La Nuova Sardegna

Quel tragico volo sul Piave

Quel tragico volo sul Piave

01 marzo 2012
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Una scheggia d’elica. Un altro nome, tra Sassari e dintorni, su cui fare memoria: Gofredo (con una effe) Pasquale Corso, classe 1890. Maresciallo di cavalleria alla vigilia della Prima guerra mondiale, fu tra gli entusiasti che chiesero di passare in quella che chiamavano «la cavalleria dell’aria», l’arma nuovissima dell’aviazione. (I sardi accorsero numerosi a quella che pareva un’avventura per coraggiosi. Fra gli altri, Pietro Pinna Parpaglia, pozzomaggiorese, classe 1891, che dall’artiglieria fece il salto alla ricognizione area). Corso volò per tutta la guerra nella V Squadriglia Caproni, su aerei di mole robusta, destinati al bombardamento.

Nell’estate del 1918 operava sul fronte del Piave, dove gli austriaci tentavano di fare breccia nelle difese italiane: fu l’ultima sanguinosa offensiva di una guerra che il soldatino di Armungia, in un «Anno sull’Altipiano», definisce perentoriamente «un macello permanente». La notte fra il 23 e il 24 luglio Goffredo (lui si firmava con due effe, a dispetto dello scrivano castellanese) si leva in volo alle dieci di notte per bombardare un assembramento di soldati oltre il Piave. Tempo cattivo, ma era riuscito ugualmente a portare il velivolo sull’obiettivo. Verso mezzanotte è già sul suo campo d’atterraggio, ma improvvisamente i motori si spengono: si penserà a un guasto delle pompe che dai serbatoi portano la benzina ai motori. L’aereo è ormai a una quota così bassa che non si può più tentare di raggiungere il campo. Tenta un atterraggio d’emergenza, in un terreno «intensamente coltivato», come dirà il suo comandante. L’apparecchio va in pezzi.

I soccorsi accorrono prontamente, ma per Corso non c’è più nulla da fare: trasportato immediatamente al vicino ospedale di Battaglia muore dopo poche ore. I suoi compagni d’equipaggio si salvano: il tenente osservatore Verga se la cava con una frattura alla gamba, il pilota di sinistra e il mitragliere hanno danni anche minori. Corso viene sepolto il giorno dopo nel cimitero di Battaglia. Sarà proposto per la medaglia d’argento al valor militare. Il comandante della squadriglia manderà ai parenti i nastri delle corone di fiori e una scheggia dell’elica dell’aereo (un pronipote sassarese la conserva nella sua casa).

Giocando con le parole.
Un accenno che ho fatto la settimana scorsa all’hobby dei palindromi mi ha fruttato un mannello di lettere e di segnalazioni su questi e altri giochi di parole. Memorabile la scritta che si leggeva anni fa, mi è stato detto, nel palazzo che dall’angolo di via Mazzini s’affaccia su viale Umberto. C’erano gli studi di alcuni avvocati, tutti abbastanza conosciuti: Bassu, Frau, Manca, Passino. Sotto le relative targhe una mano giocherellona aggiunse: «Se manca frau pàssino da bassu». L’avvocato Luigi non gradì molto la retrocessione dell’accento.
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