La Nuova Sardegna

Bonnanaro, l’arte per combattere lo spopolamento

Bonnanaro, l’arte per combattere lo spopolamento

Gian Carlo Marchisio e la sua casa-museo: «Tutto il paese diventi dimora di cultura con le sue strade e le sue piazze»

08 ottobre 2012
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BONNANARO

Nell'atrio di una casa in pietra biancastra qua e là ravvivata da ciottoli ocra vi accoglie “La mamma del sole”. Una Sarda Mater, scultura composta da un masso più rossastro-fuoco che nero, trovato nelle cave vulcaniche di Torralba, steppa di Santu Antìne tra Logudoro e Mejlogu. È una Madre di pietra, matriarca prenuragica e mediterranea, severa e prosperosa, seno e grembo grandi così per ricevere e nutrire tanti bambini. Pesa 18 chili. È fatta di tante piccole celle, una per ogni discendente, di progenie in progenie, dalla notte dei tempi. I geologi la datano fra i 30 e i 15 milioni di anni, oligomiocene, quando l'uomo non era. La testa è un anello brunito. Pietra e ferro fusi in un pezzo d'arte. “È la furia spigionata da una terra antica, ricomposta con amore, in un caldo mantello che abbraccia e protegge i suoi figli”.

La leggenda vuole che anche tra Ozieri e Sassari esistesse una maga buona e cattiva, strega e bàlia, diabolica e mite. Quando il Sole era caldissimo dava fuoco facendo scorribande nelle campagne e allattava i neonati nei villaggi della Sardegna del Nord. A Bonnanaro – capitale della Cultura del bronzo antico – i più anziani hanno rievocato una figura tramandata da millenni (“Sa mama 'e su Sole”). E così hanno potuto vedere le opere esposte nella casa-atelier di Gian Carlo Marchisio, 67 anni, sassarese di nascita e di studi, insegnante a Cagliari e ora, pensione garantita, pendolare con Bonnanaro. Qui come a Bànari, il Sole «tramonta più tardi» e «tutto il giorno è illuminato da una luce che trasmette buon umore». In una personale inaugurata a metà settembre e ancora meta di tanti visitatori, non poteva mancare un riconoscimento ideale al sole e al fuoco, in «una galleria fuorischema» che esalta i fondamentali dell'universo, viaggiando tra la Grecia di Anassimene e Anassimandro, le eclissi solari di Talete, il giorno che diventa notte con Erodoto. L'arte nasce dall'animo, voce di dentro, dae sas intràgnas, sia essa per “alfabeti” o “pilastri”, acciai da maieutica che diventano scultura e linguaggio, epopea ritrovata con bronzetti post Christum Natum nell'era di Facebook e Twitter. Nel catalogo Alessandro Ponzelletti scrive: «Si rimane colpiti dalla dialettica che sottende le serie prodotte da Marchisio: un discorso di rimandi, ricco di echi e riflessioni fra Futuro e Passato lontanissimi fra loro, un'attesa per qualcosa di già avvenuto che va a formare come un movimento circolare di tempo e spazio attorno a queste opere, una sensazione esprimibile con il non-sense del titolo “Accadde domani”». Ai critici vanno lasciati i giudizi. Ma questa mostra ha avuto un effetto calamita straordinario, quasi da rinascita per un paese di meno di mille abitanti noto per le sue ciliegie lungo la Carlo Felice e destinato a diventare, come Bànari di Giuseppe Carta, come San Sperate di Pinuccio Sciola, come Ulassai di Maria Lai un paese-museo «perché proprio le Muse possono inventare un futuro per zone destinate allo spopolamento». Marchisio fa il Cicerone tra le pareti di una casa ex rudere cadente trasformata, in pochi. anni, in decoroso gioiello dell'arte contemporanea protetta dallo sguardo di Emù, pastore belga nero carbone. Dopo il successo del vernissage di settembre («tutti gli alberghi e gli agriturismo occupati») i riflettori si sposteranno dal 12 novembre sulla mostra “L'Isola di luce”, la Sardegna ritratta da Franco Meloni, allievo di Filippo Figari e Stanis Dessy, con nature morte, immagini rossoverdi di Porto Conte e della Costa nord occidentale. Dice Marchisio: «Voglio che Bonnanaro diventi una dimora di cultura, nelle sue strade e nelle sue piazze, lontano dalle consuetudini espositive, per una fruizione domestica e amichevole». Qualcuno ha ritegno nel varcare le stanze di una casa-atelier? «Esporremo le opere anche nelle vie, per avvicinare chiunque alla pittura, alla scultura, a ogni forma espressiva, per mettere insieme la normalità dell'uomo con l'eccezionalità esaltante dell'arte che deve essere per tutti non per le elites. Arte che deve rimbombare nei nostri paesi e deve essere amata nelle città. Siamo certi anche del sostegno dell'amministrazione comunale che a Bonnanaro vede in tal modo rifiorire una comunità che andava spegnendosi».

E dopo Meloni? «Io non sono un gallerista. Ma penso di proporre quattro mostre all'anno, una per ogni stagione. Ho solo bisogno di luoghi accessibili e accoglienti. In primavera ci sarà Antonio Mallus di Quartu reduce dall'esposizione detta Ecce Homo dove emerge lo studente desideroso, l'artista anarchico e il docente che ama la regola che corregge l'emozione». Nipote e figlio d'arte (del nonno si parla in basso, in questa pagina, il padre Leone sposa Tina Canu di Ploaghe), Gian Carlo – come i suoi cinque fratelli – nasce in via Roma a Sassari «di fronte alla casa di Mario Sironi». Elementari a San Giuseppe, l'Istituto d'arte in viale Mancini dove ha fra i maestri il genio di Mauro Manca e così si sviluppano giorno dopo giorno «le poetiche dell'informale». Nasce una scuola pittorica sardo-sassarese di prestigio. Servizio militare ad Ascoli. Negli anni '60 apre a Cagliari il Liceo artistico statale. Direttore è Ausonio Tanda che ha come insegnanti-top Primo Pantoli, Rosanna Rossi, Mirella Mibelli, Gaetano Brundu, Sciola. Da Sassari Tanda chiama Augusto Tedde e Gian Carlo Marchisio. L'artista sassarese insegna e disegna. E decolla subito, le mostre più acclamate a Sassari, Sorso, Ozieri e Cagliari.

Il legame col Sassarese resta fortissimo. E scatta il rapporto con Bonnanaro. Dove intricate vicende parentali fanno ritrovare a Marchisio (che intanto sposa l'insegnante sassarese Eliana Budroni) l'antica dimora un tempo del possidente Michele Ena (aveva avuto il cavalierato dalla Casa Reale) e poi passata ai Budroni. Casa abbandonata nel tempo e poi amata alla follia dalla coppia Gian Carlo-Eliana. Sono loro a liberarla dalle macerie, da grano polverizzato e dai guai del tempo. Gian Carlo è designer architetto e muratore. Viene alla luce anche una scultura, una testa rappresenterebbe uno dei Doria che indossa una sorta di cappello. «Mi sento baciato dalla fortuna con un pezzo almeno millenario. Ne faccio il mio logo. E battezzo la casa Govanor Art, pare che Bonnanaro si chiamasse Guannor, Unnanuàu nelle fonti medievali, forse anche bunnànuru, la querciola maggiore. Diventa casa-atelier del Logudoro o del Mejlogu, è unu logu, luogo di cultura senza spazio e senza tempo».

Cultura aperta al mondo. Lo scorso aprile “Le forme e i simboli delle maschere dell'Africa Centro Orientale” con l'esposizione della collezione privata di Salvatore Budroni in tandem con le cantine Argiolas di Serdiana che finanziano il progetto Iselis per un ospedale a Lutendele, Repubblica Democratica del Congo. La mostra di Marchisio c'è ancora. Ma sembra che la casa attenda «tanta arte sarda e del mondo».

Adesso troverete opere con tecnica mista di cartastraccia da pescivendolo con avanzi di vernice sgocciolata da un barattolo, acciai e trachiti, un personaggio del 1972 fatto in inox geometrizzato, un amore che altro non è che una pietra in trachite giallastra che vi riporta alla notte dei tempi. «Ma l'importante è che Bonnanaro lanci il messaggio di un'arte universale, che tutti possano godere e commentare, ogni uomo è in cuor suo un critico d'arte, anche con i suoi silenzi, anche con i suoi sguardi smarriti o penetranti».

Il paese offre altri tesori: Sa rocca de sa niera e il nuraghe Bega, necropoli e domus de janas, chiese e vallate di sogno. Qui era nato il gesuita Francesco Carboni (1746-1817) «il più grande latinista del Secolo». Per dire con Gian Carlo Marchisio che «Bonnanaro può tornare ai suoi fasti: nel nome dell'arte». Con quali soggetti? «La Sardegna dei vulcani, primavera 2014, per tornare ai fondamentali dell'universo: terra e fuoco».

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