La Nuova Sardegna

Guerra delle azioni, la faida di Tirrenia

di Umberto Aime

L’armatore Vincenzo Onorato è stato messo in minoranza dal Fondo Clessidra e da allora è tutto in mano agli avvocati

16 gennaio 2013
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CAGLIARI. Sei mesi di convivenza e la famiglia allargata Cin-Tirrenia è esplosa, per diventare un campo di battaglia, con molti avvocati incaricati d’incrociare le armi e sconfiggere l’avversario. La luna di miele fra i quattro soci è finita in fretta, molto prima del previsto: la famigliola si è spaccata a metà. Da una parte, solitario, è rimasto Vincenzo Onorato, l’armatore napoletano della Moby. Mesi fa è stato messo in minoranza dal Fondo Clessidra, presidente Claudio Sposito, alleatosi nel frattempo con i gregari del gruppo, le famiglie Izzo e Negri. Calcoli spicci, oggi dicono che il patron di «Mascalzone latino» è ancora inchiodato al suo vecchio 40 per cento, mentre il trio del momento è salito al 60. Ora il Fondo ha la maggioranza e forse anche in mente di far fuori l’opposizione, che però fa resistenza e scalcia.

Tutto è andato in scena fra strappi e controstrappi, dispetti, sgambetti e qualche sceneggiata. La contesa – raccontano le cronache economiche – da mesi è sul patto parasociale che prevede (non impone) la prossima fusione fra Cin-Tirrenia e Moby. Per Onorato, che ha fretta, il matrimonio va celebrato entro quest’anno, mentre Clessidra continua a prendere tempo e vuole rinviarlo almeno al 2014 e pure oltre. Sul ricco piatto delle azioni sono impegnati da settimane ben tre studi legali della penisola (Mariconda, Lombardi e Gattai) fra i quali da giorni è in corso un fitto epistolare. A guardare con molta attenzione l’evolversi della disfida sono Banca Imi e Unicredit. Sei mesi fa hanno finanziato l’acquisto di Tirrenia (380 milioni) da parte della «Compagnia Italiana di navigazione», o Cin che dir si voglia, e ora sono preoccupate per l’esagerata litigiosità interna alla cordata e anche la restituzione del prestito. Dallo scontro Onorato-Clessidra sembra essere rimasto fuori il core business Tirrenia , il trasporto merci e passeggeri. Finora non ci sono stati contraccolpi sulle navi, anche se il presidente e amministratore delegato Ettore Morace è impegnato in una difficile trattativa sul contratto aziendale. E siccome ai marittimi piace la rissa, i sindacati a loro volta si sono divisi: la Cgil è su un fronte a contestare, Cisl e Uil sono impegnate a difendere l’accordo sottoscritto con l’azienda. Ma la vera storia della Tirrenia privatizzata e in subbuglio ruota attorno solo a due personaggi: Vincenzo Onorato e Claudio Sposito. Che si sono amati nel 2006, è l’anno in cui il Fondo Clessidra è entrato in Moby per dare all’armatore un bel po’ di ossigeno finanziario, ma che da ottobre si detestano. Era inevitabile che finisse così, spiegano gli analisti, perché è impossibile mettere nella stessa stanza e per troppo tempo un lupo (anche se di mare, cioè Onorato) e chi è definito un’aquila reale della finanza, ovvero Sposito di scuola Fininvest, dov’è stato amministratore delegato fino al 2003. Sono tutti e due dei predatori, il lupo e l’aquila, ma hanno tempi e modi d’attacco diversi. Lo si è visto nell’affare Tirrenia, soprattutto dopo la firma del contratto d’acquisto. Se fosse stato per Onorato, la fusione fra le compagnie si sarebbe dovuta fare l’indomani. Poi quando ha capito che il mondo e i conti non giravano come avrebbe voluto, da sanguigno qual è, si è dimesso dal consiglio d’amministrazione di Cin e qualche mese più tardi ha provato a mettere gli avversari davanti al fatto compiuto. L’ha fatto con l’americanata, non concordata, del traghetto Tommy in doppia livrea (Moby e Tirrenia) attraccato a Civitavecchia. Onorato era convinto che prima o poi Cin quella nave l’avrebbe noleggiata proprio da lui, invece si sa com’è andata finire: Tirrenia ha preferito prendere in affitto una delle ex ammiraglie della Flotta sarda in disarmo. Risultato: da quel momento in poi i due hanno cominciato a darsele di santa ragione. Sposito che si è sentito provocato dal giochetto della livrea, si è dimesso dal consiglio di amministrazione della Moby, dove il Fondo tiene in linea di galleggiamento i bilanci, e subito dopo stretto, con Izzo e Negri, l’alleanza che nei fatti ha messo in minoranza Onorato. L’armatore però non si è perso d’animo: sulle rotte da e per la Sardegna farà concorrenza spietata a Tirrenia, ogni volta che può parla male di Cin e pare abbia provato a piazzare parte della sua quota anche in Sardegna, col 10 per cento delle azioni offerte al trasportatore Battista Nieddu. Voce oggi smentita dagli altri soci, che non vogliono certo aprire le porte agli estranei: come sono, stanno bene. Visto che il fatturato della Tirrenia è cresciuto e il primo bilancio è annunciato con un leggero utile. Ma la guerra è guerra è così i contendenti continuano ad accanirsi sulla polpa del rivale. Qualche giorno fa, un quotidiano ha scritto: la soluzione più logica e indolore sarebbe quella della spartizione, e cioè Moby di nuoto tutta a Onorato, Cin-Tirrenia in mano solo a Clessidra. Buona idea, ma chi lo dice al lupo e all’aquila di mollare l’unica preda? Le banche.

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