La Nuova Sardegna

Due ragazzini in fuga su una barchetta, ritrovati all'Asinara

Luigi Soriga
Una barchetta malconcia, simile a quella utilizzata dai due ragazzini nella brevissima fuga
Una barchetta malconcia, simile a quella utilizzata dai due ragazzini nella brevissima fuga

Un tredicenne e un quindicenne fanno disastri a scuola e scappano in mare: volevano andare in Corsica. Allarme nella valle del Coghinas, un intero paese mobilitato nelle ricerche

28 maggio 2011
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SASSARI. Niente onde, tutt'intorno c'è calma piatta. Ma cinque miglia alle loro spalle, sulla terra ferma, avevano lasciato un mare di guai. Una scuola devastata, genitori disperati, carabinieri in fibrillazione, un intero paese che li cercava e una lettera sotto il cuscino: «Mamma, scusami per quello che ho combinato, tornerò quando tutto sarà tranquillo. Mi raccomando tratta bene la sorellina e il cane». Quindici anni uno, tredici l'altro, su una barchetta che sembra una vasca da bagno, con due bastoni al posto dei remi, in balìa della corrente e della propria incoscienza.

La rotta per la salvezza doveva essere la Corsica. L'avevano combinata troppo grossa e non avevano alcuna intenzione di affrontare un calvario giudiziario che nell'ordine prevedeva i rimproveri di mamma e papà, la ramanzina della direttrice scolastica, l'interrogatorio dei carabinieri e le occhiatacce del proprio paese, nella valle del Coghinas. Certo che con gli estintori, dentro la scuola, si erano proprio divertiti. «Un disastro - racconta il bidello - una giornata solo per pulire».

Poi avevano fatto a pezzi i quadri appesi al muro, spaccato una vetrinetta, si erano sforzati di rilasciare un personale ricordino sul pavimento, e infine, giusto per non firmare ulteriormente il delitto, avevano stracciato un unico registro: quello dove c'erano i loro brutti voti. Poi, sempre per non spargere indizi, ognuno ha filmato l'altro col telefonino e orgogliosi hanno mostrato ai compagni il video della devastazione. Insomma, quando i due hanno capito che la valanga di stupidaggini stava per travolgerli, piuttosto che affrontarla hanno preferito sfidare l'ignoto. L'ignoto prendeva i contorni della Corsica. Ma questo solo nella loro fantasia, perché ora che sono a mollo nella bonaccia, quella sagoma che scorgono all'orizzonte è l'Asinara. Avevano sbagliato isola, ma questo i due profughi, che in geografia non sono mai stati delle cime, lo ignoravano.

Il loro problema piuttosto era un altro: si erano sbarazzati del cellulare, le scorte di merendine erano già finite, nello zainetto erano rimasti i crackers ma senz'acqua non era il caso di mangiarli, il sole picchiava sulla testa e quell'isola non si avvicinava mai. Così quando hanno visto un gommone sfrecciare davanti ai loro occhi, hanno deciso che forse era meglio rimandare l'espatrio. Si sono alzati in piedi e hanno cominciato a sbracciarsi. Peccato che a bordo del gommone ci fossero due francesi, e non sempre ci si intende alla prima: i francesi, educatamente, hanno risposto «bonjour» agitando le mani a quello che credevano un saluto. I ragazzini allora hanno urlato con tutto il fiato che avevano in gola, e finalmente l'imbarcazione li ha raggiunti. I francesi hanno gettato una cima e li hanno trainati fino a Cala Rossa, un'insenatura vicina all'Isola Rossa. Ma, come fanno certi scafisti, a cento metri dalla riva hanno abbandonato i passeggeri al loro destino, tagliato la corda e tanti auguri. I fuggiaschi, pagaiando a colpi di bastone, hanno raggiunto la scogliera. Esausti hanno ormeggiato la barchetta e addentato i crackers. «Oh, ragazzini, guardate che qui non potete stare».

Dopo sette ore alla deriva e lo scampato naufragio, un operaio rompiscatole era quello che mancava. Ma al collega accanto, che aveva sentito la storia dei due adolescenti in fuga, si è accesa la lampadina e ha chiamato i carabinieri di Valledoria.

Il capitano Antonio Pinna a quel punto tira un grosso sospiro. Non dorme da 24 ore e dalla sua scrivania ha organizzato il pattugliamento in lungo e in largo in tutta l'Anglona. «Fate finta di niente - raccomanda - teneteli d'occhio e se dovessero spostarsi cercate una scusa per trattenerli». Nel frattempo il maresciallo Pittalis si toglie la divisa, monta in auto e sfreccia verso Cala Rossa. «Ho vissuto questa storia più da padre che da carabiniere - dice il capitano Pinna - ho temuto che potesse finire male». E in effetti i ragazzini che entrano a testa bassa in caserma, i papà accigliati, la mamma che abbraccia forte e dice grazie a un capitano con gli occhi lucidi, è solo il lieto fine di una strampalata avventura iniziata cinque giorni prima.

Era la festa del paese. Gente in giro e scuola incustodita. I due amici alle sei di sera forzano la finestra del bagno, imbracciano gli estintori e innaffiano tutto. L'indomani la vacanza è assicurata. I giornali titolano: «Raid vandalico, scuola chiusa». Lampi di cronaca sulla loro bravata, si sentono fieri. Così l'indomani mostrano le prove sul display del telefonino. La storia però si gonfia, c'è aria di temporale, i ragazzini meditano la fuga. Ma uno dei due si è beccato la febbre, per migrare è meglio essere più in forma. Aspettano ancora un giorno. La mattina dopo, prima di andare a scuola, lasciano i libri e riempiono lo zaino del kit di sopravvivenza: merendine, crackers, bibite e qualche soldino. Uno dei due scrive una lettera dai toni rassicuranti alla mamma: «Scusami, tornerò quando tutto è tranquillo».

L'effetto, naturalmente, è devastante. Al cancello dell'istituto passano dritti e comincia l'avventura. Si incamminano verso Badesi e lì, in una casa in costruzione, lasciano le prime tracce. Le bucce delle brioches sono segno inequivocabile di latitanti in erba. Il paese e i carabinieri iniziano la caccia. Tutti i compagni sono avvisati: se i fuggiaschi si fanno vivi, dare l'allarme. Il primo avvistamento è nel piazzale del Sacro Cuore, a Badesi. Il secondo è al supermarket: i due soci escono con in mano una birretta. Poi di notte si incamminano verso la spiaggia e trovano una bagnarola galleggiante: il mezzo ideale per raggiungere la Corsica.

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