La Nuova Sardegna

Capichera, sequestro da 224mila euro per evasione fiscale

di Giampiero Cocco
Capichera, sequestro da 224mila euro per evasione fiscale

La Procura di Tempio ha congelato beni e conti correnti. Uno dei soci della azienda vinicola è il sindaco Alberto Ragnedda. Per l’Agenzia delle entrate la società dei due fratelli avrebbe evaso l’Iva su introiti per 1,7 milioni. Gli avvocati: accuse abnormi e provvedimento spropositato

24 luglio 2014
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ARZACHENA. Gli introiti non dichiarati per le vendite del rinomato Capichera fanno capitolare i titolari della più prestigiosa casa vinicola di Arzachena, l’attuale sindaco Alberto Ragnedda e il fratello Mario, indagati dalla procura della Repubblica di Tempio per evasione fiscale. Una irregolarità nella denuncia dei redditi accertata dall’Agenzia delle entrate di Olbia ha fatto scattare il sequestro preventivo per l’equivalente di una somma di 224 mila euro, un provvedimento giudiziario che ha congelato i conti correnti della società “Giovannella e Liberto Ragnedda snc” (amministrata dai fratelli Alberto e Mario Ragnedda) e che ha interessato anche i beni mobili e immobili, compresi i terreni intestati alla società che produce e commercializza i prestigiosi vini creati dal capostipite, Sebastiano Ragnedda. A disporre il “sequestro per equivalente” era stato nel giugno scorso, il gip del tribunale di Tempio Marco Contu che aveva accolto le richieste del procuratore della Repubblica gallurese Domenico Fiordalisi. Ad eseguire i sequestri erano stati gli uomini della guardia di finanza, che avevano notificato ai due fratelli il provvedimento e il relativo avviso di garanzia per la evasione fiscale. Un reato che era scattato quando sul tavolo del capo della procura della Repubblica era arrivata la denuncia dell’Agenzia delle entrate che aveva rilevato una discrepanza nella dichiarazione dei redditi della società relativa al 2010. Stando agli accertamento degli agenti delle tasse la cantina vinicola avrebbe omesso di dichiarare al fisco introiti per oltre un milione e settecentomila euro, evadendo Iva per 224 mila euro.

Ieri mattina al tribunale del riesame di Tempio si è discusso sulla istanza di revoca dei sequestro preventivi avanzata dai legali dei due fratelli Ragnedda, i penalisti Gerolamo e Filippo Orecchioni, che hanno sostenuto la perfetta linearità e correttezza, nella tenuta dei libri contabili e nelle dichiarazioni dei redditi, da parte dei due indagati. I giudici del riesame (presidente Gemma Cucca, a latere Renato Perinu e Riccardo Massera) scioglieranno la riserva nei prossimi giorni. «Riteniamo che la documentazione presentata al collegio giudicante sia utile per ottenere la revoca del sequestro, un provvedimento che riteniamo ingiustificato abnorme», hanno spiegato ieri i legali dei Ragnedda. Le grane giudiziarie per la società vinicola gestita dai fratelli Ragnedda erano cominciate alla fine del 2013, quando gli ispettori dell’Agenzia delle entrate di Olbia rilevarono, sulla dichiarazione del 2010, l’omessa segnalazione di operazioni imponibili per 1 milione e 700 mila euro, con un’evasione fiscale di 224 mila euro.

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