La Nuova Sardegna

Occupano la dogana in nome della zona franca

di Giuseppe Centore
Occupano la dogana in nome della zona franca

Tensione tra un centinaio di manifestanti e le forze dell’ordine La richiesta: «L’Agenzia deve applicare subito le norme della Regione»

26 marzo 2013
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CAGLIARI. Poco più di cento persone hanno occupato per alcune ore ieri la sede dell’Agenzia delle dogane all’ingresso del porto. Protestavano perché ritenevano gli uffici doganali di Cagliari in qualche modo complici con altri generici poteri della presunta mancata applicazione della zona franca in tutta l’isola, addebitando al suo direttore Marcello Demuro la responsabilità per non aver dato disposizioni in merito.

Alla fine solo l’arrivo del reparto mobile della polizia e del battaglione dei carabinieri ha consentito, non senza qualche momento di tensione, come si vede dalla foto qui a destra, lo sgombero dell’androne e la ripresa della regolare attività. I protagonisti della protesta facevano parte del neo-costituito “Comitato zona franca”, che sulla base degli atti annunciati dalla Regione chiede la zona franca (doganale? fiscale? Tutte e due o un loro mix? Non si sa) per tutta l’isola. Verso le undici di ieri mattina i manifestanti, con alcuni volti noti delle proteste di questi mesi, si sono presentati agli uffici della dogana con un grande striscione, “Sardegna zona franca” e dopo aver occupato l’androne e chiesto conto del direttore hanno chiarito che da lì non si sarebbero mossi. «Stiamo qui sino a quando non vedremo i fatti, come il prezzo della benzina scendere». Il gruppo, età media cinquant’anni, facce stanche di piccoli imprenditori che hanno perso tutto o quasi, pensionati esasperati pronti a vedere nemici ovunque, chiude in un angolo direttore e impiegati, e avvia una lunga trattativa, a tratti surreale. «Perché non applicate le norme regionali? Cappellacci è stato chiaro, se volete la zona franca si può dichiarare in 24 ore, manca solo la volontà; datevi da fare, siete sardi anche voi». Tra i contestatori, la stampa è vista con furiosa ostilità; impossibile strappare anche un solo nome, semmai la provenienza: «Vengo da Senorbì», dichiara una signora con una vistosa catena al collo intenta a preparare panini per quella che si sperava essere una lunga occupazione, «io da Quartucciu – ribatte una giovane volontaria – e siamo alla fame». La mattinata è trascorsa in una surreale discussione tra il paziente direttore dell’Agenzia e diversi manifestanti; purtroppo entrambi parlavano una lingua all’altro sconosciuta. Il direttore spiegava che in base alle leggi e ai regolamenti nazionali e comunitari una decisione su un qualsiasi regime fiscale e/o doganale diverso dall’attuale andrebbe comunque concordata in sede politica e istituzionale e che non spettava certo a lui interpretare le leggi e le note: «Io devo applicare le leggi dello Stato».

I manifestanti, secondo i quali le lettere che di recente dalla Regione sono partite verso Bruxelles evidentemente sono più che Vangelo, ripetevano che la zona franca poteva nascere anche subito: la mattinata è trascorsa con slogan e accuse di tradimento; impossibile dialogare. Tra i manifestanti anche Felice Pani, il cosiddetto “ministro degli esteri” della repubblica di Malu Entu, condannato in primo grado per occupazione di suolo pubblico e privato, che con diplomazia ha cercato di contenere i tanti esagitati presenti. Tra questi il 45enne commerciante di Marrubiu Luigi Zucca, salito agli onori della cronaca per aver bruciato le cartelle di Equitalia a Oristano, per aver denunciato Trenitalia e la stessa Regione e per non aver votato alle ultime politiche perché «appartenente al popolo della nazione sarda». Così Zucca ha cercato di resistere ai poliziotti che, entrando dalla porta posteriore, hanno con fermezza in pochi minuti fatto sloggiare tutti gli occupanti. «Siete italiani, non potete toccarmi. Faccio parte del popolo sardo, voi traditori, difendete i delinquenti», ha detto ai sardissimi agenti. È stato portato di peso fuori, con urla e insulti. All’uscita ha chiesto una ambulanza, poi arrivata, denunciando comunque presunti maltrattamenti dalla polizia.

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