La Nuova Sardegna

«Ho pagato l’inesperienza, ora cambieremo l’isola»

di Alfredo Franchini
«Ho pagato l’inesperienza, ora cambieremo l’isola»

Il presidente uscente: «Non ho mai litigato con Berlusconi ma con i suoi ministri sì Zona franca? All’inizio non ero convinto, adesso so quali vantaggi ci può portare»

13 febbraio 2014
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CAGLIARI. Per Ugo Cappellacci gli orologi sono tornati indietro a cinque anni fa quando Berlusconi, in una convention a Cagliari, ne ufficializzò la candidatura. Poi dicono - ma Cappellacci nega - che i rapporti si fossero interrotti sino a questa campagna elettorale quando Berlusconi è intervenuto ancora a sostegno del presidente uscente (e oggi chiuderanno insieme ad Arborea). «Non c’è mai stata una separazione», spiega Cappellacci, «ho avuto motivo di dolermi e assumere posizioni forti nei confronti dei alcuni ministri, quelli leghisti, i quali mettevano in dubbio i diritti della Sardegna».

Perché si autosospese dal Pdl?

«Protestai nei confronti del partito perché non mi sentivo tutelato. Pochi mesi dopo Berlusconi ebbe gli stessi problemi con i ministri Calderoli e Tremonti. Vuol dire che c’era sintonia anche nel disaccordo con alcuni esponenti del governo».

C’è chi sostiene che stavolta Berlusconi, tra gaffe e barzellette, potrebbe non portarle tanti voti.

«Non condivido affatto questa tesi. Berlusconi è il leader dei moderati italiani che ha sofferto per i tentativi fatti per disarcionarlo. Al contrario, per me avere il sostegno del leader dei moderati italiani è molto importante».

In questi cinque anni, il rapporto con lo Stato ha raggiunto il punto più basso. E’ colpa dello Stato o se potesse tornare indietro cambierebbe la sua strategia?

«Il rapporto con lo Stato è difficile da oltre sessant’anni. Del resto se abbiamo un indice di infrastrutture che è il più basso d’Italia e se abbiamo problemi seri nei trasporti è perché le cose non sono mai andate bene».

Eppure sono stati avviati decine di confronti, sono stati aperti mille tavoli.

«Mettiamo in chiaro una cosa: quei tavoli politici non sono stati capaci di portare risultati. Il rapporto con lo Stato è difficile da sempre e noi in questi cinque anni ci siamo ribellati in modo drastico contro la disattenzione da Stato patrigno».

La crisi economica ha un impatto devastante soprattutto sui giovani. La crisi è anche sociale. Cosa pensa di fare?

«Noi stiamo lavorando a una modifica del modello economico per avere sviluppo e lavoro. La Sardegna vive una crisi che è condivisa da tutta l’Europa. Certo per noi è più pesante perché la nostra condizione risente dei nodi strutturali critici su cui stiamo lavorando»,

In quali settori?

«Mi riferisco all’energia dove la green economy è l’unica alternativa valida per sostenere un modello di sviluppo al passo coi tempi; al concetto di brand come qualità della vita per valorizzare il nostro patrimonio ambientale paesaggistico e storico. E poi i trasporti e il credito, che ha in Sardegna un sistema di tassi tra i più alti d’Italia».

Sul credito, lei aveva dichiarato guerra al Banco di Sardegna; poi la battaglia si è fermata?

«Non si fermata affatto, anzi. Certo nel frattempo abbiamo adottato misure per poter consentire l’accesso al credito di carattere straordinario. Abbiamo creato nella Sfirs il Fondo di garanzia più grande d’Europa, con 250 milioni di euro e anche il Fondo di microcredito più grande d’Italia».

Ma col sistema bancario tradizionale ci sono pochi margini di manovra?

«Abbiamo protestato contro quel sistema e resto contrario allo spostamento del baricentro del Banco di Sardegna verso l’Emilia».

Sulla vicenda zona franca integrale l’accusano di averne fatto un cavallo di battaglia per calcolo elettorale. Come risponde?

«Non è vero che sia un cavallo di battaglia elettorale o meglio lo è nella misura in cui sono convinto che la zona franca sia uno strumento molto efficace per dare un vantaggio competitivo alla Sardegna. E’ un’opzione straordinaria. Sa che ho faticato anch’io a convicermi»?

Sta dicendo che lei non era convinto della zona franca?

«All’inizio ero abbastanza critico con i Movimenti, poi da un anno e mezzo, quindi in tempi non sospetti, ho capito i vantaggi che può trarre la Sardegna e allora sì ne abbiamo fatto un cavallo di battaglia».

E’ vero che Camera e Senato hanno scritto una lettera per dire che, mancando la relazione tecnica, la legge sulla zona franca non potrà essere inserita nemmeno all’Ordine del giorno?

«Per questo bisognerebbe chiedere al Consiglio regionale se hanno prodotto o meno la relazione tecnica. Non era di competenza del sottoscritto. Tengo a precisare che noi abbiamo ben chiari i meccanismi che rendono la zona franca sostenibile. Poi la trasmissione di quegli atti spettava al Consiglio».

Due riforme ineluttabili per il prossimo governo: ridurre la spesa degli enti ed eliminare un bel po’ di burocrazia. Come si può fare?

«Sulla spesa abbiamo presentato alcune riforme, sia pure in zona Cesarini. Quella più significativa riguarda gli enti agricoli: si parte da una valutazione di inadeguatezza del sistema e si va verso l’accorpamento. Sulla burocrazia, è vero che i tempi di rilascio delle pratiche non sono compatibili con quelli delle imprese. E’ necessaria la riforma degli assessorati, diminuendone il numero, ma creandone uno dedicato alla semplificazione burocratica».

Si parla sempre di poteri forti. Quali sono?

«Ci sono dinamiche di mercato nelle quali incidono i poteri forti di carattere economico. La vicenda del trasporto marittimo è la dimostrazione: chi ha controllato il mercato è pronto a fare cartello e falsare le regole per portare vantaggio al proprio conto economico ai danni del sistema Sardegna».

Stesso discorso per la continuità aerea che è peggiorata.

«I dati dicono cose diverse: da due mesi e mezzo, da quando abbiamo la nuova continuità territoriale, ci sono stati 500 voli in più e un aumento del 9% di passeggeri. La continuità per i soli residenti è roba da riserva indiana, noi abbiamo bisogno che in Sardegna arrivino sempre più persone».

Con l’elezione diretta del presidente, i rapporti giunta Consiglio sono entrati in crisi prima con Soru e poi con lei. Occorre riequilibrare i poteri?

«No, è necessaria una presa di coscienza del sistema di elezione diretta. In troppi risentono del vecchio schema nel quale era il Consiglio a dare la fiducia al presidente».

La legge elettorale con cui voteremo domenica è un porcellum in chiave sarda. Con una maggioranza risicata si favoriscono le grandi intese. Lei con chi farebbe eventuali accordi?

«Sono contrario ad accordi finalizzati ad assicurare stabilità di governo. Sono favorevole a battaglie bipartisan su temi alti che riguardino l’intera Sardegna».

Il rapporto con i partiti alleati, in particolare il Psd’Az, non è stato per niente facile. Pensa che le cose cambierebbero ora?

«Sì, ho pagato il prezzo dell’inesperienza, venivo dalla società civile. Oggi ho il vantaggio dell’esperienza fatta».

In queste elezioni si preannuncia un grande astensionismo. Cosa dice a coloro che non andranno a votare?

«Vorrei fare un appello agli indecisi: scegliete di orientarvi e date un voto di proposta e non di protesta che non sposta la situazione della Sardegna anzi la porterebbe nelle sabbie mobili».

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