La Nuova Sardegna

Il Nord Sardegna si ferma il 26 ottobre

di Gianni Bazzoni
Il Nord Sardegna si ferma il 26 ottobre

Sassari, la denuncia dei sindacati: mancano all’appello 69mila occupati, i paesi si svuotano perché è ripartita l’emigrazione

22 settembre 2012
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SASSARI. Uscire dal ricatto della disperazione e lanciare una mobilitazione forte. Non basta scendere nei pozzi o salire sulle ciminiere se non si è in grado di unire le vertenze e giocare la “partita Sardegna” proponendo anche delle soluzioni. Il nord-ovest dell’Isola è pronto per lo sciopero generale provinciale di tutte le categorie che si terrà il 26 ottobre. Una fermata che vuole essere una «ripartenza» decisa – come ha detto nella relazione introduttiva Antonio Rudas, che ha parlato a nome di Cgil, Cisl e Uil – con una grande partecipazione di lavoratori e pensionati, da estendere a tutta la società civile, alle istituzioni, al mondo del volontariato e del sociale, a tutte le associazioni.

Sala conferenze del White & Green gremita, ieri mattina, per l’assemblea territoriale dei quadri e dei delegati, alla presenza dei segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, Enzo Costa, Mario Medde e Francesca Ticca.

Antonio Rudas ha parlato a braccio. Ha rivolto il pensiero al vecchio lavoratore che si commuove e guarda ai giovani, ai figli senza speranza, a una generazione esclusa, senza un futuro. Un dramma che non è solo nei numeri ma nei sentimenti, una povertà non solo economica ma anche di idee e di progetti. La provincia di Sassari è formata da 337mila persone – ha sottolineato Rudas – di cui solo 120mila occupate. Una statistica che non rende l’idea, basterebbe però fare il rapporto con il resto del Paese per scoprire «che avremmo dovuto avere 69mila posti di lavoro in più». Invece è un massacro, uno stillicidio quotidiano: crolla tutto nell’industria, in edilizia, nel commercio e nei servizi. Una guerra.

«Vertenza Sardegna», dice Rudas. Perché non si esce dalla crisi se non affrontando tutti i nodi del sistema: «Noi abbiamo il dovere di avanzare le proposte, per una soluzione che unifichi tutte le vertenze». Unità sindacale come valore aggiunto, come forza per reagire prima che sia troppo tardi. Il segretario generale della Cgil ricorda che la Sardegna è al primo posto in Italia per la tendenza all’invecchiamento della popolazione (3,38). E dei 66 comuni del territorio, 46 sono interessati da un processo inesorabile di declino demografico. Nel senso che la gente parte, emigra per cercare altrove opportunità occupazionali: «E’ la difformità di un modello di sviluppo che non funziona, squilibrato, che produce solo emergenze, crisi e disperazione».

Lo sciopero generale è contro la Regione e il governo, per dire basta a un atteggiamento che finora ha solo tolto senza mai dare niente, neppure una speranza a un territorio in agonia. Ma il sindacato lancia un monito anche ai politici locali «che hanno responsabilità e devono fare la loro parte. Altrimenti il prossimo sciopero sarà anche contro di loro».

Il documento conclusivo degli Stati generali del sindacato percorre tutte le vertenze aperte da E.On al Petrolchimico, dall’edilizia al terziario, il sistema delle infrastrutture, trasporti, comunicazione, istruzione, credito stato sociale. La risposta è lo sciopero generale, insieme all’esigenza di migliorare le relazioni con gli enti locali per un nuovo modello di governance consulting, perché quel tavolo di crisi – vecchio e superato – non basta più.

Il segretario regionale della Uil Francesca Ticca, tracciando le conclusioni dell’assemblea, ha detto: «Lo sciopero generale del 26 ottobre deve essere l’inizio di un nuovo cammino che ci dovrà portare a una grande manifestazione regionale di Cgil, Cisl e Uil. Avere il coraggio di proclamare lo sciopero sta a significare che il sindacato è vivo e non è disponibile a essere rinchiuso in un recinto».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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