La Nuova Sardegna

la legge elettorale contestata

di Pier Giorgio Pinna
la legge elettorale contestata

SASSARI. Polemiche di fuoco. E riflettori puntati. Soprattutto sui criteri per la ripartizione dei seggi. Dopo lo spoglio, in Sadegna, sono in parecchi a domandarsi che cosa non abbia funzionato...

20 febbraio 2014
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SASSARI. Polemiche di fuoco. E riflettori puntati. Soprattutto sui criteri per la ripartizione dei seggi. Dopo lo spoglio, in Sadegna, sono in parecchi a domandarsi che cosa non abbia funzionato nella legge elettorale. Alcuni contributi per capire meglio la situazione arrivano oggi da Omar Chessa, docente di diritto costituzionale nel dipartimento di Scienze giuridiche dell’università di Sassari. «Un fatto è certo: ci sono stati esiti imprevisti per via delle nuove variabili messe in campo», dice lo specialista. Il quale entra poi nel merito tecnico della questione. Cercando innanzitutto di fare capire come mai si siano determinate queste situazioni di fronte alla complessità di procedure e a passaggi non sempre di facile comprensione per tutti. Le stesse situazioni che adesso alimentano la tensione nelle aree dell’isola più penalizzate dall’applicazione delle norme, Gallura in testa.

Ai raggi X. Omar Chessa comincia il suo ragionamento partendo da una precisa disposizione di legge. Ossia l’articolo 15 dello Statuto speciale. Un articolo che, come ricorda il professore, «assegna alla competenza della legge statutaria la definizione delle "modalità di elezione, sulla base dei principi di rappresentatività e di stabilità del consiglio regionale”». «Sappiamo quindi che il Consiglio dev’essere eletto secondo metodi che ne garantiscano la rappresentatività, ma sul punto non si aggiunge altro: in particolare, non si richiama un principio di rappresentanza territoriale», argomenta di conseguenza, sul piano del diritto, il docente universitario.

Effetti. Per poi soffermarsi sulla prima delle conseguenze legate all’applicabilità della nuova legge. Ovvero il fatto che alcuni territori risultino dopo il voto meno rappresentati di altri. «Va però ricordato che il sistema dei resti è lo stesso della precedente legge elettorale, quella per intenderci con cui è stato eletto il consiglio regionale uscente – puntualizza il costituzionalista – I criteri di calcolo stabiliti dagli articoli 14, 15 e 17 della legge elettorale sarda riproducono infatti meccanismi che già avevano operato in passato. E se questa volta si sono prodotte distorsioni profonde nella rappresentanza territoriale, si tratta di capire quali variabili nella realtà dei fatti sono intervenute in questo caso».

Fattori. Per il docente una di queste variabili può essere appunto la distribuzione territoriale dei voti che hanno concorso alla vittoria del centrosinistra. E per questo chiarisce: «Se per esempio nella circoscrizione di Sassari sono andati forte il partito e i candidati che a livello regionale hanno vinto beneficiando del premio di maggioranza, è naturale, matematico, che quella stessa circoscrizione abbia avuto un alto numero di consiglieri, a svantaggio di altre». Ma Chessa non esclude che sul quandro generale abbiano svolto un ruolo altri elementi. Come l'affluenza elettorale non omogenea nelle diverse circoscrizioni. «In questo modo i candidati di certe circoscrizioni poossono aver preso in media meno voti di quelli di altre – aggiunge – Ma d'altronde sapevamo già che la riduzione del numero dei consiglieri avrebbe avuto ripercussioni sulla rappresentatività dei territori: è il prezzo che sempre si deve pagare quando si vuole un'assemblea legislativa più snella».

Equilibrio tra sessi. In ultima analisi il costituzionalista sassarese affronta “la questione della rappresentanza di genere”. «È vero che ci sono poche donne nella composizione del nuovo Consiglio e che questa legge non prevede la "preferenza di genere", come già è stabilito in altre legislazioni elettorali regionali - osserva - Ma è anche vero che questa legge prevede che "in ciascuna lista circoscrizionale, a pena di esclusione, ciascuno dei due generi non può essere rappresentato in misura superiore a due terzi dei candidati". E ancora, va ricordato che per la Corte costituzionale è vietato prevedere quote di rappresentanza di genere nella composizione delle assemblee elettive, perché questa soluzione predetermina il voto degli elettori».

Le attese. Insomma, il dibattito è aperto. Anche tra gli specialisti. E per capire che cosa succederà in concreto non rimane che attendere gli sviluppi delle prossime settimane.

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