La Nuova Sardegna

Il Cavaliere tira la volata a Cappellacci

di Umberto Aime
Il Cavaliere tira la volata a Cappellacci

Comizio di Berlusconi ad Ala Birdi, il governatore uscente gli dona la maschera del componidori: «È un semidio»

15 febbraio 2014
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ORISTANO. La controfigura di Berlusconi stavolta è rimasta sulla terra ferma. Il Cavaliere stanco, raffazzonato, assopito, irriverente con la gag sul «Signor M» di due settimane fa, a Cagliari, all’Ala Birdi non si è visto. Per l’ultim’ora della campagna elettorale di Ugo Cappellacci, Silvio Berlusconi ha indossato i vecchi panni di Forza Italia, quelli del leader, ed è andato molto meglio. Addirittura è impietoso il confronto fra la performance (si fa per dire) della Fiera e la «lezione di democrazia», parole sue, dell’Horse Country. Lì era sotto la sufficienza, qui è stato sui livelli di quando è a suo agio, sempre, nel salotto di Porta a Porta o fa il duro con Santoro. Tant’è che i duemila fan scatenati in sala hanno riso poco, pochissimo anche a denti stretti, e applaudito molto: trenta volte in un’ora e venti minuti di discorso. Fino all’apoteosi quando Berlusconi ha indossato di getto la maschera bianca de Su componidori della Sartiglia. Gli era stata appena regalata da Cappellacci, con questo augurio fin troppo carico: «Questo è il dono della Sardegna a un invincibile semidio». In quel momento il tetto del capannone ha rischiato di venir giù, e anche la Rete è andata in tilt con l’istantanea del «Cavaliere mascherato». È allora che il ricandidato governatore ha detto ai vicini di bancata: «Silvio stavolta è stato perfetto». Senza dare altre pagelle, di sicuro all’Ala Birdi il Cavaliere ha tirato la volata e non si è piantato sui pedali.

Il comizio. A differenza di Cagliari, dove s’era infilato in un polpettone sui «missionari della libertà» e le «sentinelle della democrazia», ieri Berlusconi ha parlato molto di Sardegna. «Sono un isolano onorario», è stato l’esordio di un discorso a metà fra il popolare allegro e l’economico spinto. Ha parlato di turismo: «È il vostro futuro, ma per non far scappare la gente non votate chi anni fa stava con l’inventore della tassa sul lusso». Ha parlato di trasporti: «Una sola tariffa per la continuità territoriale aerea è davvero miracolosa e non può che farvi bene». Ha fatto i complimenti all’amico Ugo, per aver abbassato le tasse: «Il taglio dell’Irap è una meraviglia e se poi Cappellacci vi ha detto che vuole azzerarla, perché non dobbiamo votarlo in massa?». Ha accennato alla zona franca: «È una grande opportunità che, nel bel mezzo della crisi, farà arrivare soldi freschi e la Sardegna risorgerà». Per una buona mezz’ora, Berlusconi ha parlato dunque solo di Sardegna e si è capito bene che questa volta il dossier giusto l’ aveva letto in anticipo e sul palco la memoria non l’ha tradito. Neanche nell’azzeccare gli accenti o nell’inanellare qualche numero sui «risultati ottenuti da un governo regionale che ha fatto molto e nei prossimi cinque anni fa può triplicare i risultati». Forse qui ha azzardato, ma in campagna elettorale tutto o quasi tutto è permesso.

L’equazione. Berlusconi il matematico ha tirato fuori quella del benessere. Buona dappertutto, ma Qui (e) ora, lo slogan di Cappellacci, ottima in Sardegna. «Meno tasse – ha detto – stanno per maggiori consumi. Il candidato presidente mi ha parlato dello sconto sulle accise della benzina: ottimo. Quello che risparmierete al distributore, lo spenderete nei negozi». Poi è ritornato sulla fiscalità di vantaggio con una pennellata abbondante di effetti speciali: «Restituirà la felicità e il lavoro a famiglie e imprese». Addirittura si è lasciato trasportare dal sacro furore della solidarietà dopo aver raccontato che la mamma di lui a Cossiga aveva detto subito dopo la discesa in campo del 1994: «Mio figlio è un buono, troppo buono per voi». Sulla solidarietà Berlusconi è arrivato a dire: «Ugo mi ha promesso che non lascerà nessuno indietro e nelle sue idee non c’è proprio traccia di odio». Un ennesimo atto di bontà, così l’ha chiamato, messo a confronto con «l’odio insegnato invece da una nostra avversaria (Michela Murgia) in un’università sarda e al solo pensiero rabbrividisco, perché io sono un buono», si è detto.

L’anatema. Berlusconi l’ha lanciato dal palco contro chi «continua a voltarmi la faccia nonostante tutto quello che ho fatto per lui». Se l’è presa con Fini, Alfano e gli ultimi transfughi del Nuovo centrodestra, ma anche con Mauro Pili, figliolo che forse rivorrebbe alla sua destra. Ma dopo cinque anni ad abbracciarlo sulle notte di Silvio c’è è stato ancora lui: «Ugo, il mio grande amico».

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