La Nuova Sardegna

Omicidio Dore, le verità del superteste

di Valeria Gianoglio
Omicidio Dore, le verità del superteste

Sassari, per oltre 10 ore il giovane ha raccontato ai giudici quel che sapeva sul presunto killer della donna e sul marito

19 marzo 2013
4 MINUTI DI LETTURA





di Valeria Gianoglio

SASSARI

Volti tirati, circondati da carabinieri e polizia, e con un intero paese, Gavoi, che li aspetta con il fiato sospeso, i cinque testimoni chiave varcano le porte del Tribunale dei minori alle 9.30. Ancora non lo possono sapere: ma quella che li attende, tra le stanze di un palazzo di giustizia sassarese sorvegliato come non mai, sarà probabilmente una delle giornate più lunghe della loro vita.

Dieci ore sotto torchio. Cinque ore e mezza sotto torchio, di mattina, davanti al gip del tribunale dei minori di Sassari, Stefania Palmas, e agli occhi del presunto killer di Dina Dore, Pierpaolo Contu. Altre quattro e mezza la sera, davanti al gip di Cagliari, Giorgio Altieri, e al presunto mandante dell’omicidio, Francesco Rocca, dentista gavoese e marito dell’uccisa, arrivato a Sassari in completo grigio con un furgone della polizia penitenziaria partito dal carcere di Buoncammino.

Il primo assaggio del processo. È l’esordio carico di tensione di un doppio incidente probatorio che, “congelando” le cinque testimonianze, ritenute chiave per l’intera inchiesta,anticipa il processo per l’omicidio della casalinga di Gavoi, Dina Dore, uccisa alle 18.30 del 26 marzo 2008 nel garage di casa, davanti alla figlioletta di appena sette mesi. Tutti e cinque i testimoni sentiti ieri nel corso del doppio incidente probatorio, sostanzialmente confermano quanto avevano già rivelato, nell’autunno scorso, alla squadra mobile di Nuoro e Cagliari: sospetti, confidenze, stranezze, che avevano raccolto negli ultimi mesi a Gavoi e che indicavano il coinvolgimento di Francesco Rocca e di Pierpaolo Contu nell’omicidio di Dina Dore.

Le conferme. Conferma tutto, il cognato di Dina e marito della sorella, Graziella Dore. Colui che per primo, alla fine dello scorso mese di ottobre, aveva ricevuto una lettera anonima che indicava i nomi delle persone coinvolte nell’omicidio. E poche settimane dopo quella lettera, il 21 novembre, era sempre stato lui a ricevere le confidenze di un amico, che gli aveva detto: «Mio figlio, qualche anno fa, ha saputo da Pierpaolo Contu che era stato lui a uccidere Dina Dore, su richiesta del marito di Dina Francesco Rocca». Tutto confermato dalle deposizioni delle due ex fidanzate di Contu e del superteste. La ex ragazza del superteste, in particolare, alla polizia il 22 novembre aveva rivelato che circa dieci giorni prima, la madre di Contu era andata a trovarla a casa, l’aveva abbracciata e le aveva detto «Devo dirti una cosa: Pierpaolo è coinvolto nell’omicidio di Dina e sembra che il tuo ragazzo lo abbia accompagnato al bivio di Ollolai».

Le incertezze del superteste. Le sue parole le conferma a grandi linee anche il superteste, il giovane gavoese al quale Contu, poche settimane dopo il delitto, avrebbe confessato di esserne l’autore. Ma forse, pressato dal fuoco di domande dei difensori di Contu (Gianluigi Mastio) e di Rocca (Mario Lai e Angelo Manconi) il superteste tradisce qualche incertezza e si contraddice, almeno su alcune circostanze. Anche se conferma nella sostanza le accuse e la ricostruzione dell’accusa.

«Sì – avrebbe detto al gip del tribunale dei minori e qualche ora dopo a quello di Cagliari – Contu quasi cinque anni fa mi aveva detto di essere stato lui a uccidere Dina Dore su mandato del marito di Dina, Francesco Rocca». Ma, aggiunge «tutt’ora non so bene se stesse scherzando». E soprattutto, a differenza di quanto affermato a novembre, il superteste non ricordava se Contu avesse accettato o meno i 250mila euro che Rocca gli avrebbe offerto per uccidere la moglie Dina.

«Volevo entrare nell’Esercito». Ma il suo racconto di ieri diverge rispetto a quello di novembre anche su qualche altra circostanza. A novembre, il superteste aveva raccontato alla polizia che Contu gli aveva confessato tutto all’interno di un’autofficina, ieri, invece, ha detto che la confessione era avvenuta all’aperto. Sempre ieri, davanti al gip Giorgio Altieri, ha raccontato anche che circa sette mesi dopo il delitto Dore: «avevo fatto domanda per entrare nell’Esercito e avevo chiesto a Francesco Rocca di darmi una mano. Ma lui non lo aveva fatto. Per questo mi ero allontanato da lui».

«Avete un paravento?». Quella di ieri per il giovane gavoese è stata una giornata durissima. Ha dovuto affrontare una prova difficile visto che ha dovuto ripetere il suo racconto davanti alle persone che ha chiamato in causa per l’omicidio: il suo giovane compaesano e amico, Pierpaolo Contu e il dentista Francesco Rocca. Nel pomeriggio, prima di entrare nell’aula dove c’era Rocca, aveva anche chiesto di parlare protetto da un paravento, ma il tribunale ne era sprovvisto.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
L’industria delle vacanze

Tassa di soggiorno, per l’isola un tesoretto da 25 milioni di euro

Le nostre iniziative