La Nuova Sardegna

Sprechi Carbosulcis, mai usati macchinari pagati 17 milioni

di Giuseppe Centore
Sprechi Carbosulcis, mai usati macchinari pagati 17 milioni

Nuova inchiesta della Corte dei Conti, 16 persone segnalate La polizia tributaria della Finanza ipotizza un danno erariale

16 novembre 2013
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CAGLIARI. La giustizia contabile sembra più lenta di quella penale, qualche volta viene vista come incidentale rispetto alle altre, ma quando arriva fa male, molto male, soprattutto perché contesta il danno erariale e pretende, nel caso di colpevolezza, in qualche modo il recupero dei soldi non correttamente usati. E così amministratori, dirigenti e funzionari della Carbosulcis, società interamente controllata dalla Regione, nei cui confronti lo scorso luglio la Procura aveva chiuso l’inchiesta per una serie di reati legati alle attività della miniera, contestando soprattutto il peculato e l’abuso d’ufficio riceveranno nei prossimi giorni la contestazione di danno erariale dalla Procura regionale della Corte dei conti, che ha appena ridevuto un voluminoso dossier dai finanzieri del comando provinciale di Cagliari: l’accusa è di aver sperperato 17 milioni di denaro pubblico in acquisti nella gestione della Carbosulcis. I militari hanno individuato non solo dodici responsabili tra i tredici indagati, ma hanno esteso gli accertamenti anche ad altri amministratori non coinvolti nell’inchiesta penale. Per loro la colpa sta nell’aver continuato lo spreco (in questo caso il non utilizzo) di macchine costosissime, senza magari aver avviato le procedure per la loro alienazione.

Il danno erariale riguarda l’acquisto di un impianto di flottazione, (valore 5,7 milioni di euro), di una sonda idraulica (657mila), di un impianto di pompaggio, di un impianto esterno per il trasferimento in sottosuolo di rifiuti speciali e di un minatore continuo (2,5 milioni), che sommati ad altre voci hanno portato il totale delle spese contestate a 17,5 milioni. Molto meno del totale delle spese invece contestate dalla Procura del tribunale che arrivavano a 43 milioni di euro. In un caso e nell’altro si tratta comunque di attrezzature, secondo gli inquirenti, che non erano funzionali all’attività estrattiva e, per questo, non erano mai entrati nel ciclo produttivo. I componenti del cda e del collegio sindacale, il dirigente e funzionari della Carbosulcis che all’epoca dei fatti (dal 2006 a tutto quest’anno, pur con compiti, ruoli e responsabilità diverse) avevano disposto l’acquisto dei macchinari sono stati segnalati dagli investigatori del nucleo di polizia tributaria alla procura regionale della Corte dei conti proprio per danno erariale.

Le fiamme gialle hanno indagato, su disposizione della Procura, sugli ultimi sette anni di attività della società mineraria sulcitana. Tra gli indagati anche in questa inchiesta, l'ex direttore generale dal 2003 al 2009 Giuseppe Deriu, l'allora presidente del consiglio di amministrazione Andreano Madeddu, in carica dal 2006 al 2009, gli ex consiglieri Paolo Luigi Dessì, Antonio Vargiu, Ettore Diana e Adolfo Lai, il responsabile del reparto materiali Mauro Cicilloni e del responsabile dell'ufficio Finanza Giancarlo Crò, e gli amministratori Nicola Cau, Mauro Cera e Giovanni Antonio Melis, a cui si aggiungono l’ex presidente Sergio Matzuzzi, i consiglieri Mirando Basciu e Paolo Lampis e l’attuale direttore generale Mario Porcu, oltre ai rappresentanti del collegio sindacale; in questa veste ricade anche l’attuale amministratore unico Sergio Zucca. Alcuni reati contabili sono a rischio di prescrizione, altri invece dovrebbero rimanere in piedi e consentire lo svolgimento di un processo che necessariamente si intreccia con quello penale.

Per la Carbosulcis è questa l’ultima tegola di una serie di disavventure che riguardano anche i fondi pubblici ricevuti negli ultimi otto anni, oltre 400 milioni di euro ritenuti dalla Commissione Europea aiuti di Stato. L’alternativa, come hanno ribadito i funzionari di Bruxelles in un incontro riservato che si è tenuto cinque giorni fa, è l’immediato avvio di un piano di chiusura, pagato con i fondi regionali, e da completarsi entro il 2018. Un piano ambizioso che rischia di tenere senza alcun paracadute oltre 180 lavoratori.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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