La Nuova Sardegna

Nel 2006 il colpo grosso alla Over Security

di Valeria Gianoglio
Nel 2006 il colpo grosso alla Over Security

Un commando di sette uomini entrò negli uffici della società e svuotò il caveau. Solo uno fu arrestato

15 ottobre 2013
2 MINUTI DI LETTURA





NUORO. Stessa zona, un bottino milionario simile, stesse modalità. Il 23 maggio del 2006, a pochi metri in linea d’aria dalla rapina messa a segno ieri sera, un’altra ditta di vigilanza nuorese, la Over Security, era stata presa di mira dai banditi nel corso di un assalto che a lungo avrebbe messo sottosopra l’intero capoluogo barbaricino.

Sospetti, intercettazioni, decine di testimoni interrogati dalle forze dell’ordine, e indagini , solo a distanza di due anni avrebbero portato a un primo risultato: l’arresto del basista, Mosè Ledda, tradito da qualche spesa sospetta, secondo quanto ha stabilito nel dicembre del 2011 la Corte di cassazione che ha reso definitiva la sua condanna a otto anni .

Proprio in queste settimane, Ledda, è tornato in libertà. O meglio, grazie alla richiesta avanzata dai suoi avvocati, Angelo Magliocchetti e Gianni Sannio, ha ottenuto l’ affidamento in prova. Da un mesetto circa, infatti, ha trovato un’occupazione come impiegato in una rivendita di pezzi per auto. Dopo quasi cinque anni e mezzo passati in carcere, tra custodia cautelare e condanna definitiva, ha riacquistato dunque la libertà. Di quel commando di sette uomini d’oro, come qualcuno li aveva battezzati all’inizio, Ledda è stato l’unico ad aver pagato, individuato come il basista che aveva rivelato i segreti del caveau. I complici si sono volatilizzati. Eppure, aveva fatto notare la difesa di Ledda, anche nel processo d’appello, in teoria, «nella Over Security c’erano 70 potenziali basisti, dato che negli ultimi anni, nella stessa ditta tanti conoscevano o avevano accesso alle stesse informazioni di Ledda: tutti sapevano che il cassiere a una certa ora era solo, conoscevano i meccanismi interni e dov’erano i telecomandi». Quanto alle spese folli di Ledda, la difesa le aveva giustificate dicendo che quei 317mila euro sospetti erano semplicemente frutto di prestiti e di onesto lavoro. Di certo c’è che del commando nesssuno, finora, ha pagato.

Tutti spariti, insieme a buona parte di quei tre milioni e mezzo di euro rapinati all’istituto di vigilanza di via Einstein.

In Primo Piano
L’intervista

Giuseppe Mascia: «Cultura e dialogo con la città, riscriviamo il ruolo di Sassari»

di Giovanni Bua
Le nostre iniziative