La Nuova Sardegna

l’esperto

«Forse punto in aeroporto»

«Forse punto in aeroporto»

Parla Ugo Carcassi, uno dei massimi conoscitori della malattia

24 aprile 2014
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NUORO. «Sino a quando non si sa di che tipo è il plasmodio, ossia il genere di parassita (sempre che sia veramente presente): falciparum, vivax, ovale o malariae, non si può dire con certezza cosa abbiamo di fronte. Nel corpo umano i parassiti della malaria si moltiplicano nel fegato e quindi dopo una incubazione variabile infettano globuli rossi. Questi elementi potranno essere forniti solo dai risultati degli esami dell’Istituto superiore di sanità».

A parlare è il professor Ugo Carcassi, uno dei clinici italiani più noti nel campo della reumatologia, quale sua prima specializzazione, autore di “Sardegna e malaria, un nuovo approccio a un antico malanno” (Delfino editore) che coinvolge studiosi delle università di Cagliari e Sassari nell'esaminare il problema della malaria così come si è delineato nel corso dei secoli.

Un argomento trattato e vissuto personalmente dal professore che si è soffermato sul caso “Nuoro” senza scendere nei dettagli proprio per mancanza di elementi obiettivi.

Parla invece del clima che cambia e tende a diventare sempre più tropicale tanto da favorire la sopravvivenza di insetti portatori del genoma anche negli ambienti come i nostri. «Non è escluso – aggiunge Ugo Carcassi – che il paziente nuorese sia stato punto da una zanzara nei pressi del porto o dell’aeroporto di Cagliari, ipotizzando che si sia recato in quei luoghi. È facile pensare che ceppi di malattie possano essere trasportati da vari tipi di volatili che poi la trasmettono attraverso una semplice puntura. Il caso – continua lo specialista – va comunque valutato attentamente e soprattutto va effettuata un’analisi molecolare del genoma del plasmodio per individuare l’esatto vettore. Per avere questi dati occorrono esami più complessi. Ecco perché – prosegue – solo dopo che si avranno questi elementi sarà possibile capire come si è verificata l'infezione e quindi fare chiarezza senza rischiare di creare paure infondate tra la popolazione».

La globalizzazione, i continui scambi commerciali, il cambiamento climatico hanno contribuito all’abbattimento delle frontiere anche per gli insetti e per ciò che potrebbero trasportare con facilità, riuscendo a sopravvivere anche a distanza di chilometri dai luoghi di “abituale permanenza”.

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