La Nuova Sardegna

In arrivo il capo dei capi Totò Riina

di Pier Luigi Piredda
In arrivo il capo dei capi Totò Riina

Allarme bipartisan di Arlacchi (Pd) e Pili (Pdl) per l’imminente sbarco in Sardegna di qualche centinaio di mafiosi col 41bis

07 giugno 2013
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SASSARI. Totò Riina dovrebbe continuar a scontare la sua condanna senza fine in Sardegna. Con molta probabilità a Sassari, nel nuovo carcere di Bancali, che potrà ospitare 94 detenuti con il regime 41bis, la carcerazione più dura prevista dall’ordinamento penitenziario. Così avrebbero deciso il ministero della Giustizia e il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria). Una notizia nell’aria da tempo che è stata rilanciata con forza, in maniera bipartisan dal deputato del Pdl, Mauro Pili, che da tempo porta avanti una battaglia quasi solitaria per evitare che la Sardegna diventa la nuova Cayenna del Mediterraneo, e dal deputato europeo del Pd, il sociologo Pino Arlacchi, profondo conoscitore del fenomeno mafioso su cui ha scritto numerosi libri e saggi, presidente dell’Associazione per lo studio della criminalità organizzata, amico dei giudici Falcone e Borsellino, tra gli strateghi dell’antimafia negli Anni Novanta e consigliere del ministro degli Interni.

Dal Parlamento europeo, durante una trasmissione radiofonica insieme a Mauro Pili, il delegato dell’Onu per la lotta alla mafia ha “sparato ad alzo zero” contro il ministero della Giustizia e il Dap. «Trasferire Riina e i mafiosi nell’isola è una decisione dissennata, fatta da qualche burocrate del ministero che non si è reso conto a quale rischio sta esponendo la Sardegna. Occorre fermare immediatamente l’arrivo del boss e di metà di Cosa Nostra nell’isola e a Sassari. Bisogna opporsi con tutte le forze a una decisione inconcepibile che rischia di provocare un danno gravissimo alla Sardegna sia sul piano sociale, sia su quello economico e anche su quello dell’immagine. Un errore tecnico e politico inaudito. Anzichè sparpagliare i boss e i fiancheggiatori nelle carceri di tutta Italia per tenerli il più lontani possibile tra loro – ha continuato il sociologo, docente dell’Università di Sassari attualmente in distacco politico -, li stanno accorpando. Addirittura in due o tre carceri. L’accorpamento di tanti mafiosi – ha concluso Pino Arlacchi – potrebbe incidere fortemente in un tessuto sociale che ha sempre respinto tutti i tentativi di infiltrazione, ma che adesso è particolarmente provato dalla crisi e quindi con le difese immunitarie molto più carenti che in passato».

Le reazioni al probabile arrivo del “boss dei boss” e di qualche altro centinaio di mafiosi non si sono fatte attendere. «Uno sbarco che rappresenterebbe una gravissima ingiustizia nei confronti dell’isola e che deve essere scongiurata – ha scritto il presidente della Giunta regionale, Ugo Cappellacci, nella lettera al ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri –. La Sardegna non può subire un’azione che le metterebbe sopra il marchio indelebile di Cayenna d’Italia, già affibbiato in passato ad alcuni dei nostri angoli più incantevoli. Per questo occorre assolutamente evitare l’inquinamento sociale: chiediamo una radicale inversione di rotta. Auspichiamo un cambio immediato da parte dello Stato, che diventi finalmente portatore di una visione nuova e guardi con occhi diversi la nostra terra».

«L’allarme di un esperto autorevole come Pino Arlacchi, per l’imminente arrivo nel nuovo carcere di Bancali di boss mafiosi e camorristi, ci rammarica perché è l’ennesimo schiaffo che subiamo da Roma», queste la parole della presidente della Provincia di Sassari, Alessandra Giudici.

«Un fatto sconcertante – ha sostenuto il consigliere regionale sassarese del Partito Democratico, Valerio Meloni –. E non è solo un grave sgarbo alle istituzioni locali, ma anche un grossissimo rischio per un territorio che sinora è rimasto estraneo a qualsiasi tipo di infiltrazione mafiosa e non sentiva certo la necessità di un provvedimento così miope. Occorre reagire con forza e determinazione affinché il ministero della Giustizia riveda le proprie decisioni».

A scatenare la bufera è stato il deputato del Pdl Mauro Pili, da tempo in prima linea nel contrastare le decisioni del ministero e del Dap sui trasferimenti in Sardegna dei detenuti più pericoli d’Italia. «Questo è un ulteriore schiaffo alla Sardegna considerata sempre più una colonia dove tutto è consentito», ha sostenuto Pili, che oggi sarà a Sassari per visitare il carcere di Bancali in fase di apertura. E Pino Arlacchi ha ribadito che «l’isola non può essere trattata in questo modo e a Roma non possono pensare che i sardi strilleranno e poi si adatteranno. Ma dovrà essere immediatamente eretto un muro».

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