La Nuova Sardegna

Arborea, preoccupazione per la ricerca dell'oro nero

Roberto Petretto
Arborea, preoccupazione per la ricerca dell'oro nero

Le trivellazioni ancora non sono iniziate. Nel 1962 era già stato fatto un tentativo, ma inutilmente

09 ottobre 2011
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ARBOREA. Le trivelle, nel terreno sabbioso della bonifica, ancora non ci sono. La Saras ha presentato la richiesta di autorizzazione alla Regione, ma ancora non si sa se quell'autorizzazione arriverà. A Arborea lo stupore prevale, per ora, sulla preoccupazione. In mezzo ai campi coltivati, a pochi passi da una delle zone umide più tutelate d'Europa, viene difficile credere che potranno comparire e mettersi in azione moderne apparecchiature studiate per perforare la terra alla ricerca di preziosi idrocarburi. Anche perché quella zona è già stata oggetto di ricerche che non è fuori luogo definire appofondite. Allora, infatti, le trivelle che cercavano petrolio arrivarono a oltre mille metri di profondità.

Sono passati quasi cinquant'anni da quel tentativo che ha lasciato traccia in vari documenti ufficiali e anche in un breve servizio dell'Istituto Luce che oggi si può vedere nella sezione Sardegna Digital library. Era il 1962 e l'oristanese era diventato terra da esplorare alla ricerca dell'oro nero. Le trivelle entrarono in azione in due punti: a Sassu, dove venne realizzato il pozzo denominato Oristano 1, e a Riola, per quello che ovviamente fu battezzato Oristano 2.

Il servizio dell'Istituto Luce ha toni epici: «Nella zona di Arborea è sempre più attiva la ricerca di petrolio e idrocarburi. Le trivellazioni vengono condotte con estremo rigore scientifico, sulla base delle esperienze aqcuisite sulla base dei vari sondaggi stratigrafici. Gran parte del personale utilizzato in questi lavori è stato assunto sul posto». Il richiamo ai benefici per l'occupazione affiora, allora come oggi.

«Abbiamo parlato con alcuni operai - racconta il giornalista -. Sono instancabili e animati da un entuasiasmo che a volte commuove. Sanno che dalle macchine attorno alle quali si muovono, silenziosi e disciplinati, dipende in parte l'avvenire delle loro famiglie, il benessere dei loro figli. Attendono pazienti che il petrolio sgorghi dalla terra sarda».

Come andò a finire lo sanno bene tutti: quell'attesa non fu premiata dal successo. Il petrolio non sgorgò mai dalle campagne di Sassu nè da quelle di Riola. Eppure si andò sino a grandi profondità. La relazione al Piano urbanistico di Arborea parla di quelle ricerche: «Il ben noto pozzo Oristano 1 ha raggiunto la profondità di 1.802 metri». Quelle perforazioni servirono a capire la composizione del sottosuolo, ma di petrolio non si trovò traccia.

Ora qualcuno ci vuole tentare di nuovo. Non molto distante da dove venne scavato il pozzo del 1962.

«È l'ennesimo tentativo di saccheggio della nostra terra - dicono gli indipendentisti di iRS Aristanis -. La regione oggetto degli interessi della società è storicamente una delle aree maggiormente vocate alla coltivazione di tutto il territorio isolano. L'introduzione di tipologie produttive estranee al contesto ambientale ed agli interessi delle popolazioni locali, graverebbe in modo letale, sui delicati equilibri, costruitisi nel'interazione storico-culturale, tra l'uomo e l'ambiente».

Critico anche il Pd di Arborea: «Le coste oristanesi sono infestate di pirati - scrive Davide Rullo -. La nostra ridente provincia è a tutti gli effetti il laboratorio ideale per ogni allegro esperimento, dal deposito di amianto alle pale eoliche in bella vista nel mare, dalle centrali nucleari fino all'ultima scoperta dei briganti: gli scavi petroliferi». «Le corporazioni - aggiunge Rullo - sguazzano in un territorio ricco di risorse naturali e povero di dignità di popolo».

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