La Nuova Sardegna

Forse legami con l’epidemia di aprile

di Gabriella Grimaldi
Forse legami con l’epidemia di aprile

Paolo Castiglia, ordinario di Igiene a Sassari: «Abbiamo già avviato tutti i protocolli di sicurezza»

27 luglio 2014
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SASSARI. Il morbillo aveva già colpito, e in modo significativo, ad aprile in Medio Campidano con un centinaio di casi accertati nel territorio. Il virus, che scatena un febbrone e il classico esantema, lo sfogo di puntini rossi in tutto il corpo, in quel caso era stato “importato” da una giovane di Carbonia che era stata in crociera. Era proprio sulla Costa Pacifica che si era verificata un’epidemia partita dal personale filippino e diffusa tra i passeggeri.

Quello che ha contagiato i due medici al lavoro a Olbia potrebbe essere lo stesso virus: «Da un lato ci aspettavamo una notizia del genere - dice Paolo Castiglia, professore ordinario di Igiene nell’Azienda ospedaliero universitaria ed esperto di questo tipo di malattie - dall’altro è ancora da verificare se si tratta dello stesso ceppo». Il professore spiega infatti che la Asl di Sassari, luogo di residenza dei due medici, ha già avviato il protocollo da seguire in questi casi. Gli operatori hanno proceduto a prelevare materiale organico dalle persone ammalate e da quelle che hanno avuto contatti con loro e hanno inviato i tamponi all’Istituto Superiore di Sanità che verificherà se si tratta dello stesso ceppo che ha determinato il contagio in Campidano oppure di un altro virus della stessa famiglia. Un’informazione utile per capire come si muovono le ondate epidemiche anche nella nostra isola.

«Le complicazioni derivanti da questa malattia sono tante e tutte molto gravi - spiega Castiglia -. Nel territorio tra Carbonia, Iglesias e Sant’Antioco sono stati rilevati casi di epatite, di diabete e problemi respiratori nel 20 per cento delle persone che hanno contratto il virus. Una percentuale piuttosto alta che fa capire quanto sia importante la copertura vaccinale».

Il vaccino che immunizza contro il morbillo è una miscela di virus attenuati che agisce anche nei confronti della rosolia e della parotite. La vaccinazione di massa è cominciata nei primi anni Novanta e, anche se non è obbligatoria, essendo fortemente consigliata, oggi nel nostro Paese ha superato il 90 per cento. Quasi la totalità dei bambini di un anno-15 mesi dunque vengono sottoposti al primo vaccino (è previsto un richiamo a 5-6 anni). «Si tratta di una scelta importantissima – sottolinea l’epidemiologo – perché quando la diffusione delle malattie diminuisce in modo così drastico come è accaduto per il morbillo, si attenua anche la percezione della loro pericolosità. Le azienda sanitarie invece raccomandano anche agli adulti che non hanno contratto la malattia esantematica da bambini di sottoporsi al vaccino perché le conseguenze di un attacco virale come questo possono essere molto gravi e portare anche alla morte del paziente per complicazioni soprattutto di tipo respiratorio».

Il morbillo infatti ha causato molti decessi fra i bambini prima che venisse messo a punto e diffuso il vaccino: si parla di 2 milioni e mezzo di bambini morti ogni anno. Adesso i focolai di infezione virale si ripetono saltuariamente ma alle Asl è demandato il compito di sorvegliare la popolazione sotto il profilo sanitario: ogni caso o sospetto caso di morbillo dovrebbe essere subito segnalato dai medici di base e dai pediatri per fare in modo che si proceda all’isolamento degli ammalati e al monitoraggio della cerchia di persone che sono entrate in contatto con loro.

Così è successo anche nella zona di Sassari quando, nell’aprile 2010 (il virus del morbillo è particolarmente attivo in primavera) erano stati riscontrati 13 casi di morbillo fra adulti e ragazzi. Il fatto aveva destato parecchio allarme e la stretta sorveglianza sanitaria da parte degli addetti ai lavori. Si era stabilito che in molti casi le persone non erano state sottoposte alla seconda dose di vaccino.

Sul territorio la malattia in precedenza si era presentata - nel 2008 - facendo registrare 50 casi, distribuiti in gran parte sul territorio del Distretto sanitario di Sassari, un solo caso a Ozieri e uno ad Alghero. Nel 2002 invece sul territorio dell’Asl si registrò un’epidemia durante la quale furono segnalati circa 80 casi. L’epidemia del 2002 oltre alla Sardegna interessò anche altre regioni d’Italia, in particolare la Campania, il Molise e la Puglia dove si registrarono in tutto 8 morti.

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