La Nuova Sardegna

Patto di stabilità, battaglia sui numeri

di Umberto Aime
Patto di stabilità, battaglia sui numeri

Maggioranza e opposizione si scontrano sui vincoli della spesa e volano i milioni. Poi votano insieme una leggina omnibus

16 maggio 2014
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CAGLIARI. La politica ha mille facce, mille numeri e mai uguali. Può capitare che alle 10 l’opposizione (centrodestra) si scagli contro la Giunta (centrosinistra) sul Patto di stabilità fino ad accusare Pigliaru e più: «Sono troppo molli con Renzi e il Governo». Ma nel pomeriggio, nonostante nel frattempo sia stata denunciata dai nemici di aver truccato i numeri della mattina, vero o falso che sia sono sempre quelli del Patto, voti con la maggioranza una legge contenitore su dighe, cimiteri, operai trasferiti e post alluvione, per poi dire, candida: «Su alcune proposte è inutile dividersi se servono a risolvere problemi concreti e non di bottega». Oppure può accadere che alle 11 e qualcosa il Pd rimproveri la minoranza di aver abbandonato i lavori urgenti delle commissioni del Consiglio («È da irresponsabili»), ma in serata ringrazi gli stessi avversari per «la fattiva collaborazione sulla legge» forse anche per scusarsi del maldestro sganassone di mezza mattina. Perché la minoranza, alle 10, non aveva abbandonato o disertato proprio nulla: era solo in conferenza stampa (sempre sul Patto) con l’unica colpa di essere uscita senza dirlo prima ai colleghi. Tutto questo e molto altro, in questo perfetto gioco delle parti, è andato in scena nel Palazzo. È durato dieci ore, compreso il pranzo.

Ore 10. Per la prima volta, nella legislatura, l’opposizione si è presentata compatta. Stetti stretti intorno allo stesso tavolo, Forza Italia, Udc, Psd’Az, Fdi e Riformatori hanno detto: «I tagli della Giunta alle poste di bilancio (i soldi a disposizione) degli assessorati non li abbiamo proprio capiti». Quali sono stati criteri, come sarà suddiviso quello che è rimasto? Al tiro al bersaglio hanno partecipato Pietro Pittalis, Ugo Cappellacci, Alessandra Zedda, Antonello Peru, Marco Tedde, Gigi Rubiu, Attilio Dedoni, Christian Solinas e Paolo Truzzu. Sono solo state scudisciate per Pigliaru e Raffaele Paci, l’assessore al Bilancio, che «hanno deciso di testa loro senza passare in Commissione per non essere contestati». Poi dopo un altro bel po’ di accuse sulle «troppe rinunce del centrosinistra» (Galsi, ricorso sulle accise, Vertenza entrate e Zona franca») e aver criticato le ultime missioni romane della Giunta («Non può trattare con la Ragioneria dello Stato e non confrontarsi neanche con un ministro»), l’opposizione ha affondato il colpo nell’ultimo minuto a disposizione: «Paci ha detto che in un anno la capacità di spesa della Regione è ridotta di 900 milioni. Non è vero sono solo 100: 2,5 miliardi nel 2013 contro i 2,4 miliardi del 2014. Per salvarsi, ha sbagliato i conti ed è stato grossolano», ha detto l’ex assessore al bilancio Zedda, con gli altri al seguito: «Il centrosinistra ha già tradito gli elettori».

Ore 11. In quel momento è stato il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, ad accendere le polveri con un comunicato di fuoco contro la minoranza: «Prima per cinque anni hanno mal governato la Sardegna, ora disertano le Commissioni: è da irresponsabili». A stretto giro di posta arriverà la replica: «Non c’è stata nessuna diserzione, abbiamo solo protestato per il ritardo nei lavori». Per la verità, erano in conferenza stampa, quella sul Patto, senza la buona educazione di far sapere alla maggioranza: «Abbiamo un impegno».

Ore 12. Dopo aver detto in Commissione qual è lo stato dei fondi europei, quelli spesi e quelli da programmare, e aver sollecitato il Consiglio ad approvare una legge che «controlli gli effetti reali dei finanziamenti sul territorio, è stato il governatore Francesco Pigliaru a scendere nell’arena. Per prima cosa, ha detto: «I nostri numeri sono quelli giusti, gli altri truccati». Perché nel 2013 – è stata la spiegazione – erano fuori dal limite di spesa imposto alla sardegna i 490 milioni del Fondo unico per gli Enti locali e i 370 milioni una tantum del Governo per pagare i debiti della Pubblica amministrazione alle imprese. «Ebbene – ha proseguito – ora il Fondo è rientrato nel conteggio del Patto e dovevamo farlo altrimenti avremmo violato ancora una legge nazionale. L’anno scorso Cappellacci si è fatto forte di una legge regionale che escludeva dai vincoli i trasferimenti ai Comuni, ma più di un parere legale ha confermato che è stato un errore». Poi non c’è più neanche l’una tantum, per cui 490 milioni (Fondo) più gli altri 370 (dal Governo) fanno quasi 900 milioni in meno nella capacità di spesa, ha concluso Pigliaru.

Ore 19. In serata è stato l’assessore Paci a dar manforte al governatore: «Alterare le cifre, polemizzare sul Patto – e soprattutto farlo nel bel mezzo di una difficile trattativa in cui vogliamo ottenere dallo Stato la possibilità di spendere senza vincoli un altro miliardo e 200 milioni – non aiuta certo la Sardegna e può essere solo una pessima scorciatoia». Per poi aggiungere: «Con l’ultimo aggiustamento delle spese, abbiamo soprattutto evitato sanzioni pesanti».

Ore 20. È stato l’ex governatore Cappellacci a replicare a Paci: «L’assessore – ha scritto – è preoccupato di urtare la sensibilità della Ragioneria dello Stato e per questo non risponde alle nostre domande. Siamo molto preoccupati della sottomissione che ha nei confronti di politici e burocrati romani».

Nel frattempo. In aula maggioranza e opposizione hanno votato insieme la leggina, e questo ci può stare. Solo che dopo essersele date di santa ragione per ore, nelle pause si sono fatti i complimenti. Reciproci. Anche se oggi gli undici partiti del centrosinistra avranno altro cui pensare: in mattinata è stato convocato il primo vertice di maggioranza con Pigliaru e qualcuno dice: «Sulle ultime nomine della Giunta, tira aria di protesta».

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