La Nuova Sardegna

Sanna: «Turismo e sviluppo? Le regole sono uguali per tutti»

di Pier Giorgio Pinna
Sanna: «Turismo e sviluppo? Le regole sono uguali per tutti»

L’ex assessore all’Urbanistica: «I sardi all’estero rispettano le leggi, lo stesso deve valere per il Ppr» Niente scorciatoie. «La task force esterna alla Regione voluta per superare le resistenze interne»

04 settembre 2013
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SASSARI. Niente scorciatoie per cementificare le coste. No a un rapporto di sudditanza nei confronti di sceicchi, emiri, tycoon internazionali. Vigilanza sui campi da golf. E, in ogni caso, rispetto assoluto di tutte le norme a tutela dell'ambiente.

Non potrebbe essere più chiara la posizione di Gian Valerio Sanna, ex assessore regionale all'Urbanistica, padre del Piano paesaggistico all'epoca della giunta di centrosinistra guidata da Renato Soru (2004-2009). Oggi che si sente parlare di mille diversi escamotage per rilanciare il turismo, magari senza badare troppo a vincoli e divieti, l’esponente del Pd ripropone una ricetta semplice. Basata su un ponderato equilibrio tra crescita economica e difesa della natura. Ma fondata anche sull'esigenza di riformare tutto il riformabile sul piano della burocrazia per snellire le procedure e facilitare gli investimenti nell'isola.

Ma quale sviluppo presuppone lo sbarco sulle coste sarde di operatori come gli arabi?

«In un'economia globalizzata, che arrivino investitori arabi in Sardegna è fatto del tutto normale. Così come mi appare del tutto normale, per le società calcistiche italiane, essere acquistate da capitali stranieri».

E allora qual è il problema?

«Il punto è che mentre agli italiani all'estero è chiesto di rispettare le regole di quei Paesi, noi non pretendiamo che vengano osservate le nostre. E ci mostriamo spesso inclini a piegarle ad alcuni particolari interessi. Il che, in molti casi, mortifica persino la nostra competitività territoriale».

Come proteggere l'ambiente sui litorali?

«Le norme esistono già: sono quelle del Piano paesaggistico reginale. E dove non sarà la Regione a farsi carico del loro rispetto, bisognerà contare sul ruolo “concorrente” dello Stato e del ministero ai Beni culturali e paesaggistici».

Che impostazione pensa intenda dare la Giunta Cappellacci a casi come le ristrutturazioni degli stazzi in Costa Smeralda?

«Gli stazzi galluresi, a prescindere dalla volontà a senso unico fin qui manifestata dall’esecutivo regionale, sono individuati nel Ppr, agli articoli 48 e seguenti, come beni sui quali è possibile la sola manutenzione ordinaria e straordinaria. Per i corpi di fabbrica originari, poi, è espressamente prescritta la salvaguardia della loro integrità».

In concreto che significa?

«In questa logica la ristrutturazione degli stazzi, se tale resterà, non pregiudicherà la tutela prevista dalle norme. Ciò non equivale tuttavia a rendere possibili speculazioni, ampliamenti, scavi o altre cose di cui si è sentito parlare in queste settimane».

Ma in che modo si possono conciliare le norme vigenti con le nuove tendenze, in particolare con i progetti che arrivano dal Qatar?

«”Conciliare” è un termine sbagliato. Chi investe deve rispettare le regole esistenti: perché vengono prima le regole degli investimenti, e non gli investimenti prima delle regole».

Qual è il suo giudizio sul moltiplicarsi d'iniziative per nuovi campi da golf?

«Bisogna guardarsi intorno ed essere realisti. Io vedo il sistema finanziario mondiale in grave difficoltà e nel sistema golfistico non basta un singolo investitore per garantire che il circuito produca effetti economici rilevanti».

Quindi?

«Sicuramente il vecchio concetto di campi da golf ha sempre nascosto l'idea della speculazione con le doppie case ed è per questo che lo Stato e il Ministero dovranno sorvegliare una Regione in questa materia molto distratta».

Più in generale: quale tipo di prospettiva intravede per la salvaguardia del territorio dell’isola, considerata la posizione del centrodestra di rivedere il Piano paesaggistico?

«Una revisione del Ppr è auspicabile. Soprattutto per ridurre i livelli burocratici. Gli stessi che allungano le procedure facendo proliferare forme di libera interpretazione normativa spesso capaci di bloccare tutto. Si dovrebbe invece lasciare spazio ad automatiche applicazioni normative con una riduzione significativa dei luoghi delle decisioni».

E poi?

«Ormai la funzione culturale d’introdurre una mentalità meno incline alla devastazione sta producendo in Sardegna buoni frutti. Anche se non tutti hanno capito che il Ppr rappresenta per ogni Comune un tema da svolgere più che un insieme di vincoli per la provvisoria salvaguardia in attesa dei Piani urbanistici comunali».

Perché, a suo modo di vedere, è stato allora deciso d’ingaggiare una task force esterna alla Regione per le riforme al Ppr?

«Evidentemente la struttura operativa interna non si è dimostrata addomesticabile alle esigenze di chi governa. E dunque si è pensato così di aggirare diverse resistenze. Lo spiegano anche le ingiustificabili epurazioni di alcuni dirigenti non proprio in linea con il vertice».

Come coniugare le difese del territorio con la nuova legge sui demani civici?

«Questa normativa non muta il rapporto del territorio con le sue regole, paesaggistiche e non. Qualcuno ha voluto sollevare un polverone ma, come spesso capita, non ha approfondito il merito».

Quali misure sarebbero indispensabili per i centri storici delle maggiori città e per superare i forti ritardi nel via libera ai Puc?

«Serve, con urgenza, una semplificazione burocratica di sostanziale portata. Perciò, come centrosinistra, abbiamo proposto di adottare un'istruttoria tecnica unica con procedure contingentate, oltre che d’introdurre per specifiche fattispecie il concetto del silenzioso assenso. Ma abbiamo registrato l'indisponibilità della giunta e della maggioranza».

Sarebbero possibili altri interventi ancora?

«Servirebbe anche la nuova legge urbanistica. Ma per qualcuno è preferibile inseguire le scorciatoie normative anziché mettere in campo la fatica di un lavoro meticoloso, necessario e urgente per l'economia e il futuro della Sardegna».

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