La Nuova Sardegna

Le cure? Business da mezzo miliardo

di Pier Giorgio Pinna
Le cure? Business da mezzo miliardo

Tanti sacrifici, sofferenze e precise strategie per i 15mila malati sardi. Ma il giro d’affari fa gola a molti spregiudicati

09 agosto 2012
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SASSARI. Cure e business. C'è un giro d'affari imponente, nell'isola, dietro le terapie per contrastare gli effetti da incubo dell'Alzheimer. In Sardegna tanti bravissimi professionisti s'affannano giorno dopo giorno nella lotta contro le demenze senili, il morbo di Parkinson, le forme più gravi di sclerosi e altre terribili malattie. Spesso affiancati da operatori sanitari validissimi, infermieri capaci e tenaci, colf e badanti instancabili. Ma tra le pieghe dell'assistenza, come mostra sotto diversi aspetti l'inchiesta sul lager degli orrori a Ittiri, si possono annidare comportamenti oscuri. Non tutti pensano prima di ogni cosa al dramma dei pazienti e dei loro familiari. E, al di là di quale sarà l'esito delle indagini avviate dalla Procura di Sassari, non è un mistero che ai margini di qualche struttura e di alcuni centri proliferino personaggi più attratti dalla sete di guadagno che dall'altruismo. Così, attorno all'esercito di degenti che s'ingrossa a vista d'occhio, ruota un mucchio di denaro. E molti non vogliono rinunciare a portarne a casa almeno un po', a volte in modo lecito, altre volte con metodi poco trasparenti, se non del tutto discutibili. Nessuna meraviglia: si calcola che nell'isola superi il mezzo miliardo all'anno il costo dei 15mila malati di Alzheimer. Con contributi pubblici che possono arrivare a coprire solo in parte le spese dei familiari e con ricadute economiche a cascata sulle realtà sanitarie dove si trovano i pazienti.

Qualche dato sulla diffusione dei servizi e sulla logistica dell'assistenza consente di capire meglio. Non tutti gli ammalati sardi di Alzheimer vengono seguiti in maniera identica. La gran parte è assistita a casa propria, direttamente dai medici di base, da specialisti in neurologia o geriatria. Con l'aiuto dei parenti che devono di frequente assumere uno o più collaboratori. Una minoranza di degenti è ospitata nelle residenze sanitarie "certificate" a livello ufficiale. Un altro numero piuttosto elevato fa capo a istituti privati per anziani, convenzionati o no con enti pubblici.

In questo quadro così differenziato, articolato e disomogeneo sulle famiglie dei pazienti ricade comunque un onere considerevole. Peso che, com'è facile comprendere, va al di là del dolore per le sofferenze e per le particolari condizioni nelle quali si trovano un padre, una madre o un fratello. Grazie ai contributi pubblici, quando sono possibili, si riesce a volte ad abbattere o almeno a contenere le spese. Ma risulta del tutto evidente come siano proprio i parenti stretti a doversi fare carico di ogni questione economica. Sia direttamente sia indirettamente. In un percorso dove tutti vorrebbero incontrare soltanto operatori solidali e partecipi, lontano da persone spregiudicate e ciniche, pronte ad approfittare della situazione per lucrare.

In una delle aree d'Italia più colpite dall'Alzheimer come la Sardegna, ha predisposto misure di contrasto soprattutto la Regione, coadiuvata dai Comuni. Il risultato della strategia è ben definito nelle linee-guida elaborate dalle diverse giunte che si sono avvicendate a Cagliari dal 2000 sino a oggi. Con le prime delibere di 12 anni fa si è data attuazione al progetto ministeriale Cronos, attraverso l'individuazione di 14 Unità valutative per l'Alzheimer. Si è poi istituito il Comitato tecnico-scientifico per il coordinamento di questo programma, concluso nel 2003. «Tre anni più tardi sono stati approvati gli indirizzi sulle residenze sanitarie assistenziali e sui centri diurni integrati con disposizioni particolari per i nuclei per pazienti Alzheimer presenti nelle strutture _ informano ancora alla Regione _ Successivamente, nel 2007, è stato dato il via alle direttive per la riqualificazione delle cure domiciliari integrate, rivolte principalmente a persone non autosufficienti o a rischio di non autosufficienza, spesso con patologie croniche o cronico-degenerative. Direttive in maniera prioritaria tese ad aiutare le persone affette da demenza e malattia di Alzheimer».

Dal maggio 2007 fino a oggi la Regione ha stanziato ogni anno 5 milioni, da suddividere tra le Asl, per il potenziamento dell’assistenza domiciliare integrata in percentuale al numero di anziani rispetto al totale degli over 65. «Circa il 90% delle persone che soffre di queste patologie viene infatti assistito nell’ambito familiare», ricordano ancora negli uffici dell'assessorato dell'amministrazione sarda. Nel 2010, infine, è stata istituita la commissione per l'Alzheimer e per altre malattie neurodegenerative, organismo che ha poi stabilito le linee guida sull'organizzazione delle Unità valutative e la loro distribuzione territoriale.

In ultima analisi, sul piano degli interventi, Regione e Comuni fanno il possibile. Ma spesso la riduzione delle spese, i tagli generalizzati, gli ostacoli all’attività d’importanti centri hanno impoverito i territori privandoli per troppo tempo di servizi fondamentali. Com’è successo, per esempio, nel settore delle cure palliative ai pazienti terminali o dell’assistenza psichiatrica. Se poi per alcuni degenti s’affacciano sulla scena persone che intendono guadagnare senza preoccuparsi troppo della salute altrui, come dimostrano le sentenze passate in giudicato nell’isola sui maltrattamenti in case di cure per anziani, è chiaro che tutto porterà a parlare più del business nascosto che della generosità e dei sacrifici di tantissimi operatori onesti.

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