sgs presenta i risultati dell'analisi. Afferma che i suoi studi non hanno rilevato nulla di strano, nel terreno del poligono di Quirra. Nessuna traccia di uranio, tra suolo, piante e animali. C'è solo qualche debole presenza di nanoparticelle, ma sono proprio là dove ci si aspetta: nella piattaforma di lancio del cannone "Davide" e di "Zefiro", il motore che spinge i satelliti nello spazio. A Quirra, concludono, non c'è nulla di preoccupante. Lo dicono i dati e un anno di studio.

«Troppe incongruenze». Il fatto è che questi risultati cozzano con i pareri e le analisi di altri esperti ai quali il procuratore Fiordalisi ha affidato l'incarico di consulenti nell'indagine su Quirra. Le incongruenze, più evidenti, sostiene il procuratore di Lanusei, sono quelle che fanno emergere le due consulenti dell'accusa, Fiorella Carnevale e Marta Piscitelli, veterinarie dell'Enea. Il poligono è inquinato, affermano, ed è incompatibile con la presenza dei pastori. Chi ha ragione, dunque? La Procura di Lanusei ha pochi dubbi: crede ai propri consulenti. Tant'è che iscrive nel registro degli indagati per «falso ideologico in atto pubblico» i due esperti dell'Sgs autori delle analisi.

La lista di omissioni. Secondo il procuratore Fiordalisi, entrambi, si sarebbero macchiati di un elenco piuttosto nutrito di omissioni e irregolarità dal punto di vista metodologico. Tra le altre cose non avrebbero evidenziato la possibilità che la concentrazione di piombo, alluminio, tungsteno e bario riscontrata nei licheni prelevati nel poligono «fosse causata dall'attività antropica militare». I due esperti, invece, avevano attestato che la presenza di quegli elementi era legata alla litologia della zona. L'iscrizione nel registro degli indagati dei due chimici è legata anche ad altre presunte omissioni o sospetti di «falso ideologico». Per gli investigatori, infatti, la relazione della Sgs ha certificato l'assenza di inquinamento antropico a Quirra, ma lo avrebbe fatto violando «le più elementari regole metodologiche di carattere scientifico che imponevano l'acquisizione di un numero di campioni almeno corrispondente al numero dei dati da comparare».

A questo punto, viene spontanea la domanda: perché, secondo la Procura, avrebbero commesso queste omissioni? Gli inquirenti danno una risposta. Ma per darla devono prima ricordare la catena che lega, in qualche modo la Sgs ad alcune commesse del ministero della Difesa. La Procura di Lanusei rileva che Marchionne, oltreché presidente di Sgs, è anche amministratore delegato di Fiat, e che «la società Oto Melara appartenente al gruppo Finmeccanica, facente parte del consorzio Iveco-Fiat-Oto Melara, effettua da anni sperimentazioni di armamenti pesanti, e che la società Vitrociset facente parte del gruppo Selex, controllata da Finmeccanica, ha numerose commesse militari anche presso il Pisq».

Per gli inquirenti, insomma, «vi è un collegamento di interessi societari tra la Sgs chiamata a svolgere il monitoraggio del Pisq, e le società Oto Melara e Vitrociset, che hanno svolto attività industriale nelle medesima area del Pisq, con controlli firmati dallo stesso ministero della Difesa». «Sussistono - conclude la Procura - sospetti evidenti della collusione dei firmatari della relazione Sgs con le autorità dell'amministrazione della Difesa che hanno conferito alla Oto Melara e alla Vitrociset commesse militari, collegate con le autorità militari che hanno omesso ogni controllo sul disastro ambientale posto in essere».

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