La Nuova Sardegna

Austerità, la lezione di Enrico Berlinguer

Luciano Uras *

Il cambiamento è il modo giusto di rispondere all’incertezza attuale

13 novembre 2011
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Il disastro economico-finanziario al quale assistiamo appare più grave e nel mondo industrializzato, in occasione della crisi petrolifera all’inizio degli anni Settanta, per la dimensione e le pesantissime conseguenze che va assumendo e per le sue cause, in gran parte riferibili a comportamenti delittuosi di speculatori privi di qualunque morale.

Enrico Berlinguer promosse, da sinistra, una politica coraggiosa e di grande impegno: l’austerità. Tale politica, diceva, «nasce dalla consapevolezza che occorre dare un senso e uno scopo a quella che è una scelta obbligata e duratura, e che, al tempo stesso, è una condizione di salvezza per i popoli dell’Occidente io ritengo in linea generale, ma, in modo particolare, per il popolo italiano. L’austerità non è un mero strumento di politica economica cui si debba ricorrere per superare una difficoltà temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il ripristino dei vecchi meccanismi economici e sociali. Per noi l’austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato».

La politica disegnata in quei primi anni Settanta da uno tra i più lungimiranti uomini politici della storia italiana raccontava di un protagonismo dei lavoratori e delle lavoratrici italiane che muovevano verso una profonda trasformazione della società. L’assumere nuove e più significative responsabilità e impegnarsi a sostenere gravosi sacrifici per difendere l’economia del Paese apriva loro la strada per guidare un processo di riforma dello stato che avrebbe garantito una ampia estensione dei diritti sociali e civili negli anni successivi. Il diritto alla salute, il diritto allo studio, il diritto alla casa e più di ogni altro il diritto al lavoro effettivamente riconosciuto ed equamente retribuito. Dalla austerity partì una politica progressiva e di sviluppo dell’intero Paese.

Purtroppo il monito berlingueriano non è stato seguito integralmente e per il tempo necessario alla trasformazione sociale e politica alla quale il segretario si riferiva, e ora siamo da capo con una classe dirigente squalificata e inadeguata a gestire l’emergenza e costruire il futuro. Il cambiamento è la condizione per uscire dalla tragica situazione di incertezza totale nella quale ci troviamo. Berlinguer quaranta anni fa sosteneva che all’austerità dovesse essere attribuito un forte significato di «rigore, efficienza, serietà, e giustizia; cioè il contrario di tutto ciò che abbiamo conosciuto - diceva - e che ci ha portato alla crisi gravissima che si manifesta in Italia in tutta la sua drammatica portata».

Esattamente ciò di cui anche oggi vi è assoluto urgente bisogno. Ora come allora a salvare questo Paese sono chiamati le lavoratrici e i lavoratori, l’imprenditoria, soprattutto piccola e piccolissima, moralmente sana, i giovani e le donne, gli studenti e i loro docenti più dedicati, gli intellettuali impegnati socialmente e politicamente e non perennemente sul mercato. Quella parte della società meno edonista e più austera, quella che prevalentemente guarda alla sinistra e alla cultura democratica e civilmente responsabile. Insomma quella società a cui apparteniamo e che ci appartiene.

* capogruppo Sel in consiglio regionale
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