La Nuova Sardegna

Spiagge cedute per 90 anni, rischi anche in Sardegna

Una spiaggia emiliana: presto così anche quelle sarde
Una spiaggia emiliana: presto così anche quelle sarde

Spiagge concesse per 90 anni alle imprese con la possibilità di costruire edifici. E’ il quadro tracciato da Tremonti nel dl per lo Sviluppo. E anche la Sardegna potrebbe vedere massacrati i suoi splendidi litorali

06 maggio 2011
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ROMA. Spiagge concesse per 90 anni alle imprese, con la possibilità di costruire edifici o di ristrutturare quelli esistenti. Tutto per «incrementare l'efficienza del sistema turistico italiano», secondo quanto recita dall'articolo 3 del dl Sviluppo approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Subito, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti spiega che «non c'è nessuna vendita» e che «la spiaggia rimane pubblica».

Ma per gli ecologisti, Legambiente in testa, si tratta di «un piano casa». Quello che viene introdotto, con il provvedimento sullo Sviluppo (nella parte dedicata a «coste, reti d'impresa, zone a burocrazia zero, distretti turistico-alberghieri, nautica da diporto»), è un «diritto di superficie avente durata di 90 anni», e per potervi accedere - come chiarisce Tremonti - «bisogna essere in regola con il fisco e la previdenza». Una novità ad alto impatto sulle coste, comunque la si voglia vedere.

Ma tutto ciò avrà effetto anche in Sardegna o l'autonomia dell'isola potrà fare da scudo? (sempre che i politici regionali lo vogliano). La materia è assai incerta. La Regione infatti ha in gestione le coste, ma non può esimersi dall'applicare il quadro nazionale, qualora vi sia una richiesta in tal senso da parte del governo centrale. Più che per gli stabilimenti balneari il provvedimento potrebbe avere però un riflesso sulle concessioni portuali che scadono il 31 dicembre 2012. Mentre quelle per gli stabilimenti scadranno nel 2015. Resta però da segnalare che tutta la materia è oggetto di un aspro contenzioso tra Italia e Ue. Difficile perciò che oltre a quella che appare più che altro una sparata in chiave preelettorale, destinata a rassicurare ben precise lobbies, il decreto possa diventare realmente operativo di fronte all'ostilità della Ue.

Comunque sia, seguiamo ancora il testo. Il diritto di superficie - si legge nel testo del decreto - si costituisce «lungo le coste sulle aree in edificate formate da arenili» mentre «sulle aree già occupate lungo le coste da edificazioni esistenti, queste possono essere mantenute». A delimitare le aree saranno le Regioni su iniziativa dei comuni d'intesa con l'Agenzia del Demanio. Il diritto viene rilasciato dietro il pagamento di un corrispettivo annuo e con l'accatastamento delle strutture presenti.

Le risorse provenienti dai diritti di superficie, riscosse dall'Agenzia delle entrate, sono versate all'entrate del bilancio dello Stato per essere riassegnate a un Fondo al ministero dell'Economia per poi essere annualmente ripartite tra la Regione, i comuni, i distretti turistici, e l'erario. Inoltre sulle aree «vuote» sarà possibile edificare solo in regime di diritto di superficie mentre in quelle già esistenti sarà possibile ristrutturare e anche ricostruire. Ed è proprio il nuovo cemento all'orizzonte che induce Legambiente a parlare di «un piano casa» al cui interno sarebbe annidato «un regalo senza precedenti a mafiosi, abusivi e speculatori».
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