La Nuova Sardegna

Carbosulcis, tensioni e stipendi a rischio

di Giuseppe Centore
Carbosulcis, tensioni e stipendi a rischio

Devastato l’ufficio del direttore della miniera. L’azienda ai sindacati: Regione e Governo bloccano 45 milioni di euro

11 dicembre 2012
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CAGLIARI. Sarà un Natale di passione quello che trascorreranno i minatori della Carbosulcis. Passione e paura per ciò che potrebbe portare la Befana: carbone sotto forma di casse vuote. Ieri pomeriggio in una lunga e a tratti tesa riunione tra i vertici della società, l’amministratore unico Luigi Zucca e il direttore generale Mario Porcu, e i sindacati interni e territoriali, è stato ribadito che da parte della Regione, dopo l’avvio della procedura di infrazione, non arriverà più un soldo. Stringere la cinghia, è stata la parola d’ordine, con tagli radicali anche alle voci aggiuntive del costo del lavoro, come gli straordinari, di fatto ridotti al minimo.

E a riprova che il clima, nonostante le buone intenzioni del management sia tutt’altro che sereno, lo dimostra il grave atto intimidatorio accaduto nell’ultimo fine settimana. Ignoti hanno devastato, dopo essere entrati, l’ufficio del direttore della miniera, Paolo Podda, distruggendo gli arredi e il computer di lavoro.

Podda nei giorni scorsi ha ricevuto l’indicazione dai vertici aziendali di sottoporre a stretto controllo gli straordinari, di fatto limitandoli se non annullandoli del tutto.

Dopo l’allarme ieri in miniera sono arrivati gli investigatori della Digos che hanno ascoltato diverse persone. Condanna del vile gesto, non nuovo in Carbosulcis, dove gli animi si surriscaldano con più facilità rispetto ad altre realtà del territorio, è stata espressa dall’amministratore unico della società, Luigi Zucca, che ha parlato di un fatto «deprecabile, mai giustificato e sicuramente isolato».

Zucca poi illustra dal suo punto di vista gli esiti dell’incontro con il sindacato. «Ho trovato molta condivisione dei problemi sul tappeto. Abbiamo comunicato al sindacato l’avvio delle due procedure di infrazione da parte della Ue e i problemi che queste decisioni possono comportare».

I problemi di cui parla Zucca vengono messi sul tavolo con la lettura di una nota regionale di fine ottobre con la quale l’azionista unico comunica di non poter più dare soldi all’azienda, pur dovuti per l’annualità in corso. Uno stop ammesso con prudenza dallo stesso Zucca che precisa che «sino a quando non si definirà il percorso aperto con la Ue, difficilmente Ministero e Regione erogheranno fondi».

Insieme sono circa 45 i milioni di euro che mancano in cassa. Ma nonostante questa “tempesta perfetta” Zucca non si mostra preoccupato. «Il 19 paghiamo stipendi e tredicesime, la miniera è in sicurezza, non abbiamo alcun problema con i fornitori, e i pochi che ci hanno chiesto pagamenti rapidi verranno accontentati. Tra cassa, i milioni che ci deve Enel e i crediti la situazione è sotto controllo; certo non mi nascondo l’incertezza per i mesi a venire, con la crisi di governo e le elezioni che consentiranno di poter avere interlocutori nel pieno dei poteri sono ad aprile».

Quella che Zucca chiama “incertezza” è vista come un baratro dal sindacato.

Per i delegati Cgil Sandro Mereu ed Elisabetta Fois, il silenzio dell’azionista, la Regione, è inaccettabile. «La giunta non può chiudere i rubinetti e basta, senza dire che farà; con il blocco dei finanziamenti abbiamo soldi al massimo sino a gennaio, e poi che faremo? L’Ue vuole che la miniera si regga sulle sue gambe, vada subito in pareggio. La Regione sta lavorando in questa direzione, che potrebbe salvarci da dover restituire parte dei 404 milioni richiesti o insegue chimere?». Anche Mario Crò, segretario Uil è preoccupato, e vede un management «ingessato, incapace di decidere senza indicazioni chiare dalla proprietà. Con il governo c’era la volontà di studiare un percorso che portava a poter vendere il carbone Sulcis anche fuori dall’isola, superando la legge che obbligava a bruciarlo in loco, ma per far questo dovevano garantire 600mila tonnellate l’anno, metà da conferire all’Enel e metà da vendere». Scenario lontano, secondo Nino D’Orso, segretario di categoria della Cisl, che ammette come il futuro della miniera (470 diretti più 350 dell’indotto), non possa essere affrontato in sede locale. «Daranno pure un milione di euro ai fornitori, ma quelli ne chiedono altri cinque; gli stipendi sono a pooto per due mesi, ma dopo che faranno? Abbiamo chiesto di conoscere i loro piani, visto che oggi al massimo si estraggono 220mila tonnellate l’anno, ben sotto qualsiasi soglia di redditività, ma il management è rimasto sul vago. A noi non interessa lo stoccaggio in sottosuolo della C02: quello è un progetto futuribile, tutto da costruire, ricco solo di parole. I fatti dicono che questa dirigenza non ha piani alternativi, al galleggiare giorno per giorno, non ha prospettive, non sa come anticipare le decisioni altrui. E tiene coperte le carte».

Al sindacato è stato comunicato un calendario fitto di incontri per questa settimana tra Roma e Cagliari. L’incertezza del quadro politico e la crisi di governo che riporterà l’esecutivo nella condizione di assumere decisioni strategiche solo ad aprile, sommata al blocco dei fondi possono portare all’agonia la Carbosulcis in poche settimane. Nonostante i proclami ottimistici.

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