La Nuova Sardegna

Un sindacalista «scala» il Ministero e rischia il collasso

di Giuseppe Centore
Un sindacalista «scala» il Ministero e rischia il collasso

La lunga giornata: depistaggi e bagni nella fontana di Trevi «Trattati da pezzenti, ora scelte di cervello non di stomaco»

01 settembre 2012
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INVIATO A ROMA. La giornata degli operai Alcoa a Roma è iniziata con un acuto depistaggio delle forze dell'ordine, è proseguita con un imprevisto bagno nella fontana di Trevi, ha vissuto autentici momenti di dramma con due “colonne” del sindacato che hanno rischiato la vita colte da malore e si è conclusa con una mesta partenza verso casa, dove oggi ci sarà una infuocata e difficile assemblea, per tutti, per i dirigenti sindacali reduci da Roma e per i lavoratori, chiamati a scelte impegnative e dolorose.

La visita in piazza Montecitorio, per ricordare alle istituzioni che la partita non si gioca solo sui tavoli tecnici ma politici, è stata l'elemento fuori programma della giornata romana. L'arrivo dei manifestanti ha mandato in tilt il sistema di protezione delle forze dell'ordine che avevano blindato il ministero dello sviluppo economico ma non avevano pensato a possibili diversivi. «E invece, a piccoli gruppi da diverse stazioni della metro, con il casco nelle buste di plastica per non farci riconoscere _ dice Andrea, cinquantenne iscritto Uil _ siamo arrivati dalle parti di Montecitorio». La salita verso via Marche è stata l'occasione per l'ennesimo fuoriprogramma, con il sistema di prevenzione di polizia e carabinieri che per evitare via del Tritone ha scelto Fontana di Trevi. Quale occasione migliore per emulare Anita Ekberg? E così sotto lo sguardo attonito dei tanti turisti, ancora ignari del temporale che di lì a poche ore si sarebbe abbattuto sulla capitale, alcuni delegati, compreso Franco Bardi, segretario della Cgil, si sono buttati vestiti nella Fontana, rischiando, se mai dovesse arrivare una salata multa. E poi via, di corsa verso il ministero.

Quella corsa e l'entusiasmo ha fatto salire come scoiattoli tre, quattro lavoratori in cima al grande portone in ferro dell'ingresso secondario del ministero. Tra di loro anche lo stesso Bardi. Purtroppo il sindacalista ha chiesto troppo al suo fisico: con un piccolo problema cardiaco e soprattutto sofferente di vertigini, salire in cima al portone e appendersi ai montanti a sei metri d'altezza è stato troppo. Bardi è praticamente svenuto e solo il coraggio e la incredibile forza dei suoi colleghi lo ha trattenuto, imprigionato da braccia e mani amiche, in attesa dei vigili del fuoco, che sono arrivati quando ormai i cinque in cima al portone davano tutti segni di pericoloso cedimento.

Bardi è stato imbragato con le corde dei vigili che poi con tra scale hanno fatto scendere i suoi colleghi prima di portarlo giù in sicurezza. L'ambulanza del 118, con medico e apparecchiature d'emergenza a bordo, ha probabilmente salvato la vita a Bardi, assistito con pressione al minimo e battiti alle stelle. Dopo due ore il sindacalista è uscito con le sue gambe dall'ambulanza, ma per tutta la sera ha accusato i sintomi del collasso che lo ha colpito. Anche Massimo Cara, delegato Cisl, si è sentito male, ma anche lui come Bardi ha rifiutato il ricovero. «Il mio posto è qui – ha detto – star male fa parte del gioco». Alcoa come Carbosulcis, con i delegati che rischiano la vita? Mario Crò, segretario della Uil territoriale e dei chimici regionale rifiuta con sdegno il confronto. «In quella vertenza c'è una eccessiva spettacolarizzazione, con gravi problemi nella sua gestione. Pur di apparire – ha detto Crò riferendosi alle notizie di Carbosulcis che davano gli operai ulteriormente esasperati – in miniera si sta perdendo il lume della ragione. Lì di politico c'è rimasto poco; i delegati di Alcoa invece stanno dimostrando un alto senso responsabilità anche nei menti più difficili».

Il malore di Bardi e le pesanti notizie che provenivano da Portovesme, con un lavoratore interinale con un contratto di un mese per sostituzione ferie che è salito su una torre, hanno portato sconforto e paura tra i lavoratori che hanno bivaccato di fronte al Mise. Il pomeriggio è trascorso nei bar, con i proprietari che hanno ricevuto ordine dalla polizia di non servire bevande alcoliche, con la testa rivolta ai piani alti del ministero, dove si svolgevano le riunioni. La prima, per gli ammortizzatori sociali ha visto definire un piano di cig di "bacino", ma non ha trovato per nulla entusiasti i lavoratori, colpiti anche dalla cadenza degli incontri: prima la cig, poi gli svizzeri e i cinesi, infine la Carbosulcis. «Veniamo per sentire dire dal governo che si fermano le procedure – ha detto un affranto e commosso Rino Barca, – e invece portiamo a casa la cig? Ci stanno trattando da sardagnoli, da pezzenti, e i nostri politici lo consentono. Guardateli _ dice rivolto ai suoi indicando il manipolo di politici presenti _ ecco i consiglieri regionali che offrono solidarietà, ma dove erano quando li abbiamo avvertiti che con le mozioni e gli ordini del giorno non si governano le crisi?». Alle 16 e 30 arriva l'invito del ministero. I segretari possono entrare.

La sconfitta, perché purtroppo di questo si tratta, adesso andrà sapientemente gestita.

«Non stiamo portando a casa niente, questa è la verità. Non c'è stato alcun posticipo della fermata». Bardi, (Cgil) sa che l'assemblea di oggi sarà difficile. Aver avuto la cig è una ben magra consolazione. «Ora faremo scelte intelligenti, non di stomaco ma di cervello».Quelle scelte che Rino Barca (Cisl) si aspettava arrivassero dalla Regione. «Mi ha chiamato Cappellacci per dirmi che non c'è alcun ritardo nello spegnimento. Il presidente mi ha agghiacciato, sembrava che mi stesse comunicando un'inezia di alcun valore. Il 5 ci riconvocano? E noi torneremo, ma non in 56 ma in 500, e speriamo allora di avere un movimento di popolo autentico alle spalle».

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