Le risate amare di “Blue Jasmine”
di Gianni Olla
Nel nuovo film di Woody Allen una storia di donne, imbrogli e finanza
13 dicembre 2013
2 MINUTI DI LETTURA
Per il suo ennesimo ritorno negli Usa Woody Allen ha scelto San Francisco, la più europea tra le metropoli americane. Lo afferma la protagonista di “Blue Jasmine” (Cate Blanchet), donna di mezza età, piacente, nevrotica, dedita ai “vodka martini”, che, pur senza un soldo, viaggia in prima classe. Andrà a vivere con la sorellastra Ginger (Sally Hawkins), commessa in un emporio: donna allegra, sorridente, prossima moglie di un operaio. Jasmine, invece, proviene dal mondo dorato dell’alta finanza newyorchese. Ma la sua fortuna è stata di breve durata; Hal (Alec Baldwin), il marito, che raccoglieva soldi da investire con apparente facilità, ha chiuso la sua carriera con una tragica bancarotta. Depressa e senza un soldo, la moglie è stata costretta a chiedere ospitalità a Ginger, disprezzata per il suo “status” proletario e anch’essa rovinata finanziariamente dagli imbrogli di Hal.
Nell’esordio del film pare di leggere la parafrasi di diversi film di Allen. Ma, pian piano, anche lasciando da parte l’attualità del “casus belli” che dà inizio al racconto – ovvero la finanza criminale che domina il mondo – emerge la figura di Jasmine. Caso clinico quasi esemplare, il personaggio riassume, fino alla terribile rivelazione finale l’intera gamma dei caratteri femminili tratteggiati da Allen nella sua quarantennale carriera. Ed è quasi superfluo far notare che un film simile non sarebbe stato possibile senza la Blanchet, la cui recitazione esplode in monologhi irreali per poi rinchiudersi nei silenzi e nei balbettamenti.
Influenzato da Tennessee Williams, il film di Allen conferma, però, l’anima cecoviana del suo autore. In fondo, “Blue Jasmine” è un vera commedia: si ride, soprattutto per la facilità con cui la protagonista s’inventa nuove vite, ma finendo per essere coinvolti, sequenza dopo sequenza, nella tragedia di una donna distaccata dal mondo reale.
