La Nuova Sardegna

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Scotch sulla targa della moto, a giudizio giovane di Ottana

di Valeria Gianoglio

NUORO. È finito a processo per un pezzo di scotch sulla targa della moto. Un pezzo che il gergo giuridico ha tradotto con il reato di “occultamento di atto pubblico”, perché la targa, con quel nastro...

15 luglio 2012
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NUORO. È finito a processo per un pezzo di scotch sulla targa della moto. Un pezzo che il gergo giuridico ha tradotto con il reato di “occultamento di atto pubblico”, perché la targa, con quel nastro intorno, secondo l’accusa era illeggibile e lo metteva al riparo da multe per eccesso di velocità e sanzioni legate al codice della strada. Ma Giansanto Vaccarella, giovane disoccupato di Ottana, ha sempre negato di avercelo appiccicato, quel pezzo di scotch, sul retro dell’Honda 600 che gli aveva prestato un compaesano il 6 gennaio del 2007.

L’accusa, sostenuta dalle dichiarazioni dei carabinieri, lo ha comunque portato a giudizio, e il processo che lo riguarda è entrato in questi giorni nel vivo davanti al giudice monocratico Mariano Arca con l’audizione di alcuni testi dell’accusa e della difesa, rappresentata dall’avvocato Fabio Varone e dall’avvocato Enzo Denti. Era stata una scena ai confini della tragicommedia, quella che era avvenuta il giorno dell’Epifania del 2007 tra le strade di Ottana. Era cominciata con un incidente stradale, dove per fortuna non c’erano stati feriti gravi, ed era finita, sempre secondo l’accusa, con alcuni amici generosi che fanno sparire le prove del reato: ovvero lo scotch che nascondeva la targa della moto che era uscita fuori strada. «Quel giorno – racconta un teste in udienza, Paolo Pintore — mi avevano avvisato che Giansanto aveva avuto un incidente con la moto che gli avevo prestato». «La targa della moto era leggibile o era occultata?», gli chiede l’avvocato Varone. «Non era nascosta e non c’era scotch, io quella targa la leggevo» replica lui.

Della perfetta leggibilità della targa, poco dopo, raccontano anche altri compaesani di Vaccarella. Il pezzo di scotch contestato, insomma, sembra sparito nel nulla. Certo è che per la difesa, con l’avvocato Varone, al di là della presenza o meno del nastro adesivo, questo processo non sarebbe mai dovuto cominciare davanti al giudice penale, perché si tratta piuttosto di un illecito amministrativo che, nel caso, si sarebbe potuto risolvere sin dall’inizio con una sanzione.

Il legale, a sostegno della sua tesi, cita anche diverse sentenze della Cassazione. Nella prossima udienza, fissata per il 15 novembre, verrà sentito l’ultimo teste delle difesa. Poi la parola andrà alle parti in causa per la requisitoria e l’arringa che precedono la lettura della sentenza.

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