La Nuova Sardegna

Un boato e tutto trema: cronaca di un incubo

di Claudia Carta
Un boato e tutto trema: cronaca di un incubo

La gente impaurita si è riversata nelle strade avvolte da una nuvola di fumo Il pianto dei bambini, le telefonate concitate: una strage evitata d’un soffio

26 marzo 2014
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LANUSEI. La paura fa rumore. Un rumore forte, che diventa boato. Che avvolge tutto e tutti con la sua nuvola di fumo bianco, sotto il cielo di Lanusei, cupo, grigio di pioggia. Ma quando la pioggia diventa pesante, quando dal cielo di ghiaccio piovono pezzi di ferro e detriti, viti, bulloni, frammenti di metallo e plastica, allora l’aria è irrespirabile e la paura si trasforma in terrore. Un fragore “che nessuno ha mai sentito prima d’ora”, capace di scuotere nel profondo la quotidiana certezza che quello di ieri sarebbe stato un martedì come tanti altri, nella cittadina ogliastrina. La certezza salta per aria alle 10.30, quando la via Umberto si trasforma in uno scenario da agguato mafioso.

Tutti per strada. L’arteria cittadina si tuffa all'ingresso di Lanusei con i suoi negozi: centri commerciali, supermercati, boutique, consorzio agrario, ferramenta e computer. Tutti fuori. Lungo la via, accalcati sul guard rail, assiepati lungo il muretto che sovrasta il sottostante villaggio Fiaschetti, attraversato da una strada sterrata, circondato dagli alberi. Eccolo il teatro del delitto in cui Roberto Aresu ha perso la vita. Ambulanze e macchine dei Carabinieri e della Polizia sono parcheggiate ovunque. Traffico dirottato su viabilità secondaria per circa due ore. Ma la gente, quella no. È rimasta lì. Ed era lì quando l’onda d’urto devastante l’ha raggiunta ovunque si trovasse: a fare la spesa, ad acquistare le piante per il giardino, a portare un fiore al cimitero, lì a pochi passi, o semplicemente a bere un caffè.

L’esplosione. Un attimo lungo una vita, in cui tutto ha tremato: vetri, sedie, tavoli e bicchieri. In cui il rimbombo potente ha fatto portare le mani alle orecchie, e forse non c’è stato nemmeno il tempo di urlare. Poi gli occhi hanno iniziato a vagare all'impazzata, cercando un punto ben preciso. Qualcosa o qualcuno. Una risposta. Una immensa colonna di fumo si è sollevata imponente in un silenzio surreale che sapeva solo di distruzione. Un silenzio immediatamente coperto dal vociare confuso delle persone: giovani, adulti, vecchi e signore: «Cos'è stato? Da dove è venuto?». Tutti chiedono a tutti: «È un impianto a gas saltato per aria», rispondono in tanti. «Una bombola esplosa in quella casa laggiù», dicono altri, indicando la zona bassa di via Umberto. Piazza Marcìa pullula di gente che guarda incredula quanto appena successo. Ancora non capisce. Ma gli attimi di smarrimento durano poco.

«Che cosa è stato?». In parecchi percorrono via Umberto, mentre il fumo inizia a diradarsi e rendere ben visibile ogni cosa. «Una macchina ha preso fuoco», si inizia a dire. «È un corto circuito», commenta qualcuno. In tanti riescono a raggiungere alla stradina in terra battuta del villaggio Fiaschetti e ad avvicinarsi: la scena è terribile. La sagoma nera di Roberto Aresu al posto di guida, dentro la sua Renault Clio dilaniata dall'esplosione. È il momento dell’incredulità più totale, dello sgomento accompagnato al disgusto e alla riprovazione.

I racconti. «Le schegge sono volate – racconta un ragazzo – pezzi d’auto si sono sparsi ovunque, raggiungendo persino la Conad, lassù. Poteva essere una tragedia». Poco più avanti alcune donne non si capacitano di quanto sia successo e mentre osservano gli uomini della scientifica intenti a compiere i rilievi, si portano le mani sul viso: «È stato terribile. Una cosa mai vista né mai sentita. Non si può guardare: manca metà dell’auto». E un’altra aggiunge: «Penso al dolore immenso della madre di questo ragazzo. Appena ho sentito lo scoppio fortissimo, ho subito pensato ai miei figli. È spaventoso pensare a quanto possa essere cattivo l’uomo». Continua a piovere, a Lanusei. Chi indossa il cappuccio, chi tiene ben saldo l’ombrello: «Io stavo andando alle Poste – racconta una signora minuta, lo sguardo ancora sconvolto – quando un boato tremendo mi ha fermato. Peggio di un tuono. Ho pensato subito al gas. Poi ho visto e ho capito: è un dramma». Hanno avuto paura in tanti anche nelle abitazioni vicine: chi faceva la doccia, chi è stato chiamato disperato dalla moglie, mentre i bambini piangevano terrorizzati: «È stato come quando salta per aria una mina», ha detto un anziano. Negli occhi ancora la paura. Nella voce, un turbamento profondo. La consapevolezza che la strage è stata evitata di un soffio.

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