La Nuova Sardegna

Truffa a Banca Intesa, ventuno condanne

Cagliari, le pene più dure agli organizzatori del raggiro ai danni di persone in difficoltà economiche

14 marzo 2013
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CAGLIARI. Era facile, a volte facilissimo trovare persone in difficoltà economiche, alle prese con protesti, cartelle esattoriali o semplicemente disoccupate. Bastava agganciarle con la promessa di prestiti pronta cassa, da ottenere grazie a buste-paga o altre forme di garanzia fasulle. Poi, arrivati i soldi, solo una parte andava ai beneficiari: il resto, il grosso del bottino, se lo spartivano in due. I danni per Banca Intesa, che erogava i finanziamenti con le pratiche taroccate? Oltre un milione di euro. Un anno di indagini dei carabinieri del reparto operativo provinciale, partite nel 2006 da un esposto di Banca Intesa, il rinvio a giudizio di ventidue persone per truffa e ieri mattina la sentenza del tribunale: il direttore della filiale di via Pessina Bruno Manfredi, difeso dall’avvocato Roberto Nati, è stato assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di associazione a delinquere e per non aver commesso il fatto da quella di truffa. Era estraneo ai fatti e ha trascorso quattro anni d’inferno, il tempo del procedimento penale. Tutti condannati gli altri ventuno. Cancellata dai giudici - presidente Mauro Grandesso - l’imputazione di associazione a delinquere, è rimasta in piedi una sequenza interminabile di truffe. Le pene più pesanti sono state inflitte all’organizzatore Salvatore Josè Dessì e al suo braccio destro Fabrizio Cau: cinque anni e cinque mesi all’uno e quattro anni e otto mesi all’altro. Pene inferiori per gli altri, coinvolti solo in alcuni dei fatti contestati: un anno e dieci mesi per Marcello Cipriani, un anno e nove mesi per Carlo Congiu, Marco Melis, Massimiliano Pruna, Luigi Puddu, Luigi Mulas, Walter Vacca e Roberto Bollea. Ancora: un anno e mezzo ad Attilio Ambus, un anno di carcere ad Antonio Campagnola, Rina Casula, Alessio Cau, Barbara Pusceddu, Rita Ruggeri, Alessandra Sereno, Annalisa Spettu, Rita Spettu, Arianna Argiolas e Nicoletta Lecca. Tutti gli imputati dovranno risarcire Banca Intesa, rappresentata dagli avvocati Luigi Fiori Corones e Mariano Delogu. Per Dessì e Cau è stata disposta la provvisionale più alta: centomila euro. Il pm Giangiacomo Pilia aveva chiesto la condanna a quattro anni per Manfredi, sei e cinque anni le pene sollecitate per Dessì e Cau, tra i diciotto e i ventiquattro mesi per tutti gli altri, difesi dagli avvocati Gian Mario Fattacciu, Gianni Benevole, Herika Dessì, Federico Aresti, Alessandro Cao, Anna Maria Busia, Luigi Concas, Davide Meloni, Giovanni Giulio Pala, Sandro Grimaldi, Davide Mascia, Riccardo Floris e Patrizio Rovelli.

La truffa, stando alla ricostruzione processuale, è concentrata tra il 2005 e il 2006. Cau e Dessì rappresentano il motore dell’operazione, sono incaricati di trovare disoccupati e pregiudicati, parenti e altre persone disponibili a collaborare. Per loro confezionano i documenti falsi necessari a ottenere un prestito-finanziamento da Banca Intesa. Quando i soldi arrivano, vengono divisi in parti stabilite. La cosa va avanti per mesi, viene alla luce quando i funzionari della banca si accorgono che le richieste di prestiti registrano un’improvvisa impennata. Patrono le verifiche interne e saltano fuori documenti taroccati e pratiche di finanziamento mandate avanti senza che risultassero garanzie reali. Per l’accusa le richieste di finanziamento - che partivano da 15 mila per arrivare a 24 mila euro - vengono accolte con facilità perché il direttore della filiale di via Pessina, Bruno Manfredi, è consapevole del raggiro e collabora con Dessì e Cau. Ma il tribunale ha smontato questa parte del capo d’imputazione: Manfredi non ha avuto parte nella truffa, al contrario è una vittima perché l’istituto bancario, scoperta la storia, l’ha licenziato in tronco.

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