La Nuova Sardegna

Saviano: «La Costa Smeralda supermarket della droga»

di Costantino Cossu
Saviano: «La Costa Smeralda supermarket della droga»

L’autore di “Gomorra” analizza il ruolo di Graziano Mesina nel traffico della coca. «Lui era solo uno dei terminali, l’isola è per le cosche una piattaforma girevole»

12 giugno 2013
5 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. La droga muove il mondo. La cocaina, in particolare, muove il mondo. Il traffico di stupefacenti è il cuore di un’economia criminale che ha infiniti collegamenti con quella legale. Niente sfugge al meccanismo infernale. Nessuna parte del mondo globalizzato ne è esclusa. Quindi neppure la Sardegna. Roberto Saviano, che queste cose le dice e le scrive,capita nell’isola mentre centinaia di carabinieri sono impiegati per arrestare Graziano Mesina, accusato di essere il capo di una banda dedita soprattutto allo smercio della droga. Inevitabile sentire l’autore di “ZeroZeroZero” (Feltrinelli)per un giudizio su ciò che sta accadendo.

Graziano Mesina è stato un simbolo del vecchio banditismo sardo, legato in qualche modo ai valori della tradizionale società agropastorale sarda. Ora viene arrestato come capo di un'organizzazione che gestisce, secondo l'accusa, il traffico della droga nell’isola. Anche la Sardegna omologata all'orizzonte globale dell’economia criminale?

«La Sardegna è da sempre nello scacchiere delle mafie nazionali e internazionali. Da sempre è attraversata dal narcotraffico. Solo che oggi c’è un’operazione che fa notizia perché è coinvolto il furbissimo Grazianeddu, che sino a pochi giorni fa, ospite di un festival di storia, schermava le attività criminali di questi anni dietro la sua vicenda di bandito, insinuando la pittoresca interpretazione che, finita la miseria, in Sardegna non c’è più bisogno di fare sequestri. In questo modo mirava a giustificare il suo essere bandito come una scelta inevitabile negli anni di miseria. Detto questo, la Sardegna, essendo un’isola, è piena di porti e il trasporto marittimo è quello da sempre preferito dalle mafie, perché permette di spostare enormi quantità di droga – tonnellate e tonnellate – con un unico viaggio. Negli ultimi dieci anni la maggior parte (il 60%) della cocaina è stata intercettata in mare o nei porti».

La Sardegna come punto di passaggio dei traffici legati alla droga?

«Più che essere un punto di passaggio la Sardegna è una “piattaforma girevole” per la coca che va dal Sud America all’Europa; cosa che accade soprattutto d’estate, quando ci sono più imbarcazioni private che utilizzano i litorali sardi come punti d’appoggio. Ma la Sardegna è anche un punto di arrivo. Qui la coca si ferma e viene consumata. Ogni anno nell’isola arrivano tra i cinque e i seicento chili di cocaina e, secondo gli inquirenti, ci sarebbero (stima fatta per difetto) oltre diecimila consumatori. D’estate, con i turisti, i consumatori raddoppiano, per un giro d’affari di oltre duecento milioni di euro l’anno. I corrieri sbarcano a Cagliari, Sassari, Olbia, Alghero, moltissimi nell’arcipelago della Maddalena. La Costa Smeralda diventa un supermarket della coca. Quello che i sardi ancora non sanno è che stanno per diventare, se non lo sono già, una sorta di garage di stoccaggio della coca, perché la conformazione geografica della vostra regione permette di nascondere grandissime partite di droga: gli stazzi della Gallura e gli ovili della Barbagia sono zone di stoccaggio. Con i metodi usati un tempo per presidiare i sequestrati, si presidia la coca. Soltanto qualche giorno fa, per fare un esempio vicinissimo nel tempo, a Golfo Aranci, sulla banchina, all’arrivo del traghetto della Sardinia Ferries proveniente da Livorno, in una Volkswagen, nascosti sotto i sedili, sono stati scoperti cinque panetti di cocaina. Al volante c’era un cagliaritano che da anni vive a Civitavecchia: l’uomo è subito sembrato nervoso, ecco perché l’auto è stata sottoposta al controllo dei cani antidroga. Cinque panetti, quindi cinque chili, che una volta tagliati sarebbero diventati quindici, per un valore di oltre un milione di euro. La coca era destinata alla costa Smeralda: era il primo arrivo per questa estate».

Quanto incide il silenzio, anche in Sardegna, sulla crescita delle realtà criminali come quella che sembra emergere dalle indagini su Mesina e la sua banda? Non le sembra che sulla Sardegna ci sia come un cono d'ombra che tiene l'isola fuori dalla grande informazione nazionale?

«Il silenzio incide moltissimo nel rendere meno efficace l’opera di contrasto delle organizzazioni criminali. A dimostrazione del fatto che in Sardegna la coca è di casa, lo scorso ottobre a Olbia, in una casa di campagna in località Lu Mungoni, è stato scoperto un piccolo stabilimento che veniva usato per ricristallizzare la cocaina, cioè per portarla dallo stato liquido allo stato solido attraverso sostanze chimiche. C’era un gruppo di narcotrafficanti, attivi tra il Sud America, la Liguria e la Sardegna, che impregnava di cocaina liquida le tele dei quadri per il trasporto dal Sud America all’Italia, in modo da poter passare senza problemi i controlli doganali. Poi a Olbia la coca tornava allo stato solido nel laboratorio di Lu Mungoni e alla fine era spacciata principalmente nel mercato dell'isola. Il silenzio sulle vicende sarde ha avuto come effetto, in questi anni, l’assenza di un contrasto vero delle potenti organizzazioni criminali. Nel caso di Mesina, va sottolineato che le due organizzazioni che sono state scoperte e sgominate con l’operazione di questi giorni non sono le più pericolose. Mesina si è inserito nel traffico di stupefacenti sfruttando, per attivare legami con la ’ndrangheta, il suo carisma. Mesina non si è mai pentito, è riuscito – uso una parola del modo criminale – a “fottere” perché ha fatto il gioco del dissociato: non si è pentito, moralmente si è dissociato, è tornato alla vita “civile”, a fare affari senza dover denunciare nessuno. Ma continuava a essere un riferimento e quindi ha iniziato a ricevere coca da distribuire alle strutture territoriali per lo spaccio. Grazianeddu è diventato il mediatore. Il cono d’ombra cui lei fa riferimento esiste: ci vorrebbe una presa di coscienza e di responsabilità, che però non arriva».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative