La Nuova Sardegna

A Parigi i funerali di Marongiu, le sue ceneri portate a Sassari

di Costantino Cossu
A Parigi i funerali di Marongiu, le sue ceneri portate a Sassari

Il sociologo e giornalista di Libération, morto lunedì a 67 anni, torna nella sua città per l’ultimo viaggio. Uscito con una assoluzione piena dall’inchiesta “17 aprile”, da Parigi rientrava spesso in Sardegna

13 marzo 2014
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Scrivere di Giambattista Marongiu, ora che se n'è andato all'età di 67 anni dopo una lunga battaglia contro un tumore, significa tornare con la memoria a stagioni che non sono mai del tutto passate, a un tempo che sul presente continua a proiettare il suo profilo.

Professore di Scienze politiche all'università di Padova, tra i quadri di Potere operaio, Giambattista Marongiu fu coinvolto nell'inchiesta partita il 17 aprile 1979 con una retata della Digos che portò in carcere ventidue dirigenti di Autonomia operaia. Nell'ambito dell'indagine condotta dal pubblico ministero Pietro Calogero, dodici degli arrestati erano accusati – si leggeva negli ordini di cattura – «di aver organizzato e diretto un’associazione denominata Brigate rosse al fine di promuovere l'insurrezione armata contro i poteri dello Stato»; gli altri dieci di avere organizzato e diretto Potere operaio e Autonomia operaia «al fine di sovvertire violentemente gli ordinamenti costituiti dello Stato». Giambattista Marongiu, che era in questo secondo gruppo di imputati, sfuggì alla retata e riuscì a riparare in Francia, dove la legislazione voluta dall'allora presidente François Mitterrand consentiva alla diaspora politica italiana della fase più acuta delle lotte degli anni Settanta di trovare asilo. Quale fosse il segno politico dell’inchiesta “17 aprile” si vide con chiarezza da subito, e poi con evidenza estrema con il trascorrere del tempo. Per quanto riguarda Giambattista Marongiu, lui da quell’incubo assurdo uscì diciannove anni dopo (diciannove anni, un tempo enorme), quando fu riconosciuta la totale infondatezza delle accuse che gli venivano mosse.

In Francia diventò subito per tutti JiBi. Nel 1982 cominciò a lavorare per Libération, all'inizio come addetto al montaggio delle pagine sui tavoli luminosi della tipografia (era la prima fase del passaggio dal piombo alle tecnologie di stampa elettroniche), poi come segretario di redazione e infine come redattore dell’inserto Libri, che andava in edicola ogni giovedì. Incaricato di un corso di sociologia all'università Parigi-VIII, JiBi riprese i suoi interessi di studio: oltre la sociologia, le scienze politiche, la storia, la filosofia, la letteratura. Divenne una delle firme più lette prima dell'inserto del giovedì e poi del quotidiano fondato da Serge July. «Giambattista – ha scritto lunedì Robert Maggiori nel pezzo con il quale Libération ha ricordato JiBi – era la personificazione della gentilezza, ma era anche pronto a infiammarsi per difendere un’idea. La sua preparazione, in scienze umane ma anche in storia (specialmente medievale) e in letteratura, era impressionante. L'amicizia era per lui una virtù sacra e niente gli faceva più piacere che condividere un buon pasto o un buon bicchiere di vino, raccontando qualche storia divertente o commentando l'ultima vittoria della Juventus».

Nato a Sassari, JiBi in Sardegna tornava spesso. Aveva conservato amicizie e affetti. Seguiva con molta attenzione, come giornalista, il percorso dei nuovi scrittori sardi, in particolare Fois, Todde e Niffoi. Nella sua città natale, dopo la cremazione ieri al Père-Lachaise, le ceneri torneranno oggi, portate dalla sua compagna Paola Pilisio, che è tra i coordinatori di un movimento di base che si batte contro la devastazione ambientale dell’area intorno al petrolchimico di Porto Torres. Per una vita Giambattista Marongiu ha speso le sue energie in un lavoro intellettuale e politico rigoroso e coerente intorno ai dislivelli di potere che segnano tutta la modernità, compresi i suoi esiti estremi; dislivelli che negli ultimi decenni hanno assunto connotazioni del tutto nuove, ma non per questo sono diventati meno forti. Sta qui, in questo impegno per la giustizia e per la libertà, il lascito prezioso che JiBi ci consegna.

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