La Nuova Sardegna

Partito da Cagliari il cargo che imbarca le armi chimiche

di Piero Mannironi
Partito da Cagliari il cargo che imbarca le armi chimiche

Sempre più probabile l’arrivo nell’isola dell’arsenale siriano, Cappellacci: è scandaloso utilizzare lo scalo del capoluogo

12 gennaio 2014
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SASSARI. Apparentemente solo una curiosa coincidenza. Niente di più di un dettaglio. Eppure, se aggiunta a una lunga serie di altri indizi, questa coincidenza diventa un tassello importante nella definizione del quadro nebuloso dello smaltimento dell’arsenale chimico di Damasco. Acquista cioè un diverso peso specifico e contribuisce a cementare l’ipotesi che i veleni di Assad potrebbero fare tappa in Sardegna. E il dettaglio è questo: una delle due navi cargo che trasporteranno le armi siriane, la Ark Futura, è partita per la Siria da Cagliari.

La nave, che batte bandiera danese, è stata presa in affitto dal gruppo Grendi nel gennaio del 2012, e garantisce quattro collegamenti settimanali tra Cagliari e Vado Ligure. Appartiene alla categoria Ro/Ro cargo, cioè a quelle imbarcazioni progettate per trasportare carichi su ruote (come automobil e autocarri) oppure vagoni ferroviari. I traghetti Ro/Ro, a differenza delle navi mercantili standard che usano una gru per imbarcare o sbarcare un carico, sono infatti dotati di portelloni e di scivoli che consentono alle vetture di salire (roll on) e scendere (roll off) dall'imbarcazione quando è in porto.

Dunque, la Ark Futura è di casa nel porto canale di Cagliari e ha un’ovvia familiarità con le rotte da e per la Sardegna. Guarda caso, è proprio il cargo che deve trasportare le armi chimiche in un porto italiano. Una destinazione sulla quale il Governo continua a mantenere il segreto.

L’altra nave, la norvegese Taiko, dal porto siriano di Latakia, farà invece rotta direttamente per l’Inghilterra.

In questa complicata operazione di smaltimento dei veleni siriani la Sardegna sembra dunque destinata ad avere un ruolo di primo piano. Ne è sempre più convinto anche il governatore Ugo Cappellacci che, proprio ieri a Nuoro, è stato molto esplicito: «Sono molto preoccupato. Le notizie che noi abbiamo dicono che Cagliari è un possibile porto di destinazione delle armi chimiche per il trasbordo sulle navi americane».

Nel piano definito dall’Opac (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) di concerto con l’Onu, gli Stati Uniti e la Russia, si stanno intanto manifestando imprevisti e incertezze sui tempi. Nessuno può infatti dire oggi quanto tempo l’arsenale di Assad dovrà restare in Italia e, quasi sicuramente in Sardegna (a Cagliari o a Santo Stefano), prima di essere caricato sulla nave americana Cape Ray, che dovrà compiere poi in acque internazionali la rischiosa operazione di inertizzazione dei veleni chimici.

Le due ipotesi più probabili sono dunque Santo Stefano, con il suo gigantesco deposito sottoroccia e Cagliari. Da qui, infatti, le armi potrebbero essere portare via terra nel vicino poligono di Teulada in attesa dell’arrivo della nave americana Cape Ray.

Altro elemento nuovo di questi giorni: non c’è più certezza sulla reale dimensione dell’arsenale siriano. In un primo momento si era parlato di 500 tonnellate di armi chimiche. Poi, si è saliti a 750. E, secondo alcune indiscrezioni che stranamente non trovano smentite, si potrebbe arrivare perfino a 1.300 tonnellate.

La speranza che si arrivi a un momento di chiarezza è legata all’arrivo a Roma il 16 gennaio del direttore generale dell'Opac, Ahmet Uzumcu. È previsto un suo incontro con il ministro degli Esteri Emma Bonino e una visita in Parlamento per spiegare, davanti alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, le operazioni di smaltimento delle armi chimiche siriane, in particolare le fasi che riguardano il trasbordo degli agenti chimici da un cargo danese o norvegese alla nave Usa Cape Ray.

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