La Nuova Sardegna

Un corpo femminile danza antichi misteri

di Pasquale Porcu
Un corpo femminile danza antichi misteri

Sassari, successo per “Fiordalisi” di Raffaela Giordano

08 novembre 2014
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SASSARI. Una donna sola, dimessa, vestita di nero, è seduta su una seggiola su un palcoscenico spoglio. Unica luce, una lampadina fioca e triste. La donna, in assoluto silenzio, compie movimenti che denotano una grande tensione muscolare, come se il corpo fosse attraversato da un insieme di linee di forza che percorrono l’universo.

Anzi, è come se proprio quel corpo svelasse la presenza di quelle forze oscure e potenti.

Inizia così "Fiordalisi", a solo di Raffaela Giordano creato nel 1995, pagina preziosissima della danza contemporanea italiana, riproposta l'altra sera al Palazzo di Citta all'interno della rassegna Danza Sassari Danza, primo appuntamento dell'ottava edizione della kermesse organizzata dall'Associazione Motus Musica e Danza, per la direzione artistica di Luigi Doddo.

La performance, si capisce subito, non si propone alcun intento narrativo e affida tutto il messaggio alla algebra gestuale raffinatissima di questa straordinaria danzatrice-attrice torinese.

Baricentro dello spettacolo è quel corpo femminile che diventa strumento di verità senza tempo e momento di conoscenza e consapevolezza della caducità dell'esistenza umana. Non c'è una morale, nè nulla di positivo o di negativo in quella rappresentazione, semplicemente la constatazione che quel corpo è materia viva che lotta per risvegliarsi e liberarsi dalle forze che agiscono nell'universo. E’ un corpo che si muove e si contorce. E’ un corpo femminile ma il messaggio è universale, prescinde quasi dalla cronaca e dalle specificazioni di genere.

Il corpo è meraviglia di conoscenza e mistero ma anche prisma in grado di svelare lo spettro delle energie dell’universo. Il corpo della ballerina vibra e freme, si intuisce una gravidanza e un parto. Di tanto in tanto si sentono rumori in sottofondo: liquidi che scorrono, giochi di bambini, una quotidianità che, comunque, non prende mai il sopravvento. Tutta l’attenzione è concentrata su quel corpo destinato a svelare l’invisibile e lo spazio vuoto animato da una forte energia che dà alla vita il senso del tempo che passa.

La sensazione che si ha è come quello che capita durante certi sogni dove si avrebbe vogli di urlare ma dalla bocca non esce un suono, una parola. La donna si muove ruotando intorno a se stessa col volto coperto da una maglia nera. La danza si fa sempre più angosciata, densa, disperata. Poi la danzatrice si spoglia dei suoi abiti neri e lentamente si adagia su un giaciglio dove finalmente quel corpo troverà requie.

Nella performance di Raffaela Giordano, arricchita dalle musiche di Bruno De' Franceschi, si riconosce la lezione di Pina Bausch e le tecniche espressive messe a punto con coreografe come Carolyn Carlson e con registi come Mario Martone e Bernardo Bertolucci e sperimentate in quella grande fucina che è stato (ed è) il gruppo di Sosta Palmizi.

Il pubblico (finalmente numeroso, formato da molti appassionati e addetti ai lavori) ha accolto con interesse (e taluno con commozione) lo spettacolo e lo ha dimostrato con calorosi applausi e diverse chiamate in scena.

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